Assente dalla scena politica per alcuni giorni, Bo ricompare in pubblico venerdì scorso. Ha recitato una poesia classica cinese e ha specificato la propria estraneità ai fatti collegati a Wang Lijun. Bo Xilai ha usato una metafora per dichiarare la sua innocenza.
Bo Xilai, potente leader del partito di Chongqing, lanciato verso una splendida carriera politica e recentemente messo in mezzo da una vicenda che ricorda una spy story da guerra fredda, è tornato a parlare in pubblico, dopo la tempesta politica che lo ha investito.
Ricapitolando: il suo braccio destro, Wang Lijun, qualche settimana fa ha sentito odore di bruciato e si è rifugiato nel consolato americano di Chengdu. Temendo per la propria vita o di essere sotto indagine, in ogni caso è apparso disperato, tanto da chiedere asilo politico agli americani: lui era il super poliziotto assurto alle cronache come l’eroe senza macchia.
L’uomo d’azione del boss Bo Xilai nella strenua lotta alla criminalità organizzata cinese, Wang Lijun, è uscito infine dal consolato, scortato dalla polizia di Pechino per scomparire dalla scena.
Prima è stato dato “in vacanza”, perché stressato, poi è stata annunciata la sua messa sotto indagine. In molti ritengono che l’obiettivo non fosse tanto il poliziotto, quanto Bo Xilai, la cui carriera molto “egocentrica” – sparata diretta verso un posto nella Commissione Centrale del Politburo previsto per il prossimo ottobre – potrebbe aver infastidito qualcuno a Pechino.
In particolare il capo di tutti, Hu Jintao, ancora al potere e poco avvezzo ad apprezzare i principini come Bo, ovvero i figli dei padri della rivoluzione comunista.
Hu Jintao infatti viene dalla Lega del Giovani comunisti, ha costruito la propria carriera all’interno del partito e non vede di buon occhio chi invece ha “sangue blu” comunista. Bo Xilai era stato assente dalla scena politica, per alcuni giorni.
Venerdì scorso, però, è tornato a parlare in pubblico: ha incontrato il capo del partito comunista del Vietnam a Chongqing. Ha recitato una poesia classica cinese, inerente al fiore di loto, specificando la propria estraneità ai fatti collegati a Wang Lijun. Bo Xilai ha usato una metafora per dire una cosa semplice e chiara: sono innocente.
Bo Xilai, il capo del Partito di Chonqing, dopo lo scandalo che aveva investito il proprio braccio destro Wang Lijun, non era apparso in pubblico per parecchi giorni.
Venerdì invece è tornato a parlare in pubblico, in occasione dell’incontro con il leader del partito comunista vietnamita a Chongqing. Per Bo, la cui carriera politica è appesa ad un filo, un’occasione per smarcarsi dalle accuse e dal terremoto politico che ha visto protagonista Wang Lijun, l’uomo che lo ha sostenuto e aiutato nella feroce lotte contro le triadi a Chongqing, che ne dichiarò la notorietà nazionale.
“Il capo del Partito Comunista di Chongqing Bo Xilai – ha scritto oggi 20 febbraio il South China Morning Post – è tornato a parlare pubblicamente, dopo una cospicua assenza dovuta ad eventi che sono stati una specie di tempesta politica che ha peggiorato la posizione della sua carriera”.
Bo è un “principino” – suo padre era un veterano comunista rivoluzionario – ed era considerato un concorrente importante per un posto “nel cerchio più interno del potere del partito in vista dei cambiamenti entro la fine dell’anno”. Venerdì è apparso prendere le distanze dal suo braccio destro, l’ex capo della polizia Wang Lijun.
Bo Xilai, incontrando in una visita ufficiale il leader del Partito comunista vietnamita a Chonqging, ha recitato un classico della letteratura cinese, “L’amore per il fiore di loto”, sottolineando “l’importanza dei quadri di partito che vivono “puliti” anche in un ambiente corrotto, secondo quanto riportato da un quotidiano di Chongqing ieri”.
Secondo alcuni analisti politici citati dal quotidiano di Hong Kong, Bo potrebbe essere stato implicato nello scandalo, per alcune mire di Hu Jintao, l’attuale presidente, che punterebbe a sostituirlo all’interno della Commissione Permanente (ad ottobre cambieranno i sei noni del centro del potere politico cinese) con un suo alleato.
Il nome è quello del capo del partito in Hunan Zhou Qiang che “sarebbe stato preso in considerazione come l’uomo capace di sostituire Bo nel Politburo. Zhou è un membro chiave dei Tuanpai – ovvero i politici cinesi con un background nella Lega della Gioventù Comunista – la base del potere di Hu”.
Secondo un esperto di politica cinese citato dal South China Morning Post, con la poesia sul fiore di loto, “Bo a quanto pare vuole prendere le distanze e dissociarsi da Wang, data la crescente possibilità che le accuse che affliggono Wang possano essere vere”.
Il Professor Zhang Ming, un analista politico presso l’Università Renmin di Pechino, ha osservato che il fiore di loto, simbolo di purezza, era stato menzionato da generazioni di politici cinesi per la sua capacità di elevarsi al di sopra delle acque fangose.
“Bo è profondamente consapevole di tutte le voci politiche che puntano allo stretto legame tra Wang e se stesso, e il suo messaggio è semplice e chiaro: sono innocente”, ha detto Zhang.
[Scritto per Lettera43; foto credits: smh.com.au]