A partire da domenica scorsa la Cina ha dato il via alla nuova operazione di censimento, durante la quale circa sette milioni tra lavoratori e volontari busseranno alle porte delle case cinesi per raccogliere i dati sulla popolazione. La Cina, che conduce il censimento ogni dieci anni, userà i risultati per determinare la crescita demografica, i modelli migratori ed altre tendenze, per poi trasmetterli al governo centrale ed ai suoi ministeri. Gran parte dell’attenzione sul censimento di quest’anno si concentrerà sugli indicatori di natalità, che si spera registrino una crescita dovuta all’allentamento, avvenuto a partire dal 2016, della “politica del figlio unico”. Infatti, nonostante gli sforzi per favorire le famiglie cinesi ad allargare i propri nuclei famigliari, il 2019 è stato per la Cina l’anno con il tasso di natalità più basso sin dalla sua fondazione (1949). Gli obiettivi fissati dal governo cinese sono ambiziosi, con stime che vedrebbero la popolazione raggiungere i 1,42 miliardi, un aumento del 5,99% rispetto al 2010. A mitigare le aspettative vi sono molti esperti, secondo i quali potrebbero volerci almeno 15 anni prima che gli indicatori demografici della Cina smaltiscano le conseguenze dalla politica del figlio unico, complici l’aumento del costo della vita ed i ritmi legati all’urbanizzazione. [fonte AFP]
Covid-19 arriva nei libri di testo cinesi
In una dichiarazione rilasciata venerdì scorso, il Ministero dell’Istruzione cinese ha affermato che sta preparando una revisione del curriculum dell’istruzione obbligatoria che introdurrà contenuti relativi alla pandemia di COVID-19 nei libri di testo di biologia, educazione fisica e salute, storia e letteratura cinese. Secondo il ministero, la conoscenza della prevenzione e del controllo dell’epidemia – così come contenuti inerenti allo “spirito di lotta alla pandemia” – saranno tra i punti trattati con maggiore enfasi dalla nuova riforma scolastica, che sembrerebbe essere stata originata da una proposta che un delegato del Congresso nazionale del popolo, il principale organo legislativo cinese, aveva effettuato all’inizio di quest’anno.I nuovi contenuti scolastici si iscrivono nel più ampio sforzo della Cina di redimersi dalle critiche per la sua gestione dell’epidemia: già a giugno il PCC aveva infatti pubblicato un libro bianco intitolato “Le azioni della Cina contro la pandemia di coronavirus”. Il libro era stato all’epoca definito da Hua Chunying, portavoce del Ministero degli Affari Esteri, come documento atto a “lasciare una memoria collettiva corretta” riguardo alla risposta del Paese al coronavirus.[fonte SixthTone]
Guerra commerciale: per salvarsi, Huawei punta al “Not Made in America”
Una fine dell’anno difficile per Huawei Technologies, che è scesa al secondo posto nelle esportazioni internazionali di smartphone, scivolando di nuovo dietro Samsung Electronics Co. Le esportazioni di Huawei sono diminuite del 22% nel terzo trimestre, il più grande calo mai registrato dall’azienda: un segnale chiaro che le restrizioni statunitensi sulle vendite di chip stanno mettendo a dura prova il colosso cinese, che dal 15 settembre ha dovuto cominciare a sostituire i fornitori statunitensi a causa delle misure imposte dal Dipartimento di Commercio degli Stati Uniti. Già a settembre scorso il presidente di turno di Huawei, Guo Ping, aveva affermato che, sebbene la società avesse accumulato abbastanza componenti per consentirle di continuare a produrre i suoi prodotti di rete principali, era meno fiducioso sulla sua capacità di continuare a realizzare smartphone ed altri prodotti destinati al consumo di massa. Per scongiurare l’eventualità di non poter più approvvigionarsi da fornitori esterni, Huawei sta cercando di costruire la propria catena di approvvigionamento appoggiandosi su diverse società nazionali alimentate attraverso la propria società di investimento, costituita nell’aprile dello scorso anno e che ha già investito in 17 società. Huawei sta inoltre lavorando alla creazione di un impianto di chip a Shanghai che non utilizzerebbe alcuna tecnologia americana, consentendo alla società di garantire le forniture per la sua attività di infrastruttura di telecomunicazioni principale nonostante le sanzioni statunitensi. Alcune fonti informate sul progetto hanno dichiarato che l’impianto sarà gestito da un partner, lo Shanghai IC R&D Center, una società di ricerca sui chip finanziata dal governo municipale di Shanghai. L’impianto produrrà inizialmente chip a 45 nm, una tecnologia di fascia bassa sul mercato da ormai 15 anni, con l’obiettivo di realizzare chip a 28 nm entro la fine del prossimo anno. Tali chip consentirebbero a Huawei di realizzare smart TV e altri dispositivi IoT, ma non di sopperire alla necessità di chip adatti alla produzione di smartphone. Nonostante Huawei preveda di basare la sua produzione nazionale esclusivamente di macchinari di fabbricazione cinese, molti analisti affermano che Huawei adotterà una linea di produzione basata su apparecchiature di diversi fornitori cinesi, tra cui AMEC e Naura, ed alcuni macchinari europei e giapponesi. [fonte WSJ,FT, Caixin]
Domato Covid-19, Taiwan celebra il Pride
Decine di migliaia di persone si sono riunite al pride organizzato sabato scorso nelle strade di Taipei, in una colorata celebrazione dell’uguaglianza resa possibile grazie alla vittoria dell’isola sull’epidemia di Covid-19. Taiwan, che non registra un caso di Covid-19 da ben 200 giorni, è all’avanguardia anche nel movimento per i diritti degli omosessuali, diventando dall’anno scorso il primo paese dell’Asia Pacifico a permettere i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Da allora, oltre 4.000 coppie gay hanno registrato i loro matrimoni e già a giugno i gruppi LGBT taiwanesi avevano tenuto una marcia più piccola in solidarietà con le comunità gay di tutto il mondo, che non hanno potuto celebrare a causa della pandemia Covid-19. La marcia di sabato scorso ha visto la partecipazione di ben 130.000 persone – un numero in calo rispetto al record di 200.000 partecipanti dello scorso anno- ma sempre eccezionale tenuto in conto la quasi assenza di partecipanti provenienti dall’estero, molti dei quali rimasti bloccati fuori dal paese a causa delle restrizioni sanitarie ancora in vigore in molti paesi. Per quanto all’avanguardia, la legge sui matrimoni omosessuali, fortemente voluta dalla presidentessa democratica Tsai Ing Wen, contiene ancora restrizioni non previste per i matrimoni tra coppie eterosessuali, tra cui l’impossibilità di adottare bambini e di sposarsi con persone provenienti da paesi in cui non vi è una regolamentazione specifica che regoli i matrimoni tra individui dello stesso sesso. [fonte SCMP,AFP]
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Classe ’94, valdostana, nel 2016 si laurea con lode in lingua cinese e relazioni internazionali presso l’Università cattolica del sacro cuore di Milano. Nonostante la sua giovane età, la sua passione per la cultura cinese e le lingue la portano a maturare 3 anni di esperienza professionale in Italia, Svezia, Francia e Cina come policy analyst esperta in Asia-Pacifico e relazioni UE-Cina. Dopo aver ottenuto il master in affari europei presso la prestigiosa Sciences Po Parigi, Sharon ora collabora con diverse testate italiane ed estere, dove scrive di Asia e di UE.