“Troppa pressione sui volontari”. Doveva essere il primo bar gay finanziato dallo stato cinese. Doveva aprire oggi, giornata mondiale contro l’aids. E invece il bar non aprirà. A Dalì, Yunnan, il club era stato finanziato con 12 mila euro direttamente dal governo. Sembrava un segnale di apertura rispetto ad un problema, i morti di aids, spesso occultato. Secondo il fondatore Zhang Jianbo, medico all’Ospedale del Popolo di Dalì, l’attenzione mediatica suscitata dall’evento, avrebbero reso poco agevole un’apertura. Si è dichiarato fiducioso sul futuro dell’attività, senza specificare una prossima data di apertura. La notizia è stata riportata dall’agenzia governativa Xinhua. L’apertura del locale aveva creato polemiche anche all’interno del mondo omosessuale cinese. In molti ritenevano che il luogo potesse diventare un “ghetto”, in molti avevano rifiutato e contestato l’assioma “aids- omosessualità” e tutti lamentavano il fatto che, con il clamore mediatico, all’iniziativa di apertura sarebbero giunti più giornalisti che omosessuali.
Secondo i dati del ministero della sanità cinese sarebbero quasi un milione i cinesi affetti da Aids. Solo 50 mila circa i nuovi infetti nel 2009. L’Aids oggi è una delle cause di morte principali in Cina, a causa di una mancanza di informazione al riguardo: quasi tutti i contagi infatti avverebbero a causa di rapporto non protetti. Nella giornata del primo dicembre 2009, giornata mondiale per la lotta contro l’Aids, il gigante e campione di basket dell’NBA americana, il cinese Yao Ming, ha posato per una campagna contro la discrimazione e per aiutare le persone cinesi malate di Aids. In alcune zone di Pechino si sono svolte opere di sensibilizzazione, come nel caso delle donne di Aizhixing (nella foto di Natalia Tobòn la loro azione odierna)