I titoli di oggi della nostra rassegna:
– Omicidio Kim Jong Nam, Pyongyang non commmenta
– Diritti umani, la Cina «vuole eliminare la società civile»
– I pechinesi combattono la droga con un’app
– Myanmar, fine delle operazioni militari nei territori rohingya, accuse di pulizia etnica
– I militari thailandesi mettono i monaci sotto tutela Omicidio Kim Jong Nam, Pyongyang non commmenta
La Corea del Nord non commenta per ora la morte del fratello maggiore di Kim Jong Un ma avrebbe chiesto la restituzione del cadavere, tuttavia le autorità malesi hanno ignorato la richiesta e deciso di procedere con l’autopsia che si è svolta ieri sera. Non sono ancora noti i risultati e non è chiaro se la Malaysia restituirà in seguito il corpo di Kim Jing Nam a Pyongyang. Si fa però strada l’ipotesi che l’uomo sarebbe stato avvelenato attraverso la pressione sul volto di un fazzoletto imbevuto di veleno. Intanto la polizia malese ha smentito la voce circolata ieri secondo cui le assassine di Kim sarebbero state rinvenute morte. Ha invece arrestato una seconda donna, dopo quella fermata all’aeroporto immediatamente dopo l’omicidio. La prima viaggiava con passaporto vietnamita ed è quella ripresa dalle telecamere mentre indossa una maglietta bianca con su scritto “LOL”. La seconda invece avrebbe passaporto indonesiano. Per entrambe è stata decisa la custodia cautelare di una settimana. L’intelligence sudcoreana aveva da subito avanzato l’ipotesi di omicidio politico da parte di agenti nordcoreane all’estero, ma al momento non è neanche esclusa del tutto l’ipotesi di un delitto non politico per un uomo che trascorreva il suo tempo tra tavoli della roulette e serate alcoliche, con una prima moglie a Pechino e una seconda a Macao. Proprio a Macao Kim viveva sotto protezione cinese e indubbiamente la sua morte appare al momento come uno schiaffo a Pechino. Ieri sera, il ministero degli Esteri cinese ha dichiarato che sta seguendo da vicino gli sviluppi della vicenda. Secondo il Japan Times l’omicidio di Kim Jong Nam rientra nei piani di consolidamento del potere di Kim Jong Un. Il suo timore sarebbe stato infatti che Kim Jong Nam, già sotto la protezione cinese, potesse un giorno prendere il suo posto alla guida della Corea del Nord. A complicare la cosa è il fatto che Kim Jong Un sia nato da donna nordcoreana nata in Giappone, elemento che potrebbe farne un bersaglio dei duri e puri del regime.
Diritti umani, la Cina «vuole eliminare la società civile»
La situazione dei diritti umani in Cina è ulteriormente peggiorata, dice un rapporto di Chinese Human Rights Defenders (CHRD), una ong per la tutela dei diritti umani con sede a Hong Kong. Secondo una responsabile del gruppo la Cina starebbe cercando di «eliminare la società civile» attraverso una nuova legislazione che tagli i fondi e le operazioni alle organizzazioni non governative e criminalizza le attività a favore dei diritti umani sempre più etichettate come «minaccia alla sicurezza nazionale». Dal 2012, da quando cioè Xi Jinping è al potere si è assistito a un pesante giro di vite che ha portato sull’attivismo per i diritti civili. Nel solo 2015, quasi 250 avvocati e attivisti sono stati arrestati. Chrd punta l’attenzione anche sul continuo ricorso delle forze di sicurezza alla tortura nelle carceri — dai pestaggi agli attacchi di detenuti su altri detenuti, privazione di cibo, acqua e sonno, e privazione di medicinali.
I pechinesi combattono la droga con un’app
Il nome è evocativo: "Masse di Chaoyang" (Chaoyang Qunzhong), dal nome del quartiere di Pechino noto per la movida notturna e il business internazionale. E’ qui che vivono le celebrità ed è qui che si annida buona parte dello spaccio di stupefacenti della capitale. L’app si avvale della cooperazione di 130.000 volontari – per lo più anziani o venditori ambulanti facilmente identificabili per via di una fascia rossa al braccio – incaricati di mantenere la sicurezza presso la comunità locale e segnalare le facce sospette. Fino ad oggi la piattaforma ha già fruttato alla polizia 210mila segnalazioni, di cui 800 relative allo spaccio di droga e 10 riguardanti personalità celebri. La tecnica si ispira alle varie forme di vigilanza popolare, come i baojia di epoca Song. Ma c’è anche chi rintraccia inquietanti similitudini con la campagna di linciaggio avviata sotto la Rivoluzione culturale.
Myanmar, fine delle operazioni militari nei territori rohingya, accuse di pulizia etnica
Il Myanmar annuncia la fine delle operazioni militari nello stato del Rakhine, da mesi al centro di una crisi umanitaria che ha portato alla fuga di 69mila persone di etnia rohingya — una minoranza musulmana del Myanmar — verso il Bangladesh. Per le Nazioni Unite non ci sono dubbi: dai dati raccolti si può già parlare di crimini contro l’umanità e addirittura pulizia etnica. Accuse negate dal governo di Naypyidaw che ieri ha annunciato la «stabilizzazione» della situazione e il ritorno della calma. La vicenda resta comunque un macigno sul governo di cui è parte la premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, accusata da più parti nella comunità internazionale di avere ignorato la questione dei rohingya.
I militari thailandesi mettono i monaci sotto tutela
La giunta militare thailandese ha messo sotto controllo il più importante tempio buddhista del Paese. Il Dhammakaya era diventato uno dei rari centri di dissensdopo il golpe del 2014. Il governo guidato da Prayuth Chan-ocha ha deciso di mettere sotto tutela la struttura religiosa dopo la resistenza dei monaci contro il tentativo di interrogare l’abate Phra Dhammachayo per cospirazione, riciclaggio e ricettazione Accuse che i monaci contestano