Giappone e Corea del sud partecipano al vertice per la terza volta consecutiva. La Cina osserva con fastidio, mentre la Corea del nord invia allievi militari in Russia
La Nato piazza le sue bandierine in Asia orientale. Non ufficialmente, certo, visto che il nome dell’organizzazione resterà ancora Alleanza atlantica. Ma la presenza nel Pacifico si fa sempre più concreta. E non solo attraverso le varie emanazioni delle piattaforma di sicurezza a guida statunitense come Quad (Usa, Giappone, Australia, India), Aukus (Usa, Regno unito, Australia) e la neonata Squad (Usa, Giappone, Filippine). Il summit Nato iniziato a Washington ha tra i suoi temi chiave le partnership globali. Come dichiarato dal segretario generale uscente Jens Stoltenberg, “come abbiamo visto in Ucraina, la nostra sicurezza non è regionale, è globale” e che è importante “lavorare a stretto contatto con i nostri amici nell’Indo-Pacifico”.
Ed ecco allora presenti al vertice i leader di Giappone, Corea del sud, Australia e Nuova zelanda. A Washington si certifica un processo cominciato da qualche anno, che mira a un progressivo inserimento di questi paesi nella strategia di sicurezza Nato. Il cambio di passo c’è stato con la guerra in Ucraina. Nel 2022 c’è stata la prima storica partecipazione al summit Nato dei leader di Giappone e Corea del Sud, quest’anno alla terza apparizione consecutiva. Già l’anno scorso Tokyo e Seul hanno firmato due documenti bilaterali di partnership. Ma stavolta il vertice dovrebbe concludersi col primo documento congiunto coi partner non membri. Verrà formalizzata la cooperazione su cybersicurezza, contrasto alla disinformazione e sicurezza marittima. Già ci sono diversi accordi bilaterali di sviluppo congiunto di sistemi di difesa e di libero accesso alle basi militari, l’ultimo dei quali siglato proprio nei giorni scorsi tra Giappone e Filippine, proprio in un momento di grande tensione nella disputa territoriale nel mar Cinese meridionale tra Manila e la Cina.
Soprattutto il Giappone sembra disposto a fare passi ulteriori. Oggi il Nikkei, uno dei principali media asiatici, parla in un commento di “tacito ingresso” di Tokyo nella Nato. Ed è già sul tavolo da un po’ la possibile apertura di un ufficio dell’Alleanza atlantica nella capitale giapponese, ipotesi stoppata in extremis al vertice dello scorso anno dal presidente francese Emmanuel Macron. Solo un rinvio. Il premier Fumio Kishida è tra l’altro il più convinto assertore dell’interconnessione tra fronte europeo e fronte asiatico.
A proposito di questo, il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol proverà a sensibilizzare i paesi Nato sulla “minaccia” rappresentata dalla nuova alleanza militare tra Corea del nord e Russia. Senz’altro ci saranno nuove pressioni su Seul per mandare armi all’Ucraina e non è escluso che arrivi qualche segnale di apertura strategico, per dare un segnale a Mosca.
Osserva con estremo fastidio la Cina. Ieri, il ministero degli Esteri ha definito la Nato un residuo della guerra fredda che si crea nemici immaginari e agisce come un bullo sulla scena mondiale. “La sicurezza della Nato è costruita sull’insicurezza altrui”, ha detto il portavoce Lin Jian. I rapporti si sono deteriorati dal 2022, quando per la prima volta la Nato ha definito la Cina una “sfida sistemica”. Pechino denuncia da tempo quello che definisce “espansionismo” della Nato in Asia-Pacifico, ricalcando un po’ la posizione espressa da lungo tempo dalla Russia sull’Europa orientale. Oltre alla retorica, che sarà modulata a seconda delle tonalità del documento finale, va registrata anche qualche mossa sul piano militare. La scorsa settimana sono state condotte manovre navali congiunte con la Russia nel Pacifico. E per la prima volta Pechino ha mandato delle sue truppe in Bielorussia, arrivate lunedì per delle esercitazioni non lontano dal confine con la Polonia. Come a dire: se la Nato ha alleati vicino a noi, anche noi abbiamo alleati vicino alla Nato.
Ancora più esplicite le mosse della Corea del nord, che definisce “minaccia esistenziale” il rafforzamento dei rapporti militari tra Tokyo, Seul e la Nato. In questi giorni, si trova a Mosca una delegazione di allievi militari nordcoreani d’elite. Si tratta del primo scambio ufficiale tra le due forze armate dopo che Vladimir Putin e Kim Jong-un hanno firmato nelle scorse settimane un nuovo trattato di mutua difesa.
Di Lorenzo Lamperti
[Pubblicato su il Manifesto]
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.