E’ ancora caos per le strade di Hong Kong, dove si è appena concluso il 15esimo weekend di protesta. Mentre nella giornata di sabato si sono verificati leggeri tafferugli tra i manifestanti e alcuni sostenitori del governo, domenica sera la situazione è nuovamente degenerata in guerriglia. La polizia ha risposto con lacrimogeni e cannoni ad acqua per fronteggiare i dimostranti, che armati di ombrelli e bombe molotov hanno preso di mira i palazzi del potere, dato alle fiamme uno striscione per il 70esimo anniversario della Rpc, e vandalizzato le stazioni della metro. Sono almeno otto i feriti, di cui tre in maniera grave. La giornata era cominciata con una marcia pacifica – sebbene non autorizzata – nel centro della città che ha visto partecipare famiglie e persone di ogni età. Segno che il tentativo messo in campo dall’amministrazione Lam per riallacciare il dialogo ha lasciato indifferente buona parte della popolazione. Al calare della notte, ribadendo la sincerità della propria offerta, la chief executive ha avvertito che la violenza non servirà a risolvere i problemi di Hong Kong [fonte: Scmp, AP]
Il fondatore di Huawei offre il know-how aziendale agli Usa
Ren Zhengfei, fondatore e presidente di Huawei, ha proposto di vendere il know-how aziendale sul 5G alle società occidentali di modo da mitigare lei paure relative ai problemi sulla sicurezza delle tecnologie Huawei. L’offerta include l’accesso continuo ai brevetti, alle licenze e al codice di programmazione del 5G sviluppati dell’azienda cinese. Ciò consentirebbe alle aziende occidentali di correggere eventuali difetti o presunte backdoor senza il coinvolgimento di Huawei, allentando così la tensione tra il gigante cinese e le potenze occidentali, in particolare con Stati Uniti ed Australia che hanno già vietato alle loro reti di utilizzare le apparecchiature Huawei. “[Huawei è] aperta a condividere le sue tecnologie e tecniche 5G con le aziende statunitensi, in modo che possano costruire la propria industria 5G”, ha dichiarato Ren in un’intervista al New York Times. Tuttavia, esperti nel settore sottolineano che a rendere la proposta difficilmente accettabile sia non tanto l’affidabilità dell’azienda agli occhi degli statunitensi, quanto le condizioni imposte dalla “National Intelligence Law” cinese. La legge, infatti, obbliga le imprese e i cittadini cinesi a cedere al governo qualsiasi dato a cui possano avere accesso, pena severe sanzioni. [fonte: Bbc]
La Repubblica Popolare Cinese si prepara a festeggiare 70 anni
Droni, aquiloni e lanterne: tutte le attività aeree sono vietate in 7 dei 16 distretti della capitale da domenica scorsa e fino al 1° ottobre, come indica un avviso sul sito della municipalità di Pechino. Lo stato d’allerta è stato indetto per favorire il corretto svolgimento della parata militare che si terrà in piazza Tian’anmen il 1° di ottobre in occasione dei 70 anni della fondazione della Repubblica Popolare Cinese. Gli aerei militari hanno sorvolato la rotta della parata domenica scorsa, mentre l’Armata di Liberazione Popolare si è esercitata per il secondo fine settimana consecutivo insieme a carri armati ed altri veicoli militari. Durante le esercitazioni, l’ampia Chang’An Avenue è stata chiusa sia ai veicoli che ai pedoni, con tutti gli spettatori tenuti dietro barriere e ad almeno un isolato di distanza. Altri disagi si prospettano nei prossimi giorni, come confermato da numerosi utenti che segnalano di aver ricevuto e-mail da parte dei loro hotel nel centro di Pechino in cui si avvisa del fatto dal 15 settembre in poi l’entrata e l’uscita degli ospiti potrebbero essere impedite o limitate per ragioni di sicurezza. Secondo i media locali, la parata del 1° ottobre sarà la più grande mai organizzata in Cina, con più di 12.000 soldati in marcia e metterà in mostra le armi più avanzate dell’esercito cinese. [fonte: Quartz, Scmp]
Boom di cooperative agricole nella Cina rurale
Da alcuni anni a questa parte, nella Cina rurale sono rinate le cosiddette cooperative specializzate di agricoltori (FCS il loro acronimo inglese). Le FCS sono il frutto di una legge datata 2007 che ha fornito sostegno statale ai piccoli proprietari terrieri, per secoli vero e proprio motore economico del paese. A febbraio 2018, il numero di queste organizzazioni era esploso da 26.000 a oltre 2 milioni, raggruppando più di 117 milioni di famiglie residenti nelle zone rurali, rappresentando il 48% del totale. Alla base della rapida espansione delle cooperative agricole c’è il desiderio del PCC di riformare il piccolo sistema di proprietari terrieri, aumentando l’efficienza agricola attraverso l’integrazione sia orizzontale – combinando le piccole aziende agricole in entità più grandi ed efficienti – sia verticale – riunendo la produzione, la lavorazione, lo stoccaggio, il trasporto e le vendite in un’unica catena. Nel processo, i funzionari sperano di trasformare i proprietari terrieri sparsi del paese in fattorie su larga scala e migliorare il potere di contrattazione degli agricoltori. Sebbene i membri della cooperativa concordino sul fatto che l’acquisto di strumenti agricoli e la creazione di sistemi logistici e di vendita unificati abbiano effettivamente reso i piccoli agricoltori più competitivi rispetto alle grandi aziende, alcuni ostacoli sussistono. Tra tutti, il fatto non poter agire autonomamente in merito alla produzione e all’esercizio agricolo è particolarmente inaccettabile per alcuni piccoli agricoltori che hanno sperimentato l’agricoltura collettivizzata del periodo maoista, che associa la perdita di potere decisionale nei comuni ad indigenza. Tuttavia, il recente boom delle cooperative agricole in Cina dimostra che esse siano valide come strumento di riqualificazione delle periferie rurali, promuovendo al contempo la solidarietà sociale e la resilienza della comunità tramite la valorizzazione del capitale sociale. [fonte: Sixth Tone]
American Factory: il nuovo documentario degli Obama è già virale in Cina
“American Factory”, il nuovo documentario ideato da Barack e Michelle Obama e prodotto da Netflix Inc. è diventato virale sui social network cinesi, con decine di recensioni da parte di influenti blogger ma anche dai media statali, per un totale di oltre 13 milioni di hashtag su Weibo. Il documentario racconta la storia del magnate cinese Cao Dewang e della fabbrica di vetri per auto da lui aperta vicino a Dayton, Ohio, nel 2014. La fabbrica impiega oltre 2.000 locali, molti dei quali hanno perso il lavoro quando lo stabilimento General Motors della città chiuse nel 2008. Il ritrovato ottimismo della manodopera statunitense si trasforma rapidamente in disillusione a causa della rigida gestione cinese che spinge i dipendenti a formare un sindacato. Dal canto suo, l’azienda invece si lamenta dei lavoratori americani, ritenuti troppo poco operosi. Il film apre una finestra sulla Rust Belt americana, dove le scarse opportunità educative e la mobilità sociale in declino affliggono la classe lavoratrice locale almeno quanto la continua minacciata della dislocazione dei processi produttivi verso mercati più lowcost. Seppur Netflix non sia ufficialmente disponibile in Cina, il documentario ha acceso un vivace dibattito online sui temi della globalizzazione, delle differenze culturali, dell’automazione e dei diritti dei lavoratori. Anche i media governativi hanno espresso critiche positive, incorniciando il documentario all’interno del protratto conflitto commerciale con gli Stati Uniti: “Il documentario sta giocando un ruolo positivo nell’aiutare i due popoli a capirsi”, ha scritto l’agenzia di stampa Xinhua, sottolineando come tra i due paesi sia in corso uno “scontro di civiltà” [fonte: Bloomberg]
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Classe ’94, valdostana, nel 2016 si laurea con lode in lingua cinese e relazioni internazionali presso l’Università cattolica del sacro cuore di Milano. Nonostante la sua giovane età, la sua passione per la cultura cinese e le lingue la portano a maturare 3 anni di esperienza professionale in Italia, Svezia, Francia e Cina come policy analyst esperta in Asia-Pacifico e relazioni UE-Cina. Dopo aver ottenuto il master in affari europei presso la prestigiosa Sciences Po Parigi, Sharon ora collabora con diverse testate italiane ed estere, dove scrive di Asia e di UE.