Il processo a Bo Xilai

In by Simone

Bo Xilai ha ricevuto una pena più pesante di quanto si prevedesse: l’ergastolo. I punti salienti del processo e le analisi di China Files per quello che è considerato il processo più importante della Cina comunista dopo quello farsa alla "banda dei quattro" che ha chiuso la pagina buia della Rivoluzione culturale.
Dalla tensione politica del primo giorno del processo a Bo Xilai, si è passati alla soap opera familiare, in salsa cinese. La seconda giornata del procedimento del secolo in Cina, ha visto infatti la Corte di Jinan, nello Shandong, occuparsi del reato di «appropriazione indebita» per il quale è accusato l’ex principino rosso Bo Xilai.

La prova suprema di questo reato è stata identificata in una villa in Francia, che dimostrerebbe la corruzione e i favori di cui Bo avrebbe goduto durante la sua carriera politica. A inizio della seduta il primo colpo di scena: Gu Kailai la moglie del leader comunista, è apparsa in un video registrato il 10 agosto; secondo Gu Kailai i legami tra Bo Xilai e Xu Ming, il tesoriere della famiglia secondo l’accusa, erano chiari e comportavano un giro di soldi esorbitante. E Bo Xilai, ha specificato Gu Kailai, sapeva tutto.

All’interno di queste mazzette ci sarebbe finita anche la villa in Francia, che la signora Bo per non incorrere in problemi di natura pubblica, di fronte al progredire politico del marito, avrebbe dunque affidato ad un terzo soggetto. Ovvero, Neil Heywood, uomo d’affari britannico, in odore di servizi segreti, che avrebbe cominciato a gestire la villa per conto della famiglia. Prima di lui era toccato ad un altro strambo personaggio di questa vicenda, Henry Deviller, architetto francese, arrestato lo scorso anno in Cambogia e consegnato a Pechino proprio per testimoniare in questo processo.

I soldi però sono maligni: più ne hai più ne vuoi. Così su parcelle e affitti si sarebbe arrivati alla rottura. Neil Heywood avrebbe chiesto una montagna di soldi in cambio del silenzio e della gestione della villa. Di fronte al mancato pagamento, avrebbe minacciato direttamente – via mail – il figlio di Bo e Gu, vale a dire Bo Guagua, che ne avrebbe parlato con la madre.

Stando a quest’ultima, Bo Xilai era aggiornato su tutto, compresi i tanti favori economici che Xu Ming faceva al figlio (voli e spese di ogni tipo). A quel punto Gu Kailai sentendo minacciato il proprio pargolo avrebbe agito di conseguenza, uccidendo Neil Heywood nell’albergo di Chongqing in cui è stato ritrovato il cadavere, utilizzando il cianuro.

Detta così, potrebbe non fare una piega, anche se rimangono molti dubbi: intanto il rischio che avrebbe corso Gu Kailai sembra spropositato; il marito era lanciato verso il Comitato Permanente del PCC, una posizione che gli avrebbe permesso di «sistemare» Heywood in modi decisamente meno cruenti. In secondo luogo il corpo è stato cremato in fretta e furia e stando a quanto sostenuto da alcuni esperti, non sarebbe stato ritrovato alcun elemento di cianuro nel sangue prelevato – se davvero è stato fatto – dal corpo dell’inglese.

Chi ha un’idea chiara dell’esposizione di Gu Kailai, è Bo Xilai. «Mia moglie non sta bene, è matta e la sua confessione è stata estorta sotto pressioni, volte anche a favorire l’ottenimento di una pena mite», ha detto Bo, ribadendo la sua posizione tesa a contestare le accuse a suo carico. A dare manforte alla moglie riguardo la villa in Francia, sarebbe stata la testimonianza data da Wang Lijun, ex braccio destro di Bo a Chongqing. Si aspettavano le parole di Wang Lijun in riferimento all’abuso di potere, ma questa arriverà nel terzo giorno di processo.

Ad ora Wang è stato interpellato in relazione alla questione legata alla villa e alle tangenti pagate da Xu Ming. Anche secondo il super poliziotto Bo Xilai era al corrente di tutto. E anche in questo caso l’ex leader di Chongqing ha risposto in modo netto: «sono stronzate, ha specificato, il 99 percento delle accuse che mi vengono mosse sono ingiuste nei miei confronti».

Le domande che si pongono a questo punto del processo sono tante e tutte riguardano il comportamento energico di Bo Xilai nel respingere le accuse. Se da un lato infatti cerca di uscire indenne da un punto di vista morale, il suo atteggiamento rischia però di non favorirlo nella sentenza. Ma siamo in Cina: tutto non è come appare. Secondo molti osservatori, infatti, di sicuro tra la Corte, il Partito e Bo c’è un accordo.

Sulla natura di questo agreement al momento le opinioni sono le più disparate: una delle analisi più in voga ritiene che il comportamento arcigno di Bo sia concordato con il Partito per dare una valenza di maggiore trasparenza al processo. Del resto tutto è andato on line quasi in diretta, con la Corte che ha postato on line tutte le testimonianze, benché in fondo la comunicazione sui fatti sia stata riservata solo alle ufficiali CCTV e Xinhua, rispettivamente la televisione e l’agenzia di stampa di stato.

[Scritto per il manifesto]