L’automazione è già costata alla Cina il 40% dei posti di lavoro
Negli ultimi tre anni, l’automazione ha portato a un taglio della forza lavoro del 30–40% nelle province del Zhejiang, Jiangsu e Guangdong. Lo rivela un rapporto del think tank governativo China Development Research Foundation. Lo sviluppo di nuove tecnologie unitamente allo sfoltimento della manodopera nei comparti affetti da sovrapproduzione, come acciaio e carbone, costituisce un mix preoccupante per il ministero delle Risorse umane cinese. Che chiarisce: l’ aumento della disoccupazione strutturale è il risultato dello squilibrio tra la fornitura di lavoratori poco qualificati e istruiti, e lo spostamento della domanda verso forza lavoro più qualificata.
L’esposizione debitoria protagonista del vertice Cina-Africa
Alla vigilia del Forum on China-Africa Cooperation, in agenda per il prossimo mese, la priorità per i partner africani è soltanto una: alleggerire l’esposizione debitoria nei confronti del gigante asiatico. Secondo la Reuters, Angola e Congo hanno già raggiunto un accordo di ristrutturazione del debito mentre Zambia ed Etiopia sono in procinto di avviare trattative. Dal 2000 al 2016, la Cina ha prestato circa 125 miliardi di dollari al continente per progetti infrastrutturali e di sviluppo, stando alla China-Africa Research Initiative (CARI). Complici i tassi più basso e a lungo termine rispetto a quelli offerti dagli istituti multilaterali. Oggi il credito cinese è la principale fonte di rischi finanziari nella Repubblica del Congo, Gibuti e Zambia. “Dov’è l’America? Dove sono gli investimenti dell’Europa? Noi siamo pronti. Perché stanno lasciando l’intero continente alla Cina? Devono incolpare soltanto loro stessi se ormai sono fuori dai giochi”, spiega Aboubakar Omar Hadi, presidente della Djibouti Ports and Free Zones Authority.
Guerra commerciale ed epidemie
Da più di un anno, il governo cinese si rifiuta di cedere agli Usa informazioni sul virus influenzale H7N9 in rapida espansione in violazione all’accordo stabilito dall’OMS, secondo il quale i paesi partecipanti devono trasferire campioni di laboratorio relativi a influenze con potenziale pandemico a centri di ricerca designati “in modo tempestivo”. A più di un anno da un’ondata devastante di infezioni da H7N9 — 766 casi sono stati segnalati in Asia, quasi tutti in Cina — i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie sono ancora in attesa. Per oltre un decennio, dati e campioni epidemiologici sono stati strumentalizzati dagli stati coinvolti in guerre commerciali mettendo a rischio la salute dei cittadini. Paradossalmente per la Cina le epidemie sono un peso economico— l’ondata di infezioni da H7N9 nel solo 2013 è costata alla Cina più di 6 miliardi di dollari, secondo le Nazioni Unite — ma possono fornire un vantaggio competitivo nello sviluppo di nuovi trattamenti.
I vaccini sono tra i prodotti ancora a rischio dazi.
I sogni ferroviari di Kim
Un mese prima della sua morte nel 1994, Kim Il-sung, nonno del leader nordcoreano Kim Jong-un — nonché presidente eterno della Repubblica popolare democratica di Corea — affermò che una ferrovia in grado di connettere le due Coree, la Cina e la Russia avrebbe portato nelle casse del Regno Eremita 1,5 miliardi di dollari l’anno per il trasporto di commodities. Memore delle elucubrazione nonnesche, secondo Reuters, il giovane Kim sarebbe in contatto con consulenti sudcoreani e francesi per costruire un network ad alta velocità in grado di rivaleggiare con le ferrovie europee e sudcoreane. Mentre il progetto rischia di incontrare le resistenze di Washington, Pechino e Seul si sfregano le mani. Una migliore viabilità a nord del 38esimo parallelo porterebbe innegabili benefici economici anche per i due vicini asiatici. Nel luglio 2017, il direttore della Asian Infrastructure Investment Bank Jin Liqun affermava che l’istituto “potrebbe finanziare progetti infrastrutturali in Corea del Nord, se il suo consiglio di amministrazione fosse d’accordo”.