Cina e Usa in trattative per tagliare il surplus commerciale
Gli Stati Uniti hanno chiesto alla Cina di tagliare il surplus commerciale di 100 miliardi di dollari, ovvero oltre un quarto del totale. Lo ha dichiarato ieri la Casa Bianca rettificando quanto twittato giorni fa da Trump. All’epoca il presidente americano aveva parlato di 1 miliardo tralasciando gli altri due zeri. Secondo quanto anticipato nel weekend da fonti del Financial Times, il braccio destro di Xi Jinping, Liu He, avrebbe ricevuto la richiesta di un piano scritto per raddrizzare la bilancia commerciale mentre si trovava negli Usa i giorni scorsi. Il metodo più auspicato da Washington prevedrebbe un aumento dell’export americano verso il Paese di Mezzo, sopratutto attraverso la vendita di macchine, aerei, soia e gas naturale. Ma per Pechino il vero problema sta nelle restrizioni cui sono soggette le esportazioni statunitensi di hi-tech e articoli per uso militare. Allentando quelle si potrebbe ridurre il surplus di un terzo, ha chiarito il ministro del Commercio cinese. Non solo. La verità è che il 50% del surplus deriva dall’export di beni “made in China” ma con brand americano (come gli iphone), dice la China Chamber of Commerce for Machinery and Electronic Products.
Dipendenti statali obbligati ad andare al cinema: documentario sui successi di Xi fa record di incassi.
Si chiama Amazing China ed è il nuovo fiore all’occhiello della propaganda cinese by CCTV. Pensato per esaltare l’operato di Xi Jinping, il documentario riassume in 90 minuti i successi inanellati nei primi cinque anni di governo, dalle opere infrastrutturali alla scienza fino al progetto Belt and Road. Da quando è uscito nelle sale il 2 marzo — subito prima che il parlamento cinese consacrasse Xi alla posizione di leader sine die — ha già totalizzato un punteggio di 9,6 su 10 sulla piattaforma Maoyan e 36 milioni di dollari al botteghino, cifre che lo rendono ad oggi il primo documentario cinese per record di incassi. L’obiettivo, dicono fonti del Scmp, è quello di raggiungere il miliardo di yuan. Nonostante l’industria cinematografica cinese sia stia notevolmente affinando, c’è chi ritiene che il reale motivo del successo di Amazing China stia in realtà nella promozione aggressiva del governo. Tanto che diversi dipendenti delle aziende statali si sono visti consegnare i biglietti con l’impegno di recarsi al cinema. Su internet molti utenti hanno lamentato la richiesta di partecipare a proprie spese e l’obbligo di scrivere recensioni positive. Il 30 gennaio scorso, l’organo statale che regola il settore ha annunciato che 5.000 sale del paese saranno trasformati in “cinema del popolo”, ovvero destinati unicamente alla proiezione di film patriottici.
Pechino sottovaluta il debito dei governi locali
A dirlo è il vicedirettore della Commissione affari economici e finanziari dell’Assemblea nazionale del popolo, Yin Zhongqing, secondo il quale le cifre ufficiali (16,5 trilioni di yuan (2,6 trilioni di dollari) sarebbero ben inferiori agli “almeno 20 trilioni” registrati alla fine dello scorso anno. Questo perché le passività accumulate dalle amministrazioni vengono spacciate per “debito corporate”. Secondo Yin, la situazione del debito delle amministrazioni locali “è ancora più pericolosa di prima perché [le passività] sono state mascherate” sotto varie forme quali investimenti azionari, progetti di partenariato pubblico-privato e debito pubblico. “Si tratta in realtà di debito contratto dai governi locali, che alla fine saranno costretti a dichiarare il default”. Stando al funzionario, la causa del problema va fatta risalire all’immissione eccessiva di denaro sul mercato nel periodo 2007–2017. Durante i passati dieci anni la quantità in circolazione è quadruplicata arrivando a toccare i 168 trilioni di yuan, ovvero più del 200% del Pil nominale della Cina. Sebbene il contenimento dei rischi finanziari sia in cima alla lista delle priorità del nuovo mandato di Xi Jinping, non tutti concordano sulla reale portata del debito che secondo il governatore della banca centrale è ancora gestibile.
Kim Jong-un vuole una riunificazione sotto il motto “un paese due sistemi”
Un trattato di pace in cambio del rilascio dei prigionieri americani e un’ambasciata Usa a Pyongyang. E’ quanto — secondo diverse indiscrezioni — vorrebbe patteggiare Kim Jong-un quando si siederà davanti a Donald Trump, se mai lo storico incontro avverrà davvero. Lo riportano i media sudcoreani, sottolineando che l’obiettivo finale di Kim è quello di stabilire “rapporti diplomatici normali” con gli Stati Uniti. la guerra di Corea si è conclusa con un semplice armistizio e la firma di un accordo di pace implicherebbe la smobilitazione del personale militare che Washington tiene parcheggiato al Sud. La questione si fa più spinosa nel caso di una possibile riunificazione della penisola coreana. Secondo fonti di Radio Free Asia, emittente radiofonica fondata dal Congresso degli Stati Uniti, la Corea del Nord starebbe tenendo lezioni obbligatorie per istruire i membri del partito dei Lavoratori sul progetto di riunificazione vagheggiato da Kim. L’idea di una “Confederazione di Corea è un piano di unificazione del passato, mentre il nuovo progetto di Kim Jong Un è quello di creare un paese con due sistemi, proprio come con la Cina e Hong Kong”, dove a rappresentare la Cina sarebbe Pyongyang e Hong Kong Seul. Quindi una Corea del Nord che assorbe il Sud lasciandolo libero di mantenere il proprio sistema economico e politico. La proposta di “un’unificazione federale” ha assunto nuovo vigore grazie ai progressi ottenuti durante le Olimpiadi di Pyeonchang che hanno visto le due Coree sfilare e gareggiare insieme.