I titoli di oggi:
- Cina e Usa divise sulla crisi ucraina
- Colosso cinese degli smartphone passa agli yuan per salvare il business in Russia
- I costi della strategia “Zero Covid”
- Giappone: nuove incursioni della marina russa nelle isole Curili
- Hong Kong: prima ONG straniera vittima della legge di sicurezza nazionale
Mentre a breve riprenderà il dialogo Cina-Usa a Roma, le due parti hanno rilasciato alcuni dettagli del primo giorno di colloqui (durati sette ore) tra il responsabile esteri del Partito comunista cinese, Yang Jiechi, e il consigliere per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan. Emerge abbastanza chiaramente l’intenzione, per parte cinese, di ridimensionare l’importanza della crisi ucraina nei negoziati, messa in secondo piano rispetto ai consolidati dossier sino-americani. La Cina ha chiesto che gli Stati Uniti riconoscano “l’elevata delicatezza della questione taiwanese”, onorino gli impegni presi con Pechino e non “procedano oltre lungo una strada molto pericolosa”. “L’attuale governo degli Stati Uniti si è impegnato ad aderire alla politica dell’ ‘unica Cina’ e a non sostenere ‘l’indipendenza di Taiwan’. Tuttavia, le sue azioni risultano in contraddizione con le parole”, ha dichiarato Yang. Il funzionario ha poi rimarcato come Xinjiang, Tibet e Hong Kong siano “affari interni alla Cina”: nessun paese ha il diritto di interferire e “ogni tentativo di reprimere la Repubblica popolare è destinato al fallimento”. Nell’attuale quadro internazionale, “Cina e Stati Uniti dovrebbero rafforzare il dialogo e la cooperazione, gestire adeguatamente le differenze ed evitare conflitti”, ha sottolineato Yang. ma non sarà facile. Secondo quanto affermato da esperti cinesi al Global Times, c’è una “grande divergenza” tra la visione cinese e quella statunitense in merito alla crisi.
L’incontro è stato adombrato dalle indiscrezioni su una presunta collaborazione militare tra Pechino e Mosca. Secondo il FT, cablogrammi inviati dal dipartimento di Stato americano agli alleati in Europa e in Asia non rilasciano informazioni riguardo a se la Cina abbia già iniziato a fornire tecnologia bellica né chiariscono fino a che punto Pechino sia disposta a offrire aiuto. Intanto nella serata di ieri, parlando con l’omologo spagnolo Jose Manuel Albares, il ministro degli Esteri Wang Yi ha dichiarato che “Dal primo giorno dello scoppio della crisi ucraina, abbiamo utilizzato il nostro modo per promuovere i colloqui di pace in qualità di membro permanente dei Cinque del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”.
Colosso cinese degli smartphone passa agli yuan per salvare il business in Russia
Il produttore di smartphone cinese Transsion Holdings, con sede a Shenzhen, ha affermato di fare affidamento sui pagamenti in yuan per mantenere le sue operazioni in Russia, diventando la prima azienda tecnologica cinese a rendere pubblica la propria strategia di sopravvivenza alle sanzioni internazionali. L’azienda ha dichiarato in un messaggio agli investitori di aver iniziato a regolare le transazioni in yuan cinese per gestire i potenziali rischi derivanti dalle misure contro Mosca, affermando che il mercato russo rappresenta solo una piccola parte delle sue entrate complessive e che l’operazione militare di Mosca in Ucraina non influenzerà in modo significativo le sue operazioni.
Tuttavia, la conferma che la società sta utilizzando i pagamenti in yuan illustra un percorso che potrebbe permettere alle aziende cinesi di rimanere attive in Russia e limitare l’impatto dell’esclusione di Mosca dallo Swift. Le aziende cinesi con una presenza relativamente ampia in Russia, tra cui il produttore cinese di smartphone Xiaomi e il produttore di apparecchiature per le telecomunicazioni Huawei Technologies Co., non hanno rilasciato dichiarazioni pubbliche sulle loro operazioni nel paese. I marchi cinesi rappresentano circa i tre quinti del mercato russo degli smartphone per unità vendute, secondo i dati della società di ricerca Canalys. Resta da vedere se le aziende cinesi potranno continuare le loro operazioni in Russia attraverso il pagamento in yuan nonostante le forti pressioni statunitensi.
I costi della strategia “Zero Covid”
Mentre 30 milioni di cinesi si trovano in quarantena, uno studio condotto dall’economista cinese Zhang Ziwei e pubblicato su Caixin analizza l’impatto della pandemia nella città di Xi’an, sottoposta a gennaio a ferree misure restrittive. Basandosi su dati governativi per i mesi di novembre e dicembre 2021, lo studio evidenzia come siano il consumo interno e gli investimenti le aree più duramente colpite da Covid-19. La crescita delle vendite al dettaglio totali a novembre e dicembre è stata del -8,0% e del -44,8%. I consumatori, che hanno visto la notizia dell’epidemia prima dell’inasprimento delle politiche anti contagio, sono diventati cauti e l’impatto a Xi’an è stato sbalorditivo specialmente poiché la città deve la maggior parte dei suoi introiti al turismo. Anche la crescita degli investimenti è rallentata più di quanto atteso. I dati di crescita cumulativa per gli investimenti totali in immobilizzazioni sono stimati rispettivamente a -17,3% in novembre e -45,6% in dicembre, complice l’arresto degli investimenti nel settore dell’immobiliare. Anche il tasso di crescita della produzione industriale è stato influenzato negativamente, ma in misura minore. Il governo cinese non ha infatti emesso alcun ordine formale di sospensione del lavoro, ma ha incoraggiato tutti a lavorare da casa. L ‘impatto della pandemia è stato più intenso nel settore della produzione industriale, specialmente dopo il 27 dicembre quando la città è stata chiusa completamente a causa di un nuovo focolaio.
Giappone: nuove incursioni della marina russa nelle isole Curili
Continuano le incursioni russe nelle isole Curili, arcipelago di 56 isole situato tra l’estremità nordorientale dell’isola giapponese di Hokkaidō e la penisola russa della Kamčatka. Pochi giorni dopo l’inizio della guerra in Ucraina, Mosca aveva già oltrepassato lo spazio aereo di Tokyo inviando un velivolo militare non notificato. Ma venerdì scorso sono state ben 10 le navi da guerra russe transitate nello stretto di Tsugaru. L’esercito russo ha condotto inoltre esercitazioni durante il fine settimana utilizzando missili terra-aria schierati a Etorofu, una delle quattro isole contese controllate dalla Russia ma rivendicate dal Giappone come parte dei suoi Territori del Nord. Le esercitazioni, che hanno suscitato grande dissenso tra i diplomatici giapponesi, sarebbero finalizzate a mettere in mostra le capacità navali della Russia in risposta allo schieramento del Giappone al fianco di Stati Uniti e ai suoi alleati occidentali nell’imporre sanzioni contro Vladimir Putin, che da tempo tenta di riavvicinare le Curili alla sua sfera di influenza. Il leader russo ha infatti recentemente firmato un emendamento al codice federale che offre un trattamento fiscale preferenziale fino a 20 anni per le aziende russe che cercano di fare affari nelle Curili.
Il braccio di ferro in atto nelle Curili mette in difficoltà Tokyo, fortemente dipendente dalle importazioni russe di gas naturale. Mentre molte società giapponesi hanno interrotto le operazioni in Russia, Mitsui & Co e Mitsubishi Corp. hanno in gioco circa 8,4 miliardi di dollari di investimenti energetici nel paese, ed in particolare nell’impianto Sakhalin-2, secondo la società di consulenza Wood Mackenzie. Poichè Sakhalin-2 fornisce quasi il 10% delle importazioni di gas naturale liquido del Giappone, se le aziende giapponesi si ritirano, si teme che Pechino potrebbe intervenire, cementando la sua posizione strategica contro Tokyo. Preoccupato per la sua autonomia energetica, il Giappone segue da vicino anche gli sviluppi nell’Unione Europea, che dipende dalla Russia per poco meno del 30% del suo petrolio greggio e del 45% del suo gas naturale, e ha quindi esentato l’energia dalle sanzioni. Con sullo sfondo il conflitto in Ucraina, se l’UE fermasse le importazioni di energia russa, il Giappone subirebbe forti pressioni per seguirne l’esempio. Il premier giapponese Kishida ha già invitato i paesi del Medio Oriente ad aumentare la produzione di petrolio, richiesta che verrà portata avanti anche una missione governativa di alto livello in visita nella regione nei prossimi giorni.
Hong Kong: prima ONG straniera vittima della legge di sicurezza nazionale
L’organizzazione britannica per i diritti umani Hong Kong Watch ricevuto un avvertimento formale dalla polizia di Hong Kong per aver “interferito gravemente” negli affari interni dell’ex colonia britannica. Nello specifico, la ONG è stata accusata di mettere a repentaglio la sicurezza nazionale cinese esercitando pressioni sui paesi stranieri per imporre sanzioni contro la Cina o Hong Kong. Il gruppo potrebbe rischiare una multa di 100.000 dollari HK (9.800 sterline) ed il suo amministratore delegato, Benedict Rogers, rischia tre anni di carcere.
A cura di Sharon De Cet; ha collaborato Alessandra Colarizi
Classe ’94, valdostana, nel 2016 si laurea con lode in lingua cinese e relazioni internazionali presso l’Università cattolica del sacro cuore di Milano. Nonostante la sua giovane età, la sua passione per la cultura cinese e le lingue la portano a maturare 3 anni di esperienza professionale in Italia, Svezia, Francia e Cina come policy analyst esperta in Asia-Pacifico e relazioni UE-Cina. Dopo aver ottenuto il master in affari europei presso la prestigiosa Sciences Po Parigi, Sharon ora collabora con diverse testate italiane ed estere, dove scrive di Asia e di UE.