I titoli di oggi:
- L’amministrazione Biden avvia revisione delle tariffe contro la Cina
- Cina: la censura colpisce gli economisti contrari alla Zero Covid
- Covid a Pechino: chiuse 40 stazioni della metro
- Sfoggio di muscoli della portaerei cinese nel Pacifico Occidentale
- Libertà di stampa: Hong Kong perde 68 posizioni
A quattro anni dall’imposizione delle tariffe contro la Cina, l’amministrazione Biden ha aperto ieri un processo di verifica, come richiesto dai regolamenti americani, che potrebbe portare a un ritiro delle misure commerciali volute da Trump all’apice della “trade war”. In base alle leggi statunitensi, le aziende avranno tempo fino al 6 luglio per notificare all’USTR se vogliono che vengano mantenuti o meno i dazi. Il meccanismo sulle tariffe contro la Cina è stato attivato dopo una serie di commenti a favore di una possibile sospensione dei provvedimenti per contenere l’inflazione, sebbene tra i vari dipartimenti non ci sia un’opinione univoca. Rispetto alla Cina, la squadra di Biden è ancora visibilmente spaccata. Colpa anche dei ritardi nella formulazione di una vera e propria strategia. Secondo Politico, a tal proposito si esprimerà giovedì Antony Blinken con un discorso dedicato alla “nuova” China Policy di Biden. Anche con la revisione delle tariffe contro la Cina, a grandi linee l’approccio resta quello di Trump, ma con una maggiore enfasi sulle alleanze e la rimozione del concetto di “engagement” tramandato di amministrazione in amministrazione da Nixon in poi.
Covid a Pechino: chiuse 40 stazioni della metro
Pechino non farà la fine di Shanghai. Mentre i casi di Covid nella capitale restano poche decine, le autorità municipali hanno provveduto a introdurre misure preventive per evitare gli errori commessi dai burocrati di Shanghai: 40 stazioni della metro sono state chiuse, pare a circa il 10% del totale, mentre le scuole restano chiuse nonostante oggi finisca il ponte del 1 maggio. Intanto 12 dei 16 distretti della città hanno avviato un secondo round di test. L’obiettivo è quello di prevenire che la diffusione del virus diventi ingestibile come a Shanghai, dove l’aumento dei casi fuori dalle aree isolate ha costretto l’amministrazione locale a posticipare il preannunciato allentamento del lockdown. A Hong Kong, invece, si tenta una strada diversa. Nonostante l’alto tasso di mortalità, il governo locale sta provando a tornare alla normalità tanto da aver riaperto la città agli ingressi dall’estero anche ai non residenti.
Cina: la censura colpisce gli economisti contrari alla Zero Covid
Vietato criticare la strategia Zero Covid. Negli ultimi giorni sono almeno quattro gli economisti attivi su internet ad essersi visti bloccare gli account WeChat e Weibo dopo aver espresso preoccupazione per le ricadute economiche delle rigide misure sanitarie. Ultimo in ordine di tempo è il caso di Hong Hao, head of research della statale Bank of Communications (Bocom) International Holdings. Attivo anche su Twitter, negli scorsi giorni Hong aveva previsto perdite consistenti sul mercato azionario cinese a causa delle restrizioni sulla mobilità e la sospensione delle attività produttive a Shanghai. Ma, secondo il SCMP, Hong non è l’unico analista ad essere finito nei guai. Tra gli imbavagliati figurano anche Fu Peng, capo economista di Northeast Securities; Dan Bin, presidente di Shenzhen Oriental Harbor Investment; e Wu Yuefeng, partner di Funding Capital. Per tutti l’accusa è di “violazione di leggi e regolamenti correlati”.
La stretta sul mondo della finanza arriva a pochi giorni dal monito della Securities Association of China (SAC), che giovedì aveva richiamato all’ordine: “In quanto personaggi pubblici, le parole e le azioni degli analisti di titoli sono ampiamente considerati dalla società e dai media”, pertanto commenti e azioni “inappropriati” potrebbero danneggiare non solo la reputazione delle istituzioni di appartenenza ma persino dell’intero settore. La mordacchia è stata imposta anche a Wang Sicong, figlio dell’ex uomo più ricco di Cina, Wang Jianlin. Il golden boy, con decine di milioni di follower, è stato aspramente criticato per aver messo in dubbio l’efficacia dei rimedi consigliati dal governo contro il coronavirus, compresa la medicina tradizionale cinese.
Sfoggio di muscoli della portaerei cinese nel Pacifico Occidentale
La Marina cinese ha confermato la recente conclusione di massicce esercitazioni nel Pacifico Occidentale. L’annuncio di ieri segue una nota diramata il primo maggio dalla Forza di autodifesa marittima del Giappone, che avevano rilevato la portaerei cinese Liaoning e altre sette navi – tra cui un cacciatorpediniere di classe 055, tre cacciatorpediniere di classe 052D e una nave da rifornimento – in navigazione verso sud, a 350 chilometri a ovest delle Isole Danjo, amministrate dalla prefettura di Nagasaki. La flottiglia, come già avvenuto a dicembre scorso, ha attraversato lo stretto di Miyako, in corrispondenza con la prima cintura di isole. Ma rispetto al passato, il numero delle imbarcazioni è stato maggiore. Segno del livello di tensione nella regione. Secondo il SCMP, il passaggio è avvenuto mentre la portaerei americana Abraham Lincoln si trovava nel Mar delle Filippine. Per quanto ancora in netto svantaggio, la Cina sta velocizzando l’espansione della sua flotta. Entro fine anno dovrebbe terminare la costruzione della terza portaerei cinese, mentre circolano indiscrezioni si stia già lavorando a una quarta.
Libertà di stampa: Hong Kong perde 68 posizioni
L’arresto di Jimmy Lai, ma anche la chiusura dello Stand News e l’autocensura dell’emittente RTHK. Le motivazioni non mancano per giustificare la clamorosa retrocessione di Hong Kong nella classifica stilata da Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa. In appena un anno, l’ex colonia britannica è precipitata di 68 posizioni finendo al numero 148, tra le Filippine e la Turchia. Il database di RSF al momento segnala la detenzione di 13 operatori dei media locali, un numero che equivale a quasi il dieci percento di tutti gli arresti di giornalisti in Cina. Il peggioramento viene attribuito a un impiego più esteso della legge sulla sicurezza nazionale, inizialmente utilizzata prevalentemente contro manifestanti pro-democrazia e opposizione politica. Ma anche al ritorno in auge della legge anti-sedizione di epoca coloniale.
Anche Antony Blinken ha espresso preoccupazione per il giro di vite sull’informazione in Cina. In occasione del World Press Freedom Day, il segretario di Stato ha dichiarato che “Siamo stati profondamente preoccupati per ciò che stiamo riscontrando nella RPC in termini di uso improprio della tecnologia per cercare di fare cose come aumentare la sorveglianza, le molestie, le intimidazioni, la censura dei cittadini cinesi, dei giornalisti, degli attivisti e altri, anche all’estero”.
A cura di Alessandra Colarizi
Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.