In Cina e Asia – Avvocati per i diritti umani accusati di «sovversione dello stato»

In by Gabriele Battaglia

I titoli della rassegna di oggi:

– Formalizzate le accuse per il direttore dello studio legale Fengrui: è «tentata sovversione dello stato»
– Pokémon Go e il complottismo cinese
– Blued, il live streaming gay che scaccia i pregiudizi in Cina
– Da ideologhi marxisti a insegnanti della seduzione 
– Mar cinese meridionale: proteste e arresti in Vietnam, censura in Cina
– Il Myanmar schiaffeggia il nazionalismo buddhista 
– Lo stato indiano del Kerala imporrà una «tassa sui grassi»Formalizzate le accuse per il direttore dello studio legale Fengrui: è «tentata sovversione dello stato»

A un anno dalla detenzione, il caso del noto avvocato Zhou Shifeng, direttore dello studio legale di Pechino Fengrui, passa nelle mani del tribunale di Tianjin dove l’uomo verrà processato per «tentata sovversione dello stato». Lo studio Fengrui, noto per aver appoggiato casi rilevanti come quello del professore-attivista uiguro Ilham Tohti, era stato accusato dai media di stato di aver orchestrato delle finte proteste (con finalità politiche) davanti ai tribunali.

Oltre a Zhou, dovranno rispondere delle stesse accuse gli attivisti Hu Shigen, Zhai Yanmin e Gou Hongguo, ha annunciato la procura della città portuale. I quattro erano stati arrestati nell’ambito del giro di vite del luglio 2015, quando circa 200 persone tra avvocati e dissidenti erano spariti nel nulla. Sempre nella giornata di venerdì, il Legal Daily si è scagliato contro le potenze straniere che, manipolando gli avvocati per la difesa dei diritti umani, tentano di minare la stabilità della Cina per i propri interessi.

Pokémon Go e il complottismo cinese

In Cina Pokémon Go non è ancora arrivato, ma già si teme il complotto. Secondo Reuters, il gioco che sta facendo impazzire mezzo mondo viene visto con sospetto dai cinese, preoccupati dal fatto che il sistema GPS – che aiuta a rintracciare gli esserini digitali da catturare disseminati intorno a noi – possa indirettamente fornire a Nintendo e Google (quindi a Giappone e Usa) informazioni sensibili quali la posizione delle basi militari in territorio cinese. Come? Evidenziando le aree dalle quali i giocatori si tengono alla larga. «Poi, quando scoppierà la guerra, il Giappone e gli Stati Uniti potranno facilmente indirizzare i propri missili, e la Cina verrà distrutta dall’invasione di un gioco giappo-americano», pronostica un post apparso sul sito di microblogging Weibo.

Nonostante i timori, pare che anche nella Repubblica popolare la febbre per Pokémon Go si stia propagando a macchia d’olio. Secondo il Los Angeles Times, Taobao, l’eBay cinese, avrebbe iniziato a vendere ID per accedere all’App Store di Apple in Australia. I prezzi vanno dai 13 centesimi ai 3 dollari, con un negozio Taobao che sta vendendo in media circa 10.000 ID australiani in una settimana. Ma non basta.

I cinesi che vogliono acchiappare i mostriciattoli devono munirsi anche di un VPN a causa delle restrizioni sui servizi di Google. Così mentre il gioco si accinge a sbarcare in Giappone e Corea del Sud, le molte complicazioni «tecniche» rendono assai improbabile un approdo ufficiale in Cina.

Blued, il live streaming gay che scaccia i pregiudizi in Cina

In un paese in cui solo il 15 per cento degli omosessuali fa coming out in famiglia e le tematiche gay sono soggette a censura sul piccolo schermo, il fenomeno delle app di live streaming ha raggiunto immediata popolarità all’inizio del 2016. Non solo tali piattaforme forniscono una visibilità virtuale a chi è costretto a nascondersi nella vita reale, ma rappresentano anche un’opportunità di business per gli imprenditori gay. Come anche per altri siti, Blued dà la possibilità di ricompensare il proprio performer preferito con doni virtuali commutabili in denaro tangibile.

Secondo Wang Shuaishuai, dottorando dell’università di Amsterdam che sta studiando il fenomeno, Blued (22 milioni di membri) rappresenta un altro canale utilizzabile dalla middle class cosmopolita cinese per soddisfare i propri gusti commerciali. Ma non solo. La «gay chat» sta progressivamente cambiando la percezione che la società cinese ha della comunità Lgbt, meno stereotipata e molto più realistica. 

Da ideologhi marxisti a insegnanti della seduzione 

«Come reagisci quando una ragazza ti rifiuta? Mantieni la calma e, ovviamente, non lanciarle addosso i fiori che avevi comprato per lei». L’Università di Tianjin ha avviato un corso di «teoria e pratica della seduzione romantica», primo ateneo cinese a lanciare un’iniziativa del genere con lo scopo di rendere più sciolti i giovani cinesi nell’approccio con l’altro sesso. Il fatto è che «la generazione di figli unici manca di dimestichezza nei rapporti con i coetanei,» spiega la nota sessuologa Li Yinhe.

In più si trovano catapultati dalla clausura del liceo (quando lo studio rappresenta l’unica attività contemplata) al periodo post-laurea, quando le famiglie cominciano a fare pressing affinché i figli si accasino al più presto. Non mancano tuttavia dubbi sull’efficacia delle lezioni. A cominciare dal fatto che a tenere i corsi è Xie Shu, un esperto del pensiero marxista-leninista, per giunta single.

Mar cinese meridionale: proteste e arresti in Vietnam, censura in Cina

In Vietnam decine di attivisti sono stati arrestati nella giornata di domenica mentre si apprestavano a manifestare contro la Cina sulla scia del pronunciamento della corte dell’Aja sul Mar cinese meridionale. Anche Hanoi, come Manila, è ai ferri corti con Pechino per questioni di sovranità che riguardano gli arcipelaghi delle Spratly e delle Paracel, nel Mar cinese meridionale. Ma il repressivo governo vietnamita non è mai troppo disponibile a lasciare briglia sciolta alle proteste, temendo possano assumere una piega anti-establishment. Dispiegata per le strade della capitale, la polizia ha prelevato una trentina di manifestanti nei pressi del lago Hoan Kiem, noto luogo di ritrovo per dimostrazioni popolari.

La pancia del paese mal tollera l’atteggiamento sottomesso dei propri leader nei confronti del gigante asiatico. L’esito dell’arbitrato internazionale (voluto dalle Filippine) rappresenta una mezza vittoria per tutti i vicini asiatici soggetti alle angherie di Pechino; tuttavia la reazione del governo vietnamita è stata misurata per evitare derive nazionaliste. Nel 2014, le proteste contro l’istallazione di una piattaforma petrolifera nella zone economia esclusiva vietnamita lasciarono sul campo morti e feriti. 

Intanto, piccole manifestazioni di dissenso contro la decisione dell’Aja sono andate in scena nel weekend nella contea di Laoting, vicino alla città portuale di Tianjin, dove la popolazione locale è scesa in strada per condannare la posizione mantenuta da Filippine e Stati Uniti nel Mar cinese meridionale, e la decisione della Corea del Sud di dispiegare su proprio territorio il sistema antimissile THAAD. Le proteste sono state censurate sul web per evitare il pericolo di indomabili fiammate nazionaliste.

Il Myanmar schiaffeggia il nazionalismo buddhista

Il nuovo governo birmano «scomunica» i nazionalisti buddhisti del Ma Ba Tha: martedì il Sangha Council, ente statale che supervisiona la pratica buddhista nel paese, ha dichiarato di non riconoscere il movimento capitanato dal controverso monaco Wirathu come membro dell’ordine buddhista. Una presa di posizione che arriva dopo nuovi episodi violenti ai danni della minoranza musulmana del paese da parte del Ma Ba Tha, la cui posizione a livello locale si è molto rafforzata in seguito agli scontri del 2012 nello stato Rakhine, dove è concentrata l’etnia islamica dei Rohingya. La condanna tardiva del movimento sembra mettere una pezza alla reticenza dimostrata dalla leader della lega nazionale per la democrazia, Aung San Suu Kyi, nel dimostrare il proprio sostegno alla minoranza musulmana per paura di perdere l’appoggio della popolazione, largamente buddhista. All’indomani dell’annuncio del Sangha Council, Wirathu ha definito la premio nobel «una dittatrice».

Nella giornata di domenica Suu Kyi ha tentato di risolvere l’altra dolorosa piaga che affligge il paese: quella della guerra civile negli stati semiautonomi nel nord-est. Una nuova tornata di colloqui è andata in scena al fine di raggiungere un cessate il fuoco con le milizie locali rappresentate dal United Nationalities Federal Council.

Lo stato indiano del Kerala imporrà una «tassa sui grassi».

Secondo la National Family Health Survey, lo stato del Kerala ha il secondo più alto tasso di obesità in India, un fattore che starebbe spingendo il suo governo comunista – recentemente eletto – a imporre una tassa del 14,5 per cento su hamburger, pizza, ciambelle, panini, pasta e tacos serviti nelle catene di fast food internazionali. Mentre i funzionari governativi sostengono che queste misure preventive colpiranno soltanto l’élite sociale e aiuteranno a fronteggiare il 3-4 per cento del tasso di obesità, gli oppositori sostengono che gran parte del cibo locale è a sua volta malsano e che quindi la tassa dovrebbe essere estesa anche ai piccoli caffè.

Molti ritengono che le nuove imposte siano mirate ad aumentare le entrate fiscali del governo del Kerala in caduta di circa il 4 per cento negli ultimi cinque anni a causa del ripiegamento del settore agricolo e della stagnazione del potere d’acquisto della popolazione.