Il primo G20 made in China

In by Simone

Tutto pronto ad Hangzhou per il meeting internazionale. Per la prima volta Pechino ha invitato alcuni «ospiti d’onore». Uno di questi è il presidente egiziano, il generale Al Sisi. La Cina punta a consolidare i rapporti con il Cairo in previsione degli investimenti per la nuova via della Seta. Nella città tirata lucido e sottoposta ai consueti sistemi di controllo, più che gli inviti alla crescita e all’economia «verde» peseranno i tanti incontri a margine su Siria e isole contese.Hangzhou è il centro dell’attenzione mediatica cinese e presto lo diventerà anche nel resto del mondo. È nella metropoli meridionale della Repubblica popolare che il 4 e il 5 settembre si svolgerà il primo G20 made in China, occasione propizia per Pechino, da sfruttare al massimo.

La Cina cercherà di utilizzare l’happening per ribadire la propria rinnovata centralità mondiale anche in sede politica e diplomatica e non solo economica (in questo senso bastino per tutti il peso della potenza asiatica per quanto riguarda la ricchezza mondiale creata e gli scambi commerciali). Nella città che costituisce uno dei fiori all’occhiello del rinnovato «sogno cinese», sia per la sua crescita sia perché sede del gigante tecnologico Alibaba, il presidente Xi Jinping (che nel corso della sua scalata al potere è stato il segretario del partito proprio in questa regione, il Zhejiang) cercherà di mettere a frutto una situazione internazionale delicata. Il vertice infatti sembra più che altro l’occasione per incontri «a margine» che dovrebbero vertere sulle dinamiche geopolitiche che sembrano preoccupare tutti: la Siria e il mar cinese meridionale. Gli obiettivi generali del vertice, infatti, sono i consueti: agevolare la crescita, rilanciare l’economia verde.

A rappresentare gli elementi scontati del meeting è lo slogan cinese per l’evento, basato sulle «4 i»: «Costruire un’economia mondiale innovativa, vitale, collegata e inclusiva» (in inglese innovative, invigorated, interconnected, inclusive). Ci saranno dunque buoni propositi, importanti risoluzioni, ma poi tutto si giocherà nei rapporti tra i più grandi tra i grandi. A questo proposito la Cina arriva all’appuntamento dopo tre episodi particolarmente rilevanti. Nei giorni scorsi Xi Jinping ha incontrato gli emissari dell’Arabia Saudita per concretizzare alcuni importanti accordi.

Pechino è il primo acquirente di petrolio dai sauditi; in cambio riversa i suoi prodotti nel mercato dell’Arabia. Secondo gli analisti la scommessa di Pechino è ricalcare l’esempio statunitense: da una collaborazione commerciale basata sul petrolio Washington ha poi allargato il campo. E Pechino sembra muoversi nella stessa direzione. Un altro successo con cui Xi si presenterà al G20 è l’accordo raggiunto con il Canada: il paese ha deciso di entrare a far parte della Banca mondiale in versione cinese, rompendo il fronte con gli Stati uniti che sono sempre stati molto scettici al riguardo.

A chiedere l’ingresso nell’Asian Infrastructure Investment Bank è stato proprio il primo ministro canadese Justin Trudeau. Per la Cina l’adesione rappresenta un importante passo in avanti, un «voto di fiducia» da parte di un governo, quello canadese, «a favore della lotta all’inquinamento e contro la corruzione». Infine c’è un elemento che è passato inosservato ma che contraddistingue un rinnovato attivismo cinese nell’area: per la prima volta vengono invitati due paesi «ospiti d’onore»: si tratta del Kazakistan e soprattutto dell’Egitto del golpista al Sisi. Il generale sarà presente ad Hangzhou ed è previsto anche un incontro bilaterale con il presidente russo Vladimir Putin.

In Cina è stata data grande enfasi a questa presenza, sottolineando i legami tra i due paesi. Nei giorni scorsi la stampa locale ha dato ampio spazio ai motivi dell’invito al generale, sottolineando come la Cina cerchi «l’apertura verso il resto del mondo, tra cui l’Africa, il mondo arabo, la regione del Medio Oriente» e altri stati, aggiungendo che l’Africa e gli stati occidentali si stanno attualmente dirigendo verso la Cina, «riflettendo il successo dell’esperienza economica cinese come modello da seguire».

«La Cina – è stato scritto – ridisegna la mappa economica mondiale, con un tempismo fondamentale, mentre il mondo soffre economicamente per il terrorismo, le guerre e i conflitti civili». Quello che pesa di più però, specie quando si parla di Cina, sono gli affari: l’Egitto – ha detto al Global Times Ahmed Qandil, esperto di affari asiatici e capo del Energy Studies Program at Al-Ahram Center for Political and Strategic Studies- «ha grandi progetti di sviluppo, in particolare il corridoio del Canale di Suez; questi progetti si integrino con l’iniziativa di una nuova via della seta proposta dalla Cina», inoltre il Cairo è dentro alla banca di investimenti cinesi e si aspetta prestiti e finanziamenti per l’energia, i trasporti e altri progetti per realizzare lo sviluppo del paese promesso da Sisi, alla ricerca spasmodica di soldi.

A margine del meeting, in una Hangzhou tirata a lucido, sotto stretto controllo di forze di polizia e sicurezza cinesi (fabbriche e interi quartieri sono stati chiusi o blindati con particolare attenzione, pare, ai locali degli uighuri) ci sarà anche un incontro tra il presidente turco Erdogan, il premier Matteo Renzi, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Hollande.

[Pubblicato su il manifesto]