Nella provincia dello Zhejiang corsi di tecnologia nelle scuole diventeranno parte dei curricula. Dialoghi: Confucio e China Files è una rubrica in collaborazione con l’Istituto Confucio di Milano
Non è mai troppo presto per cominciare a coltivare l’intelligenza. Anche quella artificiale. Questo l’obiettivo di lungo respiro del governo della Repubblica Popolare Cinese per creare una nuova generazione di cittadini preparati sul fronte tecnologico, dalle piattaforme digitali a all’intelligenza artificiale. L’amministrazione provinciale dello Zhejiang ha annunciato di voler implementare corsi di intelligenza artificiale nelle scuole, come parte delle iniziative nazionali di sviluppo “sano e controllato” dell’intelligenza artificiale per il Paese.
La notizia arriva dal quotidiano locale Zhejiang, The Paper, che dà conto di un progetto di integrazione delle conoscenze legate al mondo tecnologico nelle scuole elementari, medie e superiori. Secondo le prime indiscrezioni il segmento di studio dell’intelligenza artificiale sarà integrato nei programmi di matematica e scienze e farà parte di un più ampio progetto di formazione per le nuove generazioni.
Proprio nella provincia madre del colosso tecnologico Alibaba dunque, partirà uno dei progetti chiave per implementare la visione del Partito Comunista Cinese che vede nell’intelligenza artificiale e nelle tecnologie di ultima generazione il nuovo motore per la crescita economica del Paese. Già lo scorso anno a Wenzhou, sempre nello Zhejiang, la municipalità locale aveva emesso delle linee guida per l’introduzione nelle scuole di centri di ricerca sull’IA, con un progetto che arriverà a contare fino a 100 scuole e 1000 laboratori sperimentali per i ragazzi entro il 2025.
Gli sforzi del governo cinese nel porre le basi per la nuova industria digitale da tempo passano infatti anche dall’istruzione. Agevolazioni e finanziamenti nei programmi di ricerca e dottorati hanno portato, per esempio, a un aumento del 40% degli studenti in materie STEM (Science Technology Engineering and Mathematics) negli ultimi cinque anni. Spinta in questa direzione anche da parte dei colossi tecnologici impegnati nel campo dell’istruzione, che dopo essere stati costretti a ridurre (o chiudere in toto) le app di tutoraggio privato all’interno del crackdown al tecnologico introdotto negli ultimi tre anni dal presidente Xi Jinping, hanno virato con i loro servizi verso applicazioni di programmazione e coding per ragazzi. Tra queste la popolare Code Cat, ma anche UBTech di Tencent.
La priorità dell’intelligenza artificiale, da impiegare in ambito civile tanto quanto in quello militare, è stato ribadito come “priorità” all’interno dell’ultimo piano quinquennale di sviluppo del Pcc e come ribadito all’interno di un report dell’International Data Corporation citato su Sixth Tone, la Cina raddoppierà la sua spesa nel settore dell’IA fino ad arrivare a 27 miliardi di dollari di investimenti entro il 2026. Punto focale della crescita economica del futuro, la formazione e specializzazione degli studenti cinesi in materie affini alla sfera tecnologica è parte integrante della strategia del Partito. Le materie tecnologiche sono già diventate materie d’esame all’interno del gaokao, il temutissimo esame di ammissione all’università frequentato ogni anno da milioni di cinesi.
Il tema dell’intelligenza artificiale è stato affrontato anche durante le Due Sessioni, l’appuntamento legislativo del governo cinese concluso lo scorso 12 marzo. Durante i lavori del Congresso Nazionale del Popolo il ministro della Scienza e della Tecnologia Wang Zhigang ha ribadito che l’autosufficienza tecnologica è tra gli obiettivi principali del governo ma si è mostrato scettico nei confronti di intelligenze artificiali come ChatGPT. La strategia cinese sarebbe infatti quella di sviluppare un settore dell’IA “controllato ed etico”, sotto la supervisione delle autorità di controllo del digitale in Cina come la Cybersecurity Administration of China.
Di Lucrezia Goldin
Giornalista praticante, laureata in Chinese Studies alla Leiden University. Scrive per il FattoQuotidiano.it, Fanpage e Il Manifesto. Si occupa di nazionalismo popolare e cyber governance si interessa anche di cinema e identità culturale. Nel 2017 è stata assistente alla ricerca per il progetto “Chinamen: un secolo di cinesi a Milano”. Dopo aver trascorso gli ultimi tre anni tra Repubblica Popolare Cinese e Paesi Bassi, ora scrive di Cina e cura per China Files la rubrica “Weibo Leaks: storie dal web cinese”.