Pechino continuerà a sostenere Carrie Lam nella risoluzione della crisi di Hong Kong. E’ il messaggio con cui i leader cinesi hanno accolto la chief executive durante il suo primo viaggio a Pechino dalla recente disfatta elettorale. Xi Jinping ha lodato l’amministrazione Lam per aver “lanciato iniziative politiche volte a sostenere le imprese, alleviare i problemi della popolazione e risolvere seriamente i conflitti e i problemi profondamente radicati nella società”. “Il governo centrale riconosce pienamente il coraggio e l’impegno dimostrato in questi tempi insoliti.”, ha aggiunto il presidente cinese, confermando inoltre il proprio sostegno alle forze dell’ordine impegnate a far rispettare la legge. “Spero che i diversi settori della società possano lavorare insieme per promuovere lo sviluppo di Hong Kong e riportarlo sulla buona strada”, ha dichiarato il Xi. E’ la seconda volta in un mese che l’uomo forte di Pechino conferisce il proprio endorsement al governo locale nonostante le proteste e i disordini continuino a destabilizzare la città. Come già avvenuto a margine dei vertice dei BRICS il mese scorso, il presidente ha sottolineato la “ferma determinazione”con cui la Cina continuerà a “proteggere la sovranità nazionale, la sicurezza e gli interessi di sviluppo, per attuare il principio guida ‘un paese, due sistemi’, opponendosi all’interferenza di qualsiasi forza esterna negli affari di Hong Kong.” Le parole del leader trovano riscontro nell’endorsement del premier Li Keqiang, per il quale tuttavia riportare l’ordine nella regione amministrativa speciale è impellente almeno quanto “studiare con urgenza i conflitti e i problemi profondamente radicati nello sviluppo socio-economico di Hong Kong”. Nulla invece lascerebbe pensare a un imminente rimpasto politico, come sostenuto dalle indiscrezioni circolate alla vigilia della trasferta di Lam. Piuttosto la presenza di Guo Shengkun, capo della Commissione centrale per gli Affari politici e legali, suggerisce la volontà di aumentare il controllo su Hong Kong attraverso un maggior coordinamento tra le agenzie di sicurezza. [fonte: NYT, SCMP]
Schizza il numero degli studenti stranieri espulsi dalle università cinesi
Scordate i tempi in cui i “laoshi” chiudevano un occhio davanti all’assenteismo degli studenti stranieri, spesso poco volenterosi e troppo presi dalla vita notturna delle città cinesi. Da quando nel settembre 2018 il ministero dell’Istruzione ha invitato gli atenei a migliorare la qualità degli iscritti anche a discapito della quantità, il numero delle espulsioni di stranieri dalle università cinesi è aumentato drasticamente. L’ultimo caso vede protagonista la Wuhan University, balzata agli onori della cronaca per aver messo alla porta quasi 100 alunni provenienti da oltre 10 paesi diversi. Le motivazioni spaziano dai voti troppo bassi alle violazioni della disciplina passando per il mancato pagamento delle tasse scolastiche. In base al regolamento interno, chi perde più di 20 lezioni può essere espulso dai corsi, sebbene in passato si siano registrati in media solo uno o due casi l’anno. Le autorità hanno messo bene in chiaro che in futuro il trattamento degli studenti stranieri dovrà essere equiparato a quello dei compagni cinesi. [fonte: SCMP]
La Cina, orfana del negoziatore capo sul clima Xie Zhenhua
Si è concluso con un nulla di fatto il Summit sul clima di Madrid. Dopo interminabili negoziazioni i paesi partecipanti non sono riusciti a raggiungere accordi sulle regole e i meccanismi che servono a implementare l’accordo di Parigi. In questo clima di fallimento generale, la delegazione cinese si è presentata al summit orfana di Xie Zhenhua, il capo negoziatore sul clima che voci ufficiose vogliono essersi ritirato. Xie Zhenhua è stato alla guida della a Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme (NDRC), organismo che fino al 2018, ha avuto i poteri sulle questioni climatiche. In seguito a una ridefinizione delle deleghe che hanno portato nel 2018 le questioni climatiche a passare sotto il braccio del Ministero dell’ecologia e dell’ambiente, ed ecco che a Xie Zhenhua succede oggi, Zhao Yingmin, vice ministro dell’Ecologia e dell’Ambiente. Molto amato anche dai sui oppositori più strenui, Xie Zhenhua è stato un abile ed instancabile negoziatore. A lui si deve l’evoluzione della posizione cinese in fatto di clima, che negli anni è passata da una strenua difesa del proprio diritto ad inquinare, a una che integra la decarbonizzazione nei piani di sviluppo del paese. Xie Zhenhua ha guidato la diplomazia climatica cinese dal 2007, ed è stato il regista del consenso raggiunto con gli Stati Uniti sui target di emissioni che hanno poi portato l’adesione di entrambe le super potenze all’accordo di Parigi, oltre che abile mediatore in molti dei summit sul clima che si sono succeduti in questi anni. La nomina del suo successore ha mosso più di qualche critica. In quanto vice ministro, Zhao Yingmin, non pare avere le necessarie doti diplomatiche né la sua posizione gli consente la necessaria flessibilità per condurre negoziazioni in un momento di grande disaccordo come quello che ci troviamo a vivere. Quanto a Xie Zhenhua, dopo aver donato nel 2017, i soldi del premio Liu Che Woo alla sua alma mater, l’università Tsinghua, per formare “ una “nuova a generazione di negoziatori sul clima” ricopre attualmente la carica di Presidente dell’istituto di climate change e Sustainable development presso la stessa università. [Fonte: China Dialogue]
È cinese la cura contro il cancro più rapida ed economica
La startup cinese Gracell ha sviluppato un nuovo processo di produzione e replica delle cellule T, le principali protagoniste della terapia CAR-T contro il cancro. La terapia CAR-T, già commercializzata in tutto il mondo dalle più grandi industrie farmaceutiche, utilizza infatti queste cellule rielaborandole in modo tale da renderle in grado di cercare attivamente e distruggere le cellule tumorali. Sebbene molto diffusa, tale terapia è spesso molto dispendiosa in termini di tempo e costi economici: in Europa sono necessarie ben tre settimane per produrre un quantitativo sufficiente di cellule T, e un trattamento completo costa in media 373.000 dollari. Tuttavia, Gracell sarebbe riuscita ad abbattere i costi e velocizzare i tempi di somministrazione della CAR-T che, secondo il fondatore William Cao Wei, verrà presto proposta in Cina per circa 500.000 yuan (71.000 dollari), ben al di sotto del prezzo delle concorrenti occidentali. Il basso prezzo sarebbe in parte dovuto alla volontà del governo cinese di far diventare il paese una superpotenza nel campo della genetica, allentando la normativa vigente in materia medica e consentendo ai comitati scientifici all’interno degli ospedali di approvare autonomamente i nuovi trattamenti CAR-T per poi somministrarli ai pazienti a pagamento. Per quanto rivoluzionaria, il processo sviluppato da Gracell ha immediatamente sollevato le preoccupazioni della comunità scientifica internazionale. A impensierire è soprattutto la difficoltà riscontrata nel verificare le qualifiche dei comitati ospedalieri e la loro capacità di valutazione degli effetti a lungo termine di una terapia così complicata. [fonte: Bloomberg]
È davvero la Cina la nazione più videosorvegliata?
La Cina potrebbe anche essersi guadagnata la reputazione del regime di videosorveglianza per eccellenza, ma se invece si guarda al numero pro capite, sono gli Stati Uniti ad avere la meglio. Infatti, con 15,8 telecamere ogni 100 cittadini gli Stati Uniti si classificano al primo posto tra i paesi con più videocamere pro capite, rispetto alle 14,36 della Cina, seguita a ruota da Regno Unito, Germania e Paesi Bassi. Il sistema cinese di videosorveglianza, il cosiddetto Progetto Skynet, ha dotato il Paese di 20 milioni di telecamere, con un aumento significativo previsto nei prossimi anni. I sistemi di videosorveglianza, alcuni dotati di dispositivi per il riconoscimento facciale, sono stati impiegati sia in Cina che negli Stati Uniti inizialmente per la prevenzione del crimine. Nonostante gli indubbi vantaggi in termini di sicurezza, non mancano i timori per le possibili ripercussioni sulla vita privata dei cittadini. Oltre la Muraglia, i legislatori stanno elaborando una legge sulla privacy e la protezione dei dati, la cui applicabilità presenta limiti evidenti considerato il controllo massivo esercitato dal governo sulla popolazione. [fonte: SCMP]
Corea del Nord: Cina e Russia propongono un allentamento delle sanzioni
Cina e Russia hanno presentato al Consiglio di Sicurezza dell’Onu una risoluzione che se approvata rimuoverà le sanzioni imposte sulle esportazione di statue, frutti di mare e tessuti dalla Corea del Nord. La proposta – che comprende anche l’interruzione del rimpatrio dei lavoratori nordcoreani all’estero e la ripresa dei progetti infrastrutturali tra le due Coree- “non è direttamente correlata al programma nucleare della Corea del Nord, è una questione umanitaria”, ha spiegato l’ambasciatore russo Vassily Nebenzia, aggiungendo che le misure distensive serviranno a riannodare il dialogo in un momento di nuove tensioni tra Pyongyang e Washington. L’imminente scadenza dell’ultimatum autoimposto da Kim Jong-un e la ripresa dei test missilistici gettano tinte fosche sul futuro dei negoziati. Quando e se la risoluzione verrà messa al voto, saranno necessari nove paesi a favore e nessun veto da parte di Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Russia o Cina. [fonte: Reuters]
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Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.