Sarà un progetto pilota, un esperimento che, in caso di risultati soddisfacenti, verrà esteso in altre zone del paese. Come sempre la Cina è abituata a ragionare sul lungo periodo, quindi gli eventuali effetti – positivi o negativi che siano – saranno visibili solo nei prossimi decenni. Ma intanto si possono fare interessanti riflessioni sulle nuove idee del governo cinese, che intende utilizzare Hainan come laboratorio per le politiche future. Già, perché Xi Jinping ha in mente nuove riforme economiche. E la più piccola e meridionale tra le province della Cina rappresenta l’arena in cui verranno testate.
IL PROGETTO HAINAN – Pechino intende istituire sull’isola una nuova zona di libero scambio. Una calamita in grado di attirare investimenti stranieri, nonché un porto franco dove esportare, importare e produrre beni di vario tipo senza l’intervento della dogana. Hainan sarà trasformata in un centro finanziario e commerciale, più simile a Singapore che non a un’isoletta tropicale, da cui aveva preso il soprannome di “Hawaii della Cina”. Belle spiagge e mare cristallino non mancano, ma è per altri motivi che questo luogo è stato scelto come prossimo hub strategico di interesse nazionale. Intanto Hainan si affaccia sul Mar Cinese Meridionale, una zona rossa in cui non mancano dissidi tra la Repubblica Popolare e i suoi vicini per la sovranità di alcune isole. In più l’isola cinese ospita una delle basi militari più importanti, la base navale di Yulin. A dire il vero questa provincia è una zona economica speciale (Zes) dai tempi di Deng Xiaoping, ma con il passare degli anni non è riuscita a tenere il passo delle altre Zes. Secondo le ultime rilevazioni relative al 2017, l’economia di Hainan sarebbe cresciuta del 7,8%. Eppure il suo Pil è tra i più bassi del paese e la popolazione è per lo più rurale. Nei cinque anni compresi tra il 2012 e il 2017, l’isola ha attirato la miseria di 10 miliardi di dollari di investimenti, appena l’1,5% del totale nazionale. Xi Jinping ha quindi svelato le carte nel 2018, durante il Bao Forum for Asia. Il Presidente cinese ha annunciato che il progetto Hainan dovrà essere terminato entro il 2020, con il porto franco pronto nel 2035. Ma c’è di più, perché la Cina è pronta a immergere l’isola in una rivoluzione hi-tech. Pechino potrebbe dare il via libera all’ingresso nella provincia di piattaforme digitali occidentali vietate – o comunque strettamente censurate – nell’entroterra: stiamo parlando dei vari Google, Facebook e soci. Per incrementare ulteriormente il flusso di denaro è in cantiere anche la valorizzazione del turismo, con un possibile allenatmento dei divieti sul gioco d’azzardo e centri di lusso in stile Macao.
L’IMPORTANZA DELLA RIVOLUZIONE VERDE – Ma per realizzare tutto questo il governo dovrà proseguire nella rivoluzione verde, la stessa che fin qui ha portato incoraggianti risultati. Hainan dovrà essere sì un polo tecnologico ma anche una “civilised ecology test zone”. Il Dragone vuole infatti eliminare gradualmente – dal mercato e dalle strade – tutti i veicoli a benzina. La crociata contro l’inquinamento automobilistico è iniziata ufficialmente nel 2017 e sta toccando anche Hainan, dove dal 2030 sarà vietata la vendita di mezzi a combustibili fossili. D’altronde una delle priorità del Partito Comunista Cinese è preservare l’ambiente, tematica particolarmente a cuore della sempre più folta classe media locale. Ai cinesi non basta più arricchirsi, perché a Pechino e dintorni si guarda sempre di più alla qualità della vita. Da qui ai prossimi anni sarà proprio questo aspetto quello dal quale dipenderanno il consenso e la legittimità del governo. La Cina, intanto, ha già iniziato il suo percorso verso un futuro più pulito. Il primo passo per ridurre l’inquinamento è stato diminuire l’utilizzo del carbone, visto che più o meno i tre quarti di emissione di anidride carbonica nel territorio cinese dipendevano dal suo impiego.
TECNOLOGIA E HI-TECH – Il secondo riguarda le auto e i mezzi pubblici, e qui veniamo alle politiche che verranno attuate anche ad Hainan. Il governo sta spingendo per la graduale sostituzione dei veicoli a combustione a favore di quelli elettrici. Nel 2018 in Cina sono stati venduti più di 1,2 milioni di veicoli NEV, cioè di nuova energia, quindi elettrici o ibridi (il dato è ancora più impressionante, se pensiamo che nel 2013 furono venduti soltanto 17.642 mezzi). Alla fine dello stesso anno sulle strade del Dragone transitavano più di 2 milioni di auto ibride o elettriche, senza considerare gli autobus elettrici. Insomma, in cinque anni si è registrato un incremento del 7000%. La rivoluzione verde è fortemente – e necessariamente – intrecciata alla rivoluzione tecnologica, che senza sosta invade ogni angolo del paese. Oltre la Muraglia ci sono 853.000 stazioni di ricarica per i veicoli NEV, e solo lo scorso gennaio ne sono state piazzate 44.000. Ma per puntare appieno sulle energie rinnovabili è necessario affidarsi allo sviluppo tecnologico: solo così la Cina riuscirà a ridurre gas serra, ottimizzare gli sprechi, e più in generale a migliorare la qualità della vita dei suoi cittadini. A questo proposito è utile puntare gli occhi su Hainan, perché la trasformazione di quest’isola tropicale anticiperà quello che accadrà nell’intera Cina.