Il presidente della Repubblica è visto da Pechino come il vero garante dei rapporti bilaterali. Significativi i richiami al libero commercio e il rifiuto di una nuova divisione in blocchi
La pianista Jin Ju si prepara a suonare nella cappella Paolina del Quirinale. In un messaggio scritto, Xi Jinping si dice “commosso” dopo che Sergio Mattarella ha definito il coronavirus “un nemico comune”. È il 13 febbraio 2020. Il presidente della Repubblica ospita un concerto straordinario Italia-Cina, mossa riparatrice pochi giorni dopo che il governo Conte ha chiuso per primo i voli diretti col paese asiatico. Ieri, Xi e Mattarella erano insieme all’Opera di Pechino per un concerto basato sui lavori di Giacomo Puccini.
In questi quattro anni e otto mesi è successo di tutto. La pandemia, Mario Draghi, le nuove guerre, Giorgia Meloni. Soprattutto, sul fronte dei rapporti bilaterali, l’uscita dell’Italia dalla Via della Seta. Ancora una volta, con la sua visita Mattarella è chiamato alla grande opera diplomatica volta a sanare definitivamente lo strappo causato dalla decisione di Palazzo Chigi, già parzialmente ricucito dalla stessa Meloni nel suo viaggio di luglio. Allora, su piazza Tian’anmen la bandiera italiana era accompagnata da quella di Timor Est. Già, perché Xi aveva ricevuto a distanza di poche ore sia lei che il presidente del piccolissimo paese del Sud-Est asiatico, José Ramos-Horta, che il giorno dopo si conquistò la foto principale sul Quotidiano del Popolo.
Stavolta, i 21 colpi di cannone e l’inno nazionale sono solo per Mattarella, ricevuto da Xi come “amico del popolo cinese e mio amico”. Non è una sorpresa. La Cina ha spesso fatto i conti coi frequenti cambi di premier e governo italiani, spesso portatori di contropiede e retromarce sui rapporti bilaterali. In questo scenario volatile, Mattarella rappresenta la continuità nelle relazioni. Pari grado di Xi, nella narrazione dei media si tende talvolta anche ad amplificare il suo peso politico e si presenta la sua visita come una prova che “molti paesi considerano la Cina un guardiano chiave della pace e della stabilità globale”. D’altronde, il capo dello stato italiano piace sin da quando nel 2017 scelse di visitare Xi’an, capitale dell’antica Via della Seta. Una cortesia ricambiata nel 2019 da Xi, che si recò in Sicilia, la sua regione d’origine.
Nei loro 50 minuti di colloquio ufficiale, Xi e Mattarella hanno esaltato la “tradizione di apertura, inclusività” di Cina e Italia, “due antiche civiltà che dovrebbero promuovere il superamento dei conflitti attraverso il dialogo”. Il leader cinese usa le parole “armonia” e “simbiosi”, il presidente della Repubblica parla di “fiducia” nella collaborazione con Pechino, di cui riconosce il “ruolo fondamentale per rispondere alle sfide globali”. Proprio mentre il ritorno di Donald Trump sembra anticipare nuove guerre sui dazi, Xi e Mattarella parlano della necessità di un “mercato più libero e senza barriere”. L’Italia punta ad aumentare le esportazioni di alta qualità verso il gigante asiatico, la Cina ambisce invece a presentarsi come garante del libero commercio e grande accusatore delle spinte protezionistiche che potrebbero rafforzarsi negli Usa. Significativo il no di Mattarella a “ingiustificati steccati”, il richiamo a un multilateralismo “fondato su regole certe”, e il rifiuto di “anacronistici ritorni a un mondo di blocchi contrapposti”.
Sfruttando il 700° anniversario della morte di Marco Polo, sono stati siglati dieci accordi su: collaborazione cinematografica, traduzione e pubblicazione di classici, concorrenza, internazionalizzazione delle imprese, valorizzazione dei siti Unesco, accademia. C’è anche un accordo di cooperazione scientifica tra il ministero della Scienza e della Tecnologia cinese e il Consiglio nazionale delle ricerche, mentre Mattarella ha menzionato lo spazio come ambito di collaborazione. Da qui, si punta a riempire il piano d’azione triennale di rafforzamento del partenariato strategico predisposto da Meloni, con possibili sviluppi sugli investimenti nell’industria tecnologica verde.
Oggi Mattarella, accompagnato nel suo viaggio da Antonio Tajani e dalla figlia Laura, incontra il premier Li Qiang e tiene una lectio magistralis all’Università di Pechino. Domani e lunedì le tappe di Hangzhou, città natale del colosso digitale Alibaba, e Guangzhou, cruciale snodo commerciale dove incontrerà una rappresentanza del mondo imprenditoriale in Cina.
Di Lorenzo Lamperti
[Pubblicato su il Manifesto]
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.