Il video – La Repubblica popolare di Bolzano

In by Simone

La Repubblica popolare di Bolzano è un progetto di Visual Journalism. Infografiche, video interviste e brevi passaggi per arrivare dritti al punto: chi sono i cinesi che vivono a Bolzano? Perché parlare di invasione cinese è falso? Chi sono gli ideatori e i realizzatori della Repubblica Popolare di Bolzano, perché vi siete concentrati su questo argomento, rispetto ad altre comunità di immigrati presenti in città?

RPB è un progetto di visual Journalism che vuole smontare il luogo comune di un’invasione cinese a Bolzano, mostrando invece come si stia assistendo ad un’integrazione della comunità cinese con quella locale. Il progetto ruota quindi su tre figure cardine: un giornalista (Fabio Gobbato), un’antropologa (Sarah Trevisiol) ed un designer (Matteo Moretti) ai quali si sono aggiunti un ingegnere del software (Daniel Graziotin, ha implementato i grafici animati) ed un ulteriore designer (Gianluca Seta, si è occupato della visualizzazione cartacea pubblicata sul Corriere dell’Alto Adige) che lavorano insieme ed in continuo scambio per raccontare la storia con i mezzi ed i tempi del web, per generare un dibattito all’interno della comunità locale.

Ci siamo concentrati sui cinesi perchè sono uno dei più grandi paradossi sul rapporto con gli immigrati dei Bolzanini: rappresentano lo 0,6% della popolazione locale ma sono stati spesso dipinti dalla stampa locale come invasori, chiusi nella loro comunitò, che lavorano in maniera poco chiara. E’ vera una cosa: lo 0,6% della popolazione possiede il 11,5% dei bar e l’11,8% dei ristoranti, possiamo parlare di un’incredibile capacità imprenditoriale, ma il termine “invasione” è decisamente esagerato e fuori luogo.

Quali sono gli aspetti fondanti del Visual Journalism e come li avete applicati nella vostra ricerca?

Comunicare tematiche complesse ad un pubblico ampio, cercando di condensare e rendere digeribili tutti i fattori che intervengono sul fenomeno che si va a raccontare, senza renderlo banale. I pionieri del VJ sono Otto Neurath, ad esempio, che ha creato ISOTYPE, un linguaggio basato su simboli facilmente comprensibile per comunicare (negli anni dopo la guerra) tematiche sociali a persone poco istruite. Nel caso del VJ, non ci rivolgiamo a persone poco istruite, semmai a persone sovra-informate, con poco tempo per andare a fondo di una notizia o trovarne le fonti per verificarla.

L’informazione su internet e sulla carta stampata è sempre più superficiale, pocchissimi approfondimenti che vengono letti poco, per mancanza di tempo o per eccessiva stimolazione. L’idea alla base del VJ è quindi di rendere l’informazione un’esperienza piacevole, che stimoli all’approfondimento, anzichè fermarsi ai dati iniziali.

Abbiamo cosi deciso di tenere tutta la narrazione in una pagina sola, affinchè chi navighi non venga distratto o non si perda nella navigazione; dopodichè l’inchiesta è stata suddivisa in piccole unità informative, ognuna indipendente dall’altra, alternando grafici a testi, dati a metafore visive, con un duplice effetto: chi naviga può saltare da un punto all’altro della pagina, senza perdere il filo del discorso, oppure può navigare in modo tradizionale (dall’alto verso il basso) per avere una narrazione organica.

Inoltre abbiamo favorito una visualizzazione dei dati il meno astratto possibile, mi spiego: le statistiche dicono tutto e niente, un dato estrapolato dal suo contesto diventa un numero vuoto, cosi come un grafico con barre colorate, difficilmente si racconterà da solo, se non accompagnato da un minimo di testo che lo contestualizzi.

Cosi, nel caso ad esempio dei bar e dei ristoranti, anzichè usare un tradizionale istogramma o un grafico a torta, abbiamo deciso di rappresentare la non-invasione come una forchetta dove l’11,8% è cinese

Un grafico semplice, che parla quasi da solo, in cui due barre anonime sono state sostituite da elementi fotografici che producono senso ed un’immediato collegamento al tema. Altra parte fondamentale del lavoro è stata quella di affiancare un’indagine antropologica a quella statistica, ancora una volta per andare oltre ai numeri, mostrando chi sono, cosa pensano e provano i cinesi a Bolzano. Abbiamo cosi girato 8 interviste qualitative con alcuni esponenti della comunità cinese, cercando di mostrare come sia eterogenea la sua composizione e come i luoghi comuni siano distanti dalla realtà. Spesso basta una domanda per andare oltre al muro del pregiudizio, l’abbiamo fatta anche per chi non ha tempo o voglia di farla.


La Repubblica popolare di Bolzano vuole sfatare il mito dell’invasione cinese nella città, potete descriverci le particolarità della comunità cinese a Bolzano rispetto alle altre grandi città italiane?

Stiamo assistendo ad un’integrazione molto interessante: fin’ora non esiste una Chinatown ed anche le attività commerciali si sono sviluppate su tutta l’area urbana, senza un particolare disegno, ordine o area di interesse. I cinesi nati in Cina che hanno poi frequentato le scuole italiane mostrano, oltre ad una sbalorditiva padronanza linguistica, una mentalità molto aperta, capace di coniugare Oriente ed Occidente con serenità.

Attraverso le loro parole diventa chiaro come la cultura cinese stia cambiando anche grazie al contributo dei giovani e all’intreccio tra culture diverse, ma anche come continui ad esistere un immaginario negativo e chiuso sulle comunità cinese, alimentato dai media e dalla scarsa conoscenza diretta di persone cinesi o italo-cinesi. Le situazioni equivoche alimentano inevitabilmente luoghi comuni, che bisogna cercare di sfatare grazie a testimonianze e spiegazioni reali.

In sintesi la particolarità della comunità cinese di Bolzano è che è integrata più di quanto si pensi nel tessuto sociale, un indicatore è contenuto nelle interviste che abbiamo raccolto: i più giovani si sentono Bolzanini (Yanghui, Romina) mentre i più adulti non vedono il proprio futuro in Cina ma in Italia (Hongling, Ju Wu Xu).

Come reagisce la comunità cinese e/o i singoli individui che avete incontrato agli stereotipi di cui spesso vengono tacciati (es. i cinesi non muoiono mai)?

Tutte le culture sono investite da luoghi comuni, basti pensare al classico “pizza, spaghetti, mafia e mandolino” che relega gli italiani ad un’immagine ben distante dalla realtà, se uno ti chiede “E’ vero che siete tutti mafiosi?” tu come reagiresti? Io rido davanti all’ingenuità della domanda. Cosi è infatti stata la reazione dei cinesi quando è stato chiesto loro se “è vero che mangino i cani” piuttosto che “brucino i cadaveri per riciclarne i documenti”, alcuni degli intervistati non erano nemmeno a conoscenza di queste leggende metropolitane.

Come avete scelto le persone da intervistare? Quali sono i punti in comune che hanno gli intervistati e dove si differenziano? Potete raccontarci cosa vi a colpito dei giovani cinesi di Bolzano?

Abbiamo scelto 8 persone molto diverse tra loro, proprio per dimostrare quanto all’interno della comunità cinese ci siano esperienze, opinioni e personalità differenti. I giovani hanno solitamente anni di studio alle spalle, spesso sono laureati, hanno ottime credenziali e grandi ambizioni, che a volte li spingono persino fuori dall’Italia, via dalla crisi, forse addirittura verso la Cina dove il boom economico sembra offrire molte opportunità. I loro genitori, i primi immigrati, solitamente invece sono arrivati con una formazione più ridotta ma determinati ad offrire una vita migliore ai propri figli e genitori.

Dopo anni di sacrificio, in cui hanno vissuto anche parecchi anni separati dai propri figli, lasciati ai nonni in Cina, sono riusciti ad aprire la propria attività e a ricongiungersi con i propri familiari. I giovani cinesi o italo-cinesi sanno apprezzare il dono dei genitori, mantenendo non solo un’altissima stima di chi è più anziano, ma anche aiutandoli a sbrigare le pratiche burocratiche italiane, a gestire le loro attività commerciali, ad imparare le lingue locali e a mantenere i rapporti con la popolazione autoctona.

Questo profondo legame familiare è il motore di grandi imprese, perché ogni successo e insuccesso viene condiviso: ad esempio Yingjun, arrivata dalla Cina a quattordici anni e diplomatasi quattro anni dopo con il massimo dei voti ora frequenta l’università di economia a Trento e un giorno provvederà ai propri genitori, mentre i risparmi di tutta una vita dei genitori di Ju Wu Xu, gli hanno permesso di aprire un ristorante tutto suo.

Quali sono state le maggiori difficoltà che hanno incontrato arrivando in Italia e oggi come si pongono rispetto alla Cina?

Una delle maggiori difficoltà per i primi arrivati è sicuramente stata quella di ottenere il permesso di soggiorno. Molti sono arrivati da clandestini, sono stati costretti a lavorare in condizioni molto estenuanti, per poi provare ad ottenere il permesso di soggiorno e dopo anni il ricongiungimento familiare. Sono situazioni strazianti: vivere separati dai figli, non conoscere la lingua e la cultura del paese d’arrivo, lavorare sette giorni su sette, sentirsi negare degli alloggi in quanto stranieri, studiare la notte per superare dei test di lingue, fare file in questura per chiedere dei documenti, non avere i propri titoli riconosciuti etc.

La vita di molti immigrati cinesi, alla pari di altri immigrati, inizialmente è molto difficile, ma ciò che sicuramente distingue la comunità cinese da altre, è la grande coesione tra i membri che si sostengono a vicenda anche per tutto l’arco di una vita. La vita di chi è venuto in Italia da piccolo o è persino già nato in Italia riserva altre difficoltà, tra cui la necessità di conquistare pari opportunità e momenti di vera interazione con gli autoctoni, l’esigenza di conciliare culture e tradizioni molto diverse tra loro e affrontare i generali turbamenti legati alla maturazione.
La Cina, con la sua crescita economica, è una meta allettante non solo per chi va in pensione e vuole godersi in tranquillità gli ultimi anni di vita, ma anche per chi scappa da un paese in recessione come l’Italia alla ricerca di fortuna altrove. Bolzano però sembra ancora rispecchiare un modello di benessere e qualità della vita, che mette in forte discussione la scelta su un possibile futuro in Cina.

Bolzano è di per sé una realtà complessa dal punto di vista linguistico, il bilinguismo (italiano-tedesco) è una parte preponderante della vita quotidiana. Come si pone la comunità nell’utilizzo delle due lingue? Possono rappresentare un terzo polo per far evolvere la società contemporanea bolzanina in una dimensione più moderna che esuli dal dualismo “parlanti italiano” e “parlanti tedesco”?

Con il nostro laboratorio sul visual journalism abbiamo già raccontato come il modello scolastico sudtirolese sia stato messo in discussione grazie agli immigrati

Uno degli obiettivi che volevamo raggiungere era quello di mostrare come i cinesi approdino ad entrambe le lingue senza pregiudizi e come per certi versi l’integrazione cinese possa diventare un modello anche per quella Bolzanina, dove tuttora due società separate convivono nello stesso territorio. Le storie di chi emigra per lavoro, sono spesso durissime, raccontano di sacrifici, determinazione, speranza e fatica. Abbiamo voluto portarle all’attenzione della comunità bolzanina, spesso troppo occupata dalle diatribe locali per accorgersi di come essa stessa sia in rapido cambiamento. La società Bolzanina sta attraversando un periodo di forti cambiamenti sociali e commerciali che stanno plasmando la città e le abitudini dei suoi abitanti anche grazie agli immigrati.