In Cina e Asia – Ciao ciao Bing! Pechino censura l’ultimo motore di ricerca straniero

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

Anche Bing finisce nella lista dei servizi internet stranieri vittima del Great Firewall. Nella giornata di mercoledì, il motore di ricerca di Microsoft – l’ultimo non cinese ad essere sopravvissuto – è diventato inaccessibile all’indirizzo cn.bing.com. Non è la prima volta che la società di Bill Gates incappa nella censura. Nel 2017 le autorità di Pechino avevano chiesto una rimozione di Skype dall’app store di Apple e  Android. Ma il caso di Bing è particolarmente significativo del fatto che ormai nemmeno l’autocensura e la cooperazione con i partner locali può essere considerata un’ancora di salvezza. Non solo da tempo Microsoft scherma risultati sensibili, legati a parole chiave come Dalai Lama e Tian’anmen, ma ha anche stabilito un network di collaborazioni con aziende cinesi per la fornitura di servizi di cloud e la ricerca nel settore dell’intelligenza artificiale.  L’esclusione di Bing dal mercato cinese arriva mentre il motore di ricerca autoctono Baidu è nel pieno di una crisi di credibilità dopo le numerose critiche per i contenuti di scarsa qualità.

UPDATE: Da giovedì pomeriggio il servizio sembra nuovamente accessibile. Secondo fonti di Bloomberg si sarebbe trattato di un guasto tecnico, mentre China Unicom avrebbe detto al Financial Times di aver ricevuto dal governo disposizioni precise di bloccare il servizio. Insomma, solito caos cinese.

Yang Hengjun arresto per “minacce alla sicurezza dello Stato”

“La definiremmo una detenzione domiciliare ma, poiché il signor Yang non ha una casa a Pechino, presumo che si trovi in una situazione simile, piuttosto che essere detenuto in carcere”. Con queste parole il ministro della Difesa australiano Christopher Pyne, in visita a Pechino, ha chiarito la posizione dell’ex diplomatico cinese – naturalizzato australiano – Yang Hengjun. L’uomo, sparito lo scorso weekend dopo essere atterrato a Guangzhou, – come sospettato – è stato preso in consegna dalle autorità cinesi con l’accusa di aver “minacciato la sicurezza dello Stato”. Non parrebbero esserci collegamenti con l’arresto dei due cittadini canadesi finiti vittima del braccio di ferro tra Pechino e Ottawa nel caso Huawei. Tanto più che Yang è una vecchia conoscenza dei servizi cinesi. Blogger e commentatore politico, era già scomparso nel 2011 in circostanze altrettanto misteriose salvo poi riapparie con un strana giustificazione: “è stato tutto un malinteso”, si è scusato al tempo. Ma è pur vero che recentemente i rapporti tra Pechino e Canberra si sono fatti via via più tesi a causa delle crescenti preoccupazioni per l’ingerenza cinese nel paese.

Sarà la Generazione Z a salvare i consumi?

Sono fiduciosi, spensierati e spendono oltre 7.000 dollari all’anno in beni di lusso, anche prima di aver compiuto 21 anni. E’ il ritratto della Generazione Z tracciato dalla società di consulenza OC&C Strategy Consultants, secondo la quale i nati dopo il 2000 sono cresciuti in un contesto particolarmente ovattato che li rende predisposti agli acquisti. Figli unici, a differenza dei loro coetanei occidentali, non hanno sperimentato le ristrettezze della crisi internazionale. “Questa è una generazione che non ha mai conosciuto preoccupazione, quindi spende di più e risparmia di meno”, spiega Adam Xu, partner di OC&C Shanghai. Insomma, in tempi di calo dei consumi è su loro che i brand stranieri devono puntare. L’indagine, che ha coinvolto 15.500 persone in nove paesi, dimostra inoltre che la generazione Z cinese conta per il 15% della spesa della propria famiglia rispetto al 4% negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. La classifica segue con Brasile, Turchia, Polonia e Italia.

Wang Qishan a Davos per rassicurare il mondo

“Unilateralismo, protezione e populismo” minacciano la Cina e il resto del mondo, ma la seconda economia mondiale è solida nonostante il tasso di crescita sia sceso ai minimi dal 1990. Lo ha affermato ieri il vicepresidente cinese Wang Qishan al vertice di Davos, facendo eco a quanto affermato due anni fa nella medesima occasione da Xi Jinping in una – ormai storica – apologia della globalizzazione. “Non importa la velocità ma la qualità e l’efficienza” della crescita. “Quello che dobbiamo fare è rendere la torta più grande e cerca un modo per condividerla in modo più equo”, ha affermato sottolineando come la Cina non persegue l’egemonia bensì il benessere della comunità internazionale attraverso una strategia inclusiva. In assenza della delegazione americana, trattenuta a casa dallo shutdown, l’intervento di Wang è servito a a dissipare i timori per la tenuta dell’economia cinese colpita dalle tariffe statunitensi ma non solo. A margine del vertice aziende cinesi private e statali hanno avuto modo di confrontarsi con interlocutori globali su temi come il “made in China 2025” e il presunto furto di tecnologia perpetrato dalla Cina. Il forum dovrebbe inoltre avviare negoziati per un accordo sulla liberalizzazione del commercio digitale, a cui Pechino si oppone.

Incentivi per la raccolta dei rifiuti urbani

I cittadini cinesi dovrebbero essere pagati per riciclare? Se lo chiede China Dialogue analizzando i progetti di incentivo e di punizione per il riciclaggio di plastica e carta che il governo ha di recente avviato in 104 città e 342 distretti e contee alcune città cinesi. Tessere a punti, che vengono caricate ad ogni consegna di materiale riciclabile, un chilo di rifiuti da diritto a 10 punti, una volta accumulati una trentina di punti si possono scambiare con delle merci. Sono modalità con le quali il paese cerca di far fronte alle impressionanti accumuli di rifiuti riciclabili che prendono la via delle discariche e degli inceneritori. Una ricerca del 2015 parla del 25% dei rifiuti potenzialmente riciclabili nella sola Pechino. Ad oggi non esistono dati in grado di dimostrare l’efficacia di questi incentivi ma permangono dubbi sulla reale possibilità che questi riescano a cambiare i comportamenti delle persone e che non provochino invece un aumento spropositato degli scarti, visti come portatori di un valore economico. Con gli incentivi arrivano poi anche le multe

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