Un report stilato dall’Ue con la partecipazione dei 28 paesi membri solleva serie preoccupazioni riguardo al protagonismo delle aziende cinesi nello sviluppo del 5G nel Vecchio Continente. Senza nominare nello specifico Huawei e ZTE – che con Ericsson, Nokia, Samsung e Cisco si contendono il mercato – il rapporto afferma che la totale dipendenza da un fornitore di tecnologia 5G proveniente da paesi in cui “non esistono controlli legislativi o democratici checks and balances” potrebbe rivelarsi una delle principali fonti di vulnerabilità. Stando allo studio, il rischio legato ai singoli fornitori può essere valutato sulla base di diversi fattori come “la probabilità che il fornitore sia soggetto all’interferenza di un paese non-Ue”. Questa interferenza può essere facilitata dalla presenza di un forte legame tra il fornitore e un governo di un paese terzo. Le reti 5G saranno la spina dorsale di molte applicazioni It cruciali con impatti più devastanti rispetto alle precedenti generazioni mobili su dati sensibili e servizi essenziali per il pubblico. Come ricorda il Corriere Comunicazione, “l’Europa intende passare in rassegna e aggiornare le attuali politiche e strategie di sicurezza applicabili al settore e al suo ecosistema. Entro il 31 dicembre 2019 il Gruppo di cooperazione Nis dovrà raggiungere un accordo sulle misure atte a mitigare i nuovi rischi di cybersecurity a livello nazionale e Ue. Inoltre, entro il 1 ottobre 2020, gli stati membri insieme alla Commissione europea dovranno valutare se occorrono nuove azioni per affrontare i rischi cyber connessi col 5G.” [fonte: NYT, CorCom]
Hong Kong: Apple rimuove app filo-proteste
La Apple ha deciso di rimuovere dallo store una discussa app che permette ai manifestanti di Hong Kong di monitorare i movimenti della polizia ed eludere le operazioni di sgombero. Secondo il colosso tecnologico americano, la piattaforma HKmap.live viola le regole aziendali, permettendo ai dimostranti di attaccare a sorpresa gli agenti e mettendo a rischio i residenti in aree non coperte dalle forze dell’ordine. L’inversione a U segue le accese critiche della stampa statele secondo la quale il servizio rende la Apple complice delle violenze commesse durante le proteste. “Lasciare che i software velenosi si facciano strada è un tradimento dei sentimenti del popolo cinese”, ha avvertito il megafono del PCC. HKmap.live non è la sola vittima dei ripensamenti dell’azienda. In queste stesse ore anche l’app del sito d’informazione Quartz è sparita dallo store di Apple Cina.[fonte: Reuters]
Pechino pianifica restrizioni sui visti per gli americani
La Cina sta pianificando restrizioni sui visti per i cittadini statunitensi collegati a gruppi anticinesi, hanno affermato a Reuters alcune fonti anonime vicine alle autorità cinesi. Le nuove regolamentazioni – frutto di mesi di lavoro del Ministero della Pubblica Sicurezza cinese – prevedono la limitazione della capacità di recarsi in Cina a chiunque venga impiegato o sponsorizzato dai servizi di intelligence statunitensi e da gruppi per i diritti umani. L’Amministrazione nazionale cinese per l’immigrazione non ha ancora rilasciato alcun commento in merito, ma gli esperti affermano che l’inasprimento delle restrizioni sui visti derivano dalla crescente preoccupazione di Pechino che Washington stia usando attivisti ed ONG per fomentare le proteste antigovernative ad Hong Kong. La limitazione degli accessi al paese va letta, dunque, nel più grande quadro del braccio di ferro tra Usa e Cina, come una vera e propria rappresaglia contro le misure ventilate da Washington per ostacolare i flussi di capitali verso la Cina e le nuove sanzioni americane contro i colossi tecnologici cinesi ritenuti complici della repressione delle etnie minoritarie islamiche. Un gioco di forza questo, che sta gettando molte ombre sull’imminente colloquio commerciale tra il vicepremier cinese Liu He ed il Segretario del Tesoro Steven Mnuchin, previsto a Washington nelle giornate di giovedì e venerdì. [fonte: Reuters]
Fischi all’inno cinese: la FIFA multa la Hong Kong Football Federation
La FIFA ha multato la Hong Kong Football Federation dopo che mercoledì i tifosi hanno fischiato contro l’inno nazionale cinese durante una partita contro l’Iran per la qualificazione ai Mondiali. La Commissione disciplinare della federazione internazionale ha comminato alla HKFF una sanzione di 15.000 franchi svizzeri (13.700 euro) per “disturbo durante gli inni nazionali; uso di oggetti per trasmettere un messaggio che non è appropriato durante gli eventi sportivi.” Lo scorso gennaio, il parlamento cinese ha proposto di aggiungere la National Anthem Law – introdotta in Cina nel 2017 – alla minicostituzione di Hong Kong. Secondo la legge, ”qualsiasi persona che abusi della Marcia dei Volontari per vantaggio commerciale o insulti pubblicamente e intenzionalmente l’inno può essere sottoposto a pene fino a 50.000 dollari di HK (US $ 6.380) e tre anni di prigione.” [fonte: Hong Kong Free Press]
Nel National Day Taiwan ha poco da festeggiare
La difesa della sovranità nazionale e il rifiuto della riunificazione con la Cina sulla falsariga di Hong Kong. Sono questi i temi ripresi nel discorso pronunciato questa mattina dalla presidente taiwanese Tsai Ing-wen in occasione dell’anniversario della fondazione della Repubblica di Cina, il nome ufficiale di Taiwan. Sottolineando il fallimento della formula adottata nell’ex colonia britannica , la leader filoindipendentisa ha affermato che “la Cina sta ancora minacciando di imporre a Taiwan il modello ‘un paese, due sistemi, e l’offensiva diplomatica e la coercizione militare rappresentano una seria sfida per la stabilità e la pace regionali”. Ma quest’anno le celebrazioni tradiscono il clima di incertezza causato dalle pressioni cinesi e il progressivo isolamento di Taipei sullo scacchiere globale. La popolazione locale ricorda come prima del 2000 le celebrazioni del 10 ottobre fossero contraddistinte da un’imponente parata militare e bandiere nazionali in ogni dove. Ma la nomina del primo presidente del Partito democratico progressista Chen Shui-bian ha coinciso con l’inizio di una crisi d’identità e una diminuzione del patriottismo. I nati dopo gli anni ’90 faticano ad identificarsi con quel passato sull’altra sponda dello Stretto. [fonte: Reuters, Scmp]
Singapore sorpassa gli USA e diventa l’economia più competitiva al mondo
Singapore si classifica al primo posto nel rapporto annuale sulla competitività del World Economic Forum, sorpassando gli Stati Uniti. L’indice, pubblicato mercoledì, misura fattori come la stabilità macroeconomica, le infrastrutture, il mercato del lavoro e la capacità di innovazione. Il successo di Singapore è dovuto ai brillanti voti per le infrastrutture, la sanità così come per il suo fiorente sistema finanziario, ma è indubbio che le tensioni commerciali globali abbiano favorito l’ascesa della città-stato in termini di competitività. Infatti, il rapporto ha osservato che Singapore sembra aver beneficiato della guerra commerciale tra Usa e Cina accogliendo i capitali cinesi in fuga dalle sanzioni americane, rafforzando così la sua posizione di principale hub di innovazione dell’Asia. Tuttavia, a differenza di paesi come il Vietnam, dove molte industrie cinesi hanno spostato la propria produzione per aggirare le sanzioni americane, la guerra commerciale non rappresenta un vantaggio netto per Singapore: il paese infatti dipende fortemente dalle esportazioni e un rallentamento cinese rappresenterebbe sicuramente una minaccia per l’economia singaporiana. Dopo Singapore e gli USA, Hong Kong, Paesi Bassi e Svizzera completano la top 5 delle economie più competitive secondo il World Economic Forum. [fonte: CNN]
China Files propone alle aziende italiane interessate alla Cina servizi di comunicazione quali: newsletter, aggiornamenti su specifici settori e gestione dei contenuti web sui social network locali, oltre a progetti formativi e approfondimento ad hoc. Contattaci a info@china-files.com