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In Cina e Asia – Brics: la Cina propone accordi di libero scambio 

In Notizie Brevi by Agnese Ranaldi

I titoli di oggi:

  • Brics: la Cina propone accordi di libero scambio 
  • Inondazioni record in Cina
  • Xi rilancia il fintech, ma avverte dai rischi sistemici
  • Scandalo codici sanitari: arrestati i funzionari responsabili
  • Taiwan: studio da vantaggio alla Cina in caso di guerra

La Cina propone un accordo di libero scambio con i BRICS, nell’ottica di rafforzare la prossimità politica tra i paesi e respingere i tentativi di contenimento statunitensi. Il commercio tra Brasile, Russia, Cina, India e Sudafrica ha un enorme potenziale di espansione. Secondo il viceministro del Commercio cinese, Wang Shouwen, “costruire un accordo di libero scambio è un mezzo molto importante per sfruttare questo potenziale commerciale”. Il rinnovato attivismo diplomatico e commerciale inaugurato dal governo cinese si innesta nella necessità di assicurarsi relazioni internazionali stabili, mentre si inasprisce la rivalità con Washington e aumenta la distanza con i suoi alleati anche nell’Indo-Pacifico.

Per il presidente cinese Xi Jinping, “i paesi BRICS devono agire con senso di responsabilità e portare al mondo una forza positiva, stabilizzante e costruttiva”. Al summit, Xi ha anche sottolineato che bisogna scoraggiare l’impiego di una “mentalità da guerra fredda” e “il confronto tra blocchi”, promuovendo un vero multilateralismo e ponendo al centro il diritto internazionale dell’ONU e l’ordine internazionale che ne consegue. Nel frattempo, però, la Cina ha dichiarato di non voler porre “nessun limite” alla cooperazione con la Russia, e alcuni paesi BRICS sembrano d’accordo. Così sono in corso trattative per l’apertura di catene di negozi indiani in Russia e per aumentare la quota di automobili, attrezzature e hardware cinesi e un “notevole aumento” delle esportazioni di petrolio russo verso Cina e India.

Inondazioni record in Cina

Inondazioni da record in Cina: il Consiglio di Stato ha dichiarato che lavorerà per “la sicurezza della vita e delle proprietà delle persone” intensificando i soccorsi in caso di altri disastri naturali. Nella provincia di Guangdong, a Yingde, più di 400.000 persone sono state colpite da inondazioni di portata epocale. Il primo ministro cinese Li Keqiang è intervenuto chiedendo alle autorità di tutto il paese di intensificare gli sforzi per il monitoraggio e il soccorso in caso si ripetano fenomeni simili durante una riunione del Consiglio tenutasi mercoledì. Gli esperti in Cina prevedono che luglio e agosto porteranno con sé condizioni meteorologiche ancora più estreme, che potrebbero causare altre evacuazioni di massa.

Lo scorso anno, le inondazioni nella provincia di Henan hanno causato più di 300 vittime, lo sfollamento di quasi 1 milione di persone e perdite economiche intorno ai 133,7 miliardi di yuan (20 miliardi di dollari), secondo il governo provinciale. La sicurezza della popolazione dell’intera regione dell’Asia orientale è compromessa dalle conseguenze dei cambiamenti climatici, che secondo gli esperti provocheranno fenomeni meteorologici sempre più incontrollabili, dalle inondazioni da record come quella di Yingde alla siccità estrema.

Xi rilancia il fintech, ma avverte dai rischi sistemici

Il settore del fintech in Cina giocherà “un ruolo maggiore” nel rilancio dell’economia nazionale. Ma è necessario che le aziende del settore rafforzino la sicurezza delle infrastrutture e si impegnino a “prevenire i rischi finanziari sistemici“, ha dichiarato il presidente Xi Jinping. Dopo aver biasimato le grandi aziende per aver perseguito un’espansione incontrollata del capitale, il governo cinese si augura che le piattaforme per i pagamenti tornino “alle loro radici” e promuovano “uno sviluppo sano e regolamentato”. L’accento sulla condotta degli attori economici del settore non riguarda solo le grandi firme del fintech, ma anche gli individui impiegati nell’ambito.

Scandalo codici sanitari: arrestati i funzionari responsabili

Recentemente è scoppiato uno scandalo che ha visto l’arresto di alcuni funzionari tacciati di aver abusato dei codici sanitari per impedire le proteste bancarie. La mobilitazione di più di 1.000 persone è stata impedita attraverso il ricorso ai codici rossi per il rischio Covid-19. I manifestanti sono state vittime di uno scandalo finanziario che ha riguardato congelamento dei depositi bancari nella provincia dello Henan. Le autorità hanno avviato un’indagine su una società di investimento privata, accusata di aver colluso con i dipendenti delle banche per attirare illecitamente fondi pubblici attraverso piattaforme online. Il comunicato della Commissione per l’Ispezione Disciplinare di Zhengzhou afferma che i funzionari colpevoli hanno collaborato con un membro del comitato politico e legale locale che si occupa di tenere sotto controllo la stabilità sociale.

Taiwan: studio da vantaggio alla Cina in caso di guerra

Gli Stati Uniti dovrebbero attrezzarsi per prevenire un’offensiva da parte cinese attraverso una strategia di “negazione attiva”, costruendo rifugi e depositi sotterranei per munizioni e carburante. E’ quanto sostiene uno studio condotto da alcuni esperti di sicurezza. La ricerca dal titolo “Active Denial: A road map to a more effective, stabilizing, and sustainable U.S. defense strategy in Asia” è stata condivisa con Nikkei Asia ed è a nome Rachel Esplin Odell, ex analista del Washington Quincy Institute for Responsible Statecraft, insieme ad altri nove colleghi. La migliore strategia in caso di guerra, secondo lo studio, sarebbe quella di agire per limitare la portata dell’eventuale scontro, in ottica preventiva ed economicamente sostenibile. Questo perché, se la Cina dovesse scatenare una guerra nel Pacifico occidentale, gli Stati Uniti potrebbero ricorrere solo una piccola porzione delle loro forze militari (il 10-15% dei mezzi navali e aerei).

Data la recente espansione militare del paese, un eventuale attacco contro Taiwan si tradurre presto in un vantaggio per Pechino, almeno nelle prime fasi del conflitto. La dispersione delle forze statunitensi dispiegate, invece, potrebbe aumentare la resilienza degli alleati di Washington se distribuita in località più lontane dalla Cina. Gli studiosi consigliano di diminuire il numero di militari statunitensi in Giappone da 55.000 a circa 44.000 unità, mentre il personale a Guam e in Australia dovrebbe aumentare. Anche Elbridge Colby, ex vicesegretario alla Difesa per la strategia e la pianificazione delle forze e principale architetto della Strategia di Difesa Nazionale 2018 dell’amministrazione Trump, è un sostenitore della strategia della “negazione attiva”. Nel suo libro “Strategy of Denial”, sostiene con vigore che gli Stati Uniti debbano schierarsi a difesa Taiwan per contenere l’espansione egemonica del potere cinese che minaccia l’ordine globale.

A cura di Agnese Ranaldi