Jiang Yanyong, il chirurgo militare cinese che nel 2003 ha messo sotto i riflettori il ruolo svolto dal governo cinese nell’insabbiamento della grave epidemia di Sars sarebbe di fatto agli arresti domiciliari dallo scorso anno. Secondo quanto dichiarato dai suoi familiari, i funzionari cinesi avrebbero impedito a Jiang di avere contatti con il mondo esterno condannandolo agli arresti domiciliari per aver scritto alla leadership cinese chiedendo di riconoscere come illegittime le violenze perpetrate dal Partito in occasione del movimento per la democrazia di Tiananmen del 1989. Jiang nel 2003 era diventato un eroe nazionale dopo aver svelato l’iniziale copertura del governo dell’epidemia di Sars, ma è stato arrestato e costretto a sottoporsi a “sessioni di rieducazione” solo successivamente all’invio della lettera in cui domandava al governo di riconoscere il movimento studentesco dell’89 come movimento patriottico. In seguito al suo arresto l’anno scorso, Jiang è stato ospedalizzato per più di un mese, periodo in cui gli era stato impedito di essere visitato dalla sua famiglia, ha detto un amico. Durante il ricovero, al medico furono somministrati dei farmaci che, secondo quanto affermato dai familiari, hanno avuto un effetto deleterio sulla sua salute, tuttora molto precaria. [fonte: TheGuardian]
Il coronavirus rilancia il dibattito sulla libertà di espressione
La morte del Dr. Li Wenliang, uno dei primi a denunciare l’apparizione del coronavirus, ha dato il via ad un vero è proprio moto di coscienze che ha spinto molti cinesi a richiedere al governo più libertà di espressione e più trasparenza nelle comunicazioni. Dopo numerose e creative manifestazioni in memoria di Li, alcuni accademici, giornalisti e personalità di spicco nella società cinese hanno creato una serie di petizioni online per promuovere un efficace riforma dei principi che governano la libertà di espressione in Cina. Tra le tante, il manifesto sulla libertà di espressione, pubblicato domenica scorsa sul sito Matters, è stato firmato da più di mille persone in tutto il paese ed esorta il governo a scusarsi con il Dr. Li e gli altri sette operatori sanitari che sono stati incriminati dalla polizia per aver condiviso in rete le loro informazioni sul virus. Inoltre, la petizione richiede anche la punizione dei funzionari che hanno soppresso le informazioni sull’epidemia, a detta di molti uno dei fattori determinanti che ha reso il virus di Wuhan una vera pandemia. Le petizioni di domenica scorsa riflettono la preoccupazione dei cittadini che le espressioni di frustrazione esposte online svaniranno, proprio come è successo in occasione del terremoto del 2008 nella provincia del Sichuan, un evento che aveva sconvolto la società cinese, alla quale il governo non aveva saputo adeguatamente rispondere. [fonte: NYT]
Se l’Africa Centers for Disease Control and Prevention diventa “cinese”
L’amministrazione Trump ha espresso preoccupazione per l’intenzione di Pechino di finanziare con 80 milioni di dollari la creazione dei nuovi quartieri generali per l’Africa Centers for Disease Control and Prevention (CDC), un’istituzione tecnica specializzata dell’Unione Africana che funge da piattaforma per la condivisione delle conoscenze mediche tra gli Stati membri.Il CDC, nato nel 2017 per contrastare la mortifera epidemia di ebola nel continente africano, si è sviluppato in questi anni fino a diventare un vero e proprio centro di gestione delle crisi mediche, possedendo di conseguenza una grande quantità di dati genomici.Secondo quanto riferito da un funzionario americano al Financial Times, i cinesi ambirebbero a costruire una nuova sede CDC ad Addis Abeba per “rubare” i dati dagli altri centri localizzati in Egitto, Nigeria, Gabon, Kenya e Zambia e costruiti dagli Stati Uniti. Dalla prospettiva americana, l’ingerenza di Pechino nella CDC rappresenterebbe un grave rischio per la sicurezza internazionale: già lo scorso marzo, infatti, Pechino aveva violato le norme di sicurezza facendo volare dei campioni di virus Ebola in Cina su un volo commerciale Air Canada, ed il timore è che casi simili si potrebbero ripresentare, questa volta coinvolgendo il coronavirus.Al momento, nessun commento è arrivato né dall’ambasciata cinese a Washington né da Pechino; l’Africa CDC ha però accolto con favore le proposte cinesi di incrementare i finanziamenti e rafforzare il loro contributo all’organizzazione, che includerà l’invio di due esperti tecnici dalla Cina e la costruzione della sede centrale. [fonte: FT]
Il coronavirus arresta il sorpasso cinese su Hollywood
ll Capodanno lunare di solito offre succosi benefici all’industria cinematografica cinese, ma quest’anno il coronavirus ha generato gravi perdite economiche per i produttori e distributori cinesi. Secondo quanto riportato da Bloomberg, durante il solo periodo festivo le perdite dovute alle cancellazioni dei biglietti per il cinema ammontano ad un miliardo di dollari ed anche titoli azionari dei grandi operatori del settore, come Imax China e Wanda Film Holding, hanno perso circa il 20% del loro valore. Esperti nel settore affermano che gli effetti del coronavirus si ripercuoteranno molto probabilmente anche su Hollywood, che negli ultimi anni ha puntato sul mercato cinese come principale strategia di crescita. Infatti, il gigante asiatico ha già superato gli Stati Uniti per numero di cinema e l’anno scorso le statistiche prevedevano che nel 2020 il valore del mercato cinematografico cinese avrebbe superato quello americano. Ad oggi, questi risultati sembrano impossibili da raggiungere, tanto che anche la Disney ha affermato di voler posticipare la premiere di alcuni suoi film – tra cui l’attesissimo “Mulan” – in attesa che la pandemia termini. Al momento la situazione sembra però peggiorare: nel solo periodo delle festività del Capodanno lunare, le perdite della Disney nei suoi parchi di divertimento a Shanghai e Hong Kong hanno quasi raggiungo i 175 milioni di dollari. [fonte: Bloomberg]
L’Iowa e i “turisti della democrazia”
Lo stato americano dell’Iowa sembra suscitare un particolare interesse nel popolo cinese. Infatti, non solo il presidente Xi Jinping lo ha già visitato due volte – prima di entrare in carica nel 2012, e in un precedente soggiorno come funzionario nel 1985 – ma negli ultimi mesi l’Iowa è diventato anche meta prediletta del cosiddetto “turismo della democrazia”. Secondo quanto riportato dalla BBC, durante il fine settimana che ha preceduto il 3 febbraio – data in cui si è svolta la prima fase di selezione dei candidati alle elezioni presidenziali di novembre – moltissimi studenti cinesi si sono recati in Iowa per assistere ai comizi elettorali e sperimentare così la democrazia in azione. I giovani studenti hanno manifestato un particolare interesse verso i raduni del candidato democratico Andrew Yang – di origine taiwanese – e verso i discorsi tenuti dall’ex vicepresidente Joe Biden. Il costo del viaggio è stato di 7000 dollari (circa 6.400 euro) – una somma enorme per una famiglia cinese media – ma nonostante ciò il tasso di adesioni è stato molto alto, a testimonianza di una sempre più alta motivazione degli studenti cinesi di studiare in occidente. Infatti, secondo i dati ufficiali sarebbero circa 360.000 gli studenti cinesi che ora studiano negli Stati Uniti, mentre nel Regno Unito la cifra è di poco superiore a 100.000. [fonte: BBC]
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Classe ’94, valdostana, nel 2016 si laurea con lode in lingua cinese e relazioni internazionali presso l’Università cattolica del sacro cuore di Milano. Nonostante la sua giovane età, la sua passione per la cultura cinese e le lingue la portano a maturare 3 anni di esperienza professionale in Italia, Svezia, Francia e Cina come policy analyst esperta in Asia-Pacifico e relazioni UE-Cina. Dopo aver ottenuto il master in affari europei presso la prestigiosa Sciences Po Parigi, Sharon ora collabora con diverse testate italiane ed estere, dove scrive di Asia e di UE.