I titoli della rassegna di oggi:
– Anche la Repubblica democratica di Sao Tome e Principe scarica Taiwan
– Distrutte migliaia di moschee nello Xinjiang
– Donne cinesi prime al mondo per spesa nella chirurgia estetica
– In Cina cala la performance scolastica, ma è una questione di diseguaglianza
– Onu chiede indagine sulla confessione di Duterte
– La base aerea americana di Okinawa rimane a Okinawa Anche la Repubblica democratica di Sao Tome e Principe scarica Taiwan
«Pechino non dovrebbe sfruttare il buco nero finanziario di Sao Tome come un’opportunità per promuovere il suo principio di una sola Cina». E’ la reazione a caldo del ministero degli Esteri taiwanese alla notizia della decisione dell’ex colonia portoghese di interrompere i rapporti diplomatici con Taipei. L’ex Formosa non tenterà di richiamare a sé il paese africano con la dollar diplomacy», ha spiegato il dicastero. In Cina la decisione della rottura -che implica implicitamente un riconoscimento politico della Repubblica popolare- è stata accolta favorevolmente. Sopratutto alla luce dei recenti commenti di Donald Trump circa una possibile riapertura formale delle relazioni diplomatiche tra Washington e i vertici di Taipei. Sono circa una ventina gli Stati ancora fedeli a Taiwan. Sempre di meno da quando Pechino ha cominciato a investire massicciamente in Africa e America Latina, dove si concentra la maggior parte degli alleati taiwanesi.
Distrutte migliaia di moschee nello Xinjiang
Negli ultimi tre mesi, ovvero da quando è cambiato il segretario locale, nella regione autonoma uigura dello Xinjiang sono state distrutte migliaia di moschee. Secondo investigazioni di Radio Free Asia sarebbero circa 5000 gli edifici sacri fatti abbattere formalmente perché ritenuti vecchi, ma che fonti locali attribuiscono al pugno di ferro con cui Pechino tenta di governare l’area a prevalenza musulmana spesso vittima di disordini etnici e attacchi terroristici. Le demolizioni -che hanno interessato sopratutto le città di Kashgar, Aksu e Hotan- richiamano la campagna contro le croci che ha colpito le chiese della provincia del Zhejiang. Anche in questo caso le motivazioni ufficiali sono di ordine urbanistico, ma viene automatico leggerle alla luce delle numerose invettive contro la diffusione della religione al di fuori dei limiti imposti dal "socialismo con caratteristiche cinesi».
Donne cinesi prime al mondo per spesa nella chirurgia estetica
Secondo la britannica Insight Engineers, in Cina le donne spendo più che in altri paesi per operazioni di chirurgia estetica, ovvero 581 yuan al mese, pari a 83,50 dollari. Una cifra che corrisponde al doppio della media mondiale di 254 yuan, e 154 yuan più delle sudcoreane seconde classificate. A spingere le cinesi verso il bisturi è soprattutto la voglia di apparire più belle, non tanto il desiderio di fermare l’invecchiamento. Il che spiega la loro età particolarmente giovane. Un trend che oggi vale 400 miliardi di yuan è che continuerà a crescere del 20% all’anno, secondo Chinese Association of Plastics and Aesthetics. Quello cinese è ormai il terzo mercato al mondo dopo Usa e Brasile.
In Cina cala la performance scolastica, ma è una questione di diseguaglianza
Dal 2009, gli studenti cinesi hanno dominato incontrastati i risultati del PISA (Programme for International Student Assessment), suscitando le preoccupazioni degli Stati Uniti. Ma nel 2015 la performance degli studenti cinesi è precipitata verticalmente, con risultati sottotono anche in matematica e scienze, materie in cui in passato la Cina aveva eccelso. Il motivo non sta in un peggioramento effettivo ma in un differente metodo di calcolo che ormai prende in considerazione non più solo la ricca Shanghai ma anche altre parti del paese meno evolute. Alla base rimangono le profonde ineguaglianze del sistema scolastico cinese, che scarica la maggior parte delle spese sui governi locali. Risultato: qualità eccellente nelle metropoli e scarsità di mezzi nelle campagna, dove le scuole hanno a malapena banchi e libri di testo. Tra il 2014 e il 215 sono state 168 le rimostranze, tra scioperi e proteste, messe in campo dagli insegnanti delle aree rurali.
Onu chiede indagine sulla confessione di Duterte
L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha invitato le autorità giudiziarie filippine a indagare sul coinvolgimento del presidente Duterte nella lunga scia di uccisioni che sta accompagnando la lotta al crimine nel paese asiatico. Il commento arriva a circa una settimana dall’ammissione del Giustiziere di aver personalmente freddato almeno tre criminali quando era sindaco di Davao. «Le autorità giudiziarie devono appoggiare lo Stato di diritto e dimostrare la loro indipendenza dall’esecutivo», ha dichiarato martedì Zeid che ha precisato «sarebbe assurdo non indagare una persona che ha ammesso chiaramente di aver ucciso». Da quando Duterte ha assunto il suo ruolo oltre 6000 persone sono morte per mano della polizia e di ignoti vigilantes.
La base aerea americana di Okinawa rimane a Okinawa
Nella giornata di martedì la Corte Suprema giapponese ha avvallato la proposta dei governi americano e giapponese di spostare la base aerea statunitense di Okinawa in un’area meno abitata per ragioni di sicurezza. Una decisione invisa alla popolazione che avrebbe voluto il trasferimento al di fuori dell’isola, bastione della presenza americana in Asia fin dalla seconda guerra mondiale. La sentenza della Corte arriva a pochi giorni dalla ripresa delle attività aeree dei Marines, interrotte dopo lo schianto di un velivolo a largo della costa orientale di Okinawa, la scorsa settimana. Giovedì proteste popolari contro la controversa presenza americana -fonte di crimini e incidenti di varia natura- dovrebbero vedere anche la partecipazione del governatore dell’isola. Intanto questa mattina è stata annunciata la restituzione da parte dell’esercito americano di 4000 ettari di foresta, la cessione più consistente dal 1972 a oggi.