La contraversa app “Xuexi Qiangguo”, promossa dal partito comunista cinese e dedicata a Xi Jinping, è stata sviluppata da Alibaba, o meglio da un team speciale esterno istituito dal colosso dell’e-commerce e noto con il nome “Y Projects Business Unit”. Lo riferiscono fonti di Reuters a pochi giorni dalla notizia che la piattaforma ha totalizzato un record di download sullo store di Apple Cina. L’unità in questione non ha un sito web ma è descritta negli annunci di lavoro sul popolare sito Zhipin.com come un progetto di livello strategico in fase di creazione che offre molte opportunità lavorative. Lo sviluppo dell’app da parte di Alibaba – il cui patron Jack Ma è membro del Pcc – rappresenta l’ultimo caso di una collaborazione tra un’azienda tecnologica cinese e il governo di Pechino e si innerva sulle polemiche per le presunte attività di spionaggio condotte da Huawei per conto del regime comunista. Secondo la società di consulenza statistica Qimai, l’app è stata scaricata oltre 43,7 milioni di volte su dispositivi Apple e Android dal suo lancio a gennaio, numeri attribuibili probabilmente alla richiesta esplicita di istallazione da parte delle amministrazioni locali e delle università a tutti i membri del partito.
La Greater Bay Area prende forma
Nella giornata di ieri è stata annunciata la prima roadmap che dovrebbe vedere il cluster nel Delta del Fiume delle Perle, nel giro di quindici anni, riuscire a rivaleggiare con hub internazionali quali la Silicon Valley e la Tokyo Bay Area. Hong Kong, Macao, Guangzhou e Shenzhen saranno il cuore pulsante del progetto, che in tutto include 11 città per un totale di quasi 70 milioni di abitanti e un Pil di 1,5 trilioni di dollari. Secondo la tabella di marcia, entro il 2022 dovrebbe essere poste le basi per “una baia internazionale di classe mondiale” e uno sviluppo regionale più coordinato. Il traguardo successivo prevede, entro il 2035, che i mercati all’interno del cluster siano fondamentalmente collegati con flussi efficaci ed efficienti di risorse e fattori produttivi. Il piano, nell’aria da diversi anni, arriva in un momento critico per la Cina. Il rallentamento economico comincia a farsi sentire anche nelle province meridionali export-oriented interessate dal piano, mentre il porto di Hong Kong perde quota rispetto ad altri snodi asiatici.
La stazione di Shanghai prima nel mondo ad adottare il 5G
La Shanghai Hongqiao Railway Station è diventata la prima stazione al mondo ad aver installato un sistema interno digitale (DIS) 5G. E grazie al supporto di Huawei, l’azienda finita al centro delle rivalità tra Cina e Usa. Secondo la stampa statale, la copertura 5G raggiungerà l’intera stazione entro la fine del 2019. La notizia è stata salutata non solo come una pietra miliare nella distribuzione commerciale della rete di quinta generazione in tutta la città di Shanghai, ma persino per l’implementazione del 5G a livello nazionale.
Pechino assolda investigatori privati per recuperare fondi illeciti oltreconfine
La Cina ha reclutato ex detective e funzionari di polizia in Australia, Canada, Stati Uniti e altri paesi occidentali per recuperare milioni di dollari in presunti fondi illeciti portati fuori dal paese clandestinamente. Il piano noto con il nome in codice “Project Dragon” sarebbe condotto attraverso una società privata di Hong Kong legata al governo cinese. Tra le operazioni più promettenti l’inchiesta di ABC cita un cluster di proprietà immobiliari del valore di 80 milioni di dollari sulla Gold Coast che si sospetta siano state acquistate da cittadini cinesi con denaro riciclato. Secondo l’ex investigatore di Scotland Yard Neil Jeans, è la prima volta che le autorità cinesi si avvalgono di consulenti privati stranieri per recuperare fondi o beni trafugati. Dal 2015 Pechino è impegnato a rimpatriare fuggitivi e malloppo nell’ambito della più ufficiali operazioni Sky Net e Fox Hunt, supervisionate rispettivamente dalla Corte Suprema del Popolo e dal ministero della Sicurezza pubblica. Di ieri la notizia che la polizia cinese ha congelato o requisito assets per 1,48 miliardi di dollari arrestando 62 persone in 16 paesi diversi nell’ambito di un giro di vite contro il social lending P2P.
Il principe saudita in Cina e il “grande gioco” mediorientale
Pechino si appresta ad accogliere il principe saudita Mohammed bin Salman, in vista a Pechino giovedì e venerdì al termine della sua trasferta asiatica. Il viaggio, che arriva tra le polemiche internazionali sulla morte di Jamal Khashoggi, si sviluppa sullo sfondo delle rivalità geopolitiche tra Riad e Teheran. Durante la prima tappa in Pakistan MBS ha firmato accordi per 20 miliardi di dollari, di cui 8 miliardi destinati allo sviluppo di una raffineria nel porto di Gwadar, uno degli snodi marittimi del corridoio Cina-Pakistan e importante sbocco della Belt and Road nel Mar Arabico. Il porto si trova a pochi chilometri da Chabahar, scalo iraniano sviluppato dall’India, che proprio in questi giorni è ai ferri corti con Islamabad per nuove attività terroristiche nel Kashmir. Mente il grande gioco mediorientale potrebbe complicare lo sviluppo del progetto a guida cinese, nel complesso al gigante asiatico non dispiace dividere gli oneri finanziari della nuova via della seta con paesi terzi. Proprio di recente Riad e Pechino hanno prospettato future sinergie tra la cintura economia cinese e il piano di sviluppo saudita Vision 2030.
Anche Zara vittima dei consumatori nazionalisti
Nuovo appassionante capitolo della saga brand occidentali contro il popolo della rete cinese. Questa volta è Zara che per pubblicizzare sui social cinesi la propria linea di make up, ha scelto di mostrare la modella Li Jingwen al naturale. Niente trucco, nessun ritocco digitale, e lentiggini bene in vista. Il China Youth Daily ha tuonato “Insultate la Cina” e la rete ha amplificato il messaggio con voli pindarici e collegamenti con l’affaire D&G. Un “Non esagerate!” si leva dal China Daily. In un universo estetico dominato dalle beauty app e dal trucco trasformativo (ora anche in versione maschile), anche le lentiggini diventano sovversive.
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Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.