I titoli di oggi:
- Borrell: “Con al Cina dialogo tra sordi”, Pechino condanna l'”incidente di Bucha”
- La Cina cementa i rapporti con Serbia e Ungheria
- Covid: i lockdown lasciano la popolazione alla fame
- La Cina allenta le misure sull’immobiliare
- L’AUKUS sfida Russia e Cina con lo sviluppo di missili ipersonici
Un “dialogo tra sordi”. Così Josep Borrell ha definito l’ultimo confronto con Xi Jinping e Li Keqiang. Secondo il capo della diplomazia Ue, “La Cina ha cercato di mettere da parte le nostre differenze sull’Ucraina. [I leader cinesi] non volevano parlare dell’Ucraina. Non volevano parlare di diritti umani e altre questioni, piuttosto si sono concentrati sulle cose positive”. Per Borrell i “comunicati generici a favore della pace” non bastano più; c’è bisogno di un impegno chiaro per fermare la guerra. Parole che restano ancora una volta inascoltate. L’inviato cinese all’Onu Zhang Jun nella serata di ieri ha definito “inaccettabili” le uccisioni dei civili a Bucha, ma ha evitato di attribuire il massacro alla Russia, aggiungendo che le circostanze dell’ “incidente” (testuali parole) vanno accertate. E’ la prima dichiarazione ufficiale della Cina in merito agli eventi del 1 aprile. La stampa statale è tutt’oggi silente su quanto accaduto.
L’altro tasto dolente riguarda le sanzioni. Durante il videoincontro del 1 aprile tra i rispettivi vertici, Ursula von der Leyen aveva inoltre invitato la Cina a non compromettere le misure internazionali contro Mosca. Ad oggi non sono evidenti violazioni sistematiche del regime sanzionatorio, ma in alcuni settori la collaborazione sino-russa continua “business as usual”. L’industria dei semiconduttori cinesi, ad esempio, è sopraffatta dalle richieste in arrivo dalla Russia dopo che l’espulsione dal sistema di pagamento internazionale SWIFT ha portato a un incremento dell’utilizzo di carte di credito collegate al sistema russo Mir. Da quando le fonderie asiatiche hanno interrotto le forniture per allinearsi al ban americano sull’export di tecnologia, i produttori cinesi sono diventati l’ultima spiaggia per ottenere chip.
La Cina cementa i rapporti con Serbia e Ungheria
Il voto in Serbia e Ungheria assicura alla Cina una posizione di primo piano nell’Europa centro-orientale. E’ quanto suggeriscono gli analisti all’indomani dalla riconferma di Victor Orban e Aleksandar Vucic, buoni amici di Pechino, alla guida dei due paesi. Parlando con l’omologo cinese Wang Yi, lunedì il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto, ha dichiarato che “l’Ungheria sostiene fermamente l’amicizia UE-Cina e continuerà a svolgere un ruolo costruttivo nello sviluppo delle relazioni UE-Cina con un atteggiamento rispettoso e pragmatico”. La vittoria di Orban ha scongiurato una sterzata anticinese, minacciata in campagna elettorale dallo sfidante, Peter Marki-Zay, sindaco di Budapest e feroce oppositore alla costruzione di un campus dell’Università cinese Fudan. Vucic, dal canto suo, è stato tra i pochi leader internazionali ad assistere alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali. Pechino ripone grande importanza nelle relazioni con i due “insider”, considerato il generico peggioramento del clima nel Vecchio Continente. Secondo gli osservatori internazionali la posizione filorussa di Serbia e Ungheria potrebbe portare a un isolamento dei due paesi in Europa e conseguentemente a una maggiore dipendenza dalla Cina.
Covid: i lockdown lasciano la popolazione alla fame
La strategia “Zero Covid” sta lasciando Shanghai alla fame. Da giorni circolano online immagini di residenti in lockdown costretti a contendersi le razioni di cibo alle prime luci dell’alba. Il problema non starebbe nella mancanza di provviste quanto piuttosto nell’inefficienza del sistema di distribuzione. Secondo il SCMP, le restrizioni sulla mobilità e il regime di quarantena per gli autisti in alcune aree del paese sta pesando enormemente sul trasporto merci su strada. Nell’ultima settimana di marzo, il volume di traffico merci nelle principali zone logistiche della Cina è diminuito del 23,4% rispetto alla stessa settimana del 2021. Alle criticità logistiche si è aggiunta la mancanza di personale nei campi: nel Jilin, importante centro per la produzione di grano, le spighe del raccolto precedente attendono ancora di essere prelevate dagli agricoltori, a cui non è stato permesso di lasciare le proprie abitazioni. La autorità provinciali non nascondono la loro preoccupazione: secondo gli ultimi aggiornamenti chi è rimasto bloccato nelle aree urbane potrà presto tornare nella città di origine per riprendere il lavoro nei campi, a condizione, che sia negativo al coronavirus e non sia entrato in contatto diretto con persone infette.
La Cina allenta le misure sull’immobiliare, focus sui consumi
Diversi governi locali hanno cominciato a rimuovere e allentare le vecchie restrizioni applicate al mercato immobiliare per sostenere l’economia, minacciata dal Covid e dai contraccolpi della guerra in Europa. Fuzhou, capoluogo del Fujian, la scorsa settimana ha iniziato a consentire ai non locali l’acquisto di abitazioni senza bisogno di residenza obbligatoria o fondo pensione a titolo di garanzia, una deviazione dalle normative vigenti. Quzhou, nella provincia dello Zhejiang, la scorsa settimana ha revocato i limiti sull’acquisto e alla vendita. Secondo la China Index Academy, sono oltre 60 le autorità municipali – comprese Zhengzhou, Lanzhou e Harbin – ad aver allentato le restrizioni sul real estate nel primo trimestre dell’anno.
A partire dall’agosto 2020, per contenere la bolla e riordinare i conti in rosso degli sviluppatori, la Cina aveva imposto le misure delle “tre linee rosse“, il rapporto tra liquidità e debito a breve termine, tra passività (escluse quelle contrattuali) e attività, e il rapporto di indebitamento netto che le società immobiliari devono raggiungere entro il 2023. Ma come effetto dei provvedimenti le 100 principali aziende del settore hanno visto le proprie vendite crollare del 47% nei primi tre mesi del 2021, a causa dei crescenti casi di insolvenza che hanno tenuto lontano gli acquirenti.
La dipendenza dell’economia cinese dall’immobiliare comincia a preoccupare diversi analisti cinesi. Pekignology ha tradotto un recente intervento di Yao Yang (della Beida), in cui l’esperto auspica un dirottamento del sostegno politico dal real estate verso i consumi interni. Pare facile. Secondo i media statali, durante il ponte per la festa dei morti (Qingming Jie), i viaggi sono crollati di quasi due terzi su base annua a causa delle misure epidemiche.
L’AUKUS sfida Russia e Cina con lo sviluppo di missili ipersonici
Stati Uniti, Regno Unito e Australia inizieranno a lavorare congiuntamente allo sviluppo di missili ipersonici e capacità di guerra elettronica. La cooperazione avverrà nella cornice del triumvirato militare siglato lo scorso settembre. “Abbiamo riaffermato il nostro impegno per AUKUS e per un Indo-Pacifico libero e aperto”, recita il comunicato congiunto rilasciato da Joe Biden, il primo ministro britannico Boris Johnson e l’omologo australiano Scott Morrison, “alla luce dell’invasione non provocata, ingiustificata e illegale dell’Ucraina da parte della Russia, abbiamo ribadito il nostro impegno incrollabile a favore di un sistema internazionale che rispetti i diritti umani, lo stato di diritto e la risoluzione pacifica delle controversie senza coercizione”. E’ abbastanza chiaro chi sia l’altro destinatario del messaggio: la Cina.
Sia Mosca che Pechino negli ultimi mesi hanno segnalato vistosi progressi nel collaudo di vettori ipersonici. A marzo, la Russia ha dichiarato di aver usato l’avanzatissima tecnologia per colpire un deposito di munizioni nell’Ucraina occidentale, mentre lo scorso anno il Pentagono aveva ricevuto con preoccupazione la notizia di test missilistici cinesi. Sotto l’AUKUS, i tre paesi membri hanno istituito 17 gruppi di lavoro trilaterali, di cui nove sono focalizzati sul programma sottomarini a propulsione nucleare e i restanti mirano allo sviluppo di altre tecnologie avanzate, tra cui la quantistica, l’intelligenza artificiale, e le capacità informatiche.
Proprio ieri il capo del Comando strategico degli Stati uniti ha definito “mozzafiato” l’espansione dell’arsenale nucleare cinese. Pechino dal canto suo, considerando l’AUKUS una NATO asiatica, descrive l’ampliamento del proprio arsenale in termini di “deterrenza”. La NATO, quella vera, non è meno minacciosa. Proprio ieri Jens Stoltenberg, annunciando la Carta di Diana, l’acceleratore dell’innovazione nella difesa per il Nord Atlantico, ha dichiarato che il nuovo concetto strategico “Per la prima volta, dovrà anche tenere conto della crescente influenza e delle politiche coercitive della Cina sulla scena globale che rappresentano una sfida sistematica alla nostra sicurezza e alle nostre democrazie”.
A cura di Alessandra Colarizi
Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.