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Le prossime saranno settimane particolarmente delicate per le relazioni tra Cina e Brasile. Mentre a Pechino si attende l’apertura del XX Congresso del Partito comunista cinese, gli occhi sono puntati su Brasilia. Nella giornata di domenica 2 ottobre gli elettori brasiliani sono stati chiamati a eleggere il prossimo presidente della Repubblica Federale, in un clima di forte polarizzazione. Al primo turno, il presidente uscente Jair Bolsonaro insegue il leader della sinistra Luiz Inacio Lula da Siva: solo cinque punti di vantaggio dividono i due, poco più di 6 milioni di voti, con Lula che ha ottenuto il 48,4% dei voti contro il 43,3% del rivale di destra, secondo i dati ufficiali del Tribunale elettorale superiore (TSE). La vittoria dell’uno o dell’altro avrà immancabilmente ripercussioni per i rapporti con la Cina.
IL PRAGMATISMO DI BOLSONARO PREVALE SULLA RETORICA ANTI-CINESE
Bolsonaro, ex militare e candidato dell’estrema destra, ha vinto le scorse elezioni presidenziali del 2018 facendo della retorica anti-Cina uno dei punti centrali della propria campagna elettorale e sottolineando di voler prendere le distanze dai precedenti governi di sinistra che si erano mostrati “amichevoli con i regimi comunisti”.
- Prima di essere eletto, Bolsonaro si è distinto per una serie di mosse contro Pechino, tra cui la visita a Taiwan nel febbraio 2018 e la celebre dichiarazione durante un’intervista in TV in cui affermava che “la Cina non sta comprando in Brasile, sta comprando il Brasile”.
- Il China Daily reagì alla sua vittoria esprimendo la “sincera speranza” che il cosiddetto “Trump dei Tropici” avrebbe adottato “uno sguardo obiettivo e razionale allo stato delle relazioni” dei due paesi, che difficilmente sarebbero stati in competizione.
- In effetti, una volta al potere, le posizioni di Bolsonaro si sono ammorbidite, all’insegna di una svolta pragmatica, specialmente a seguito della dipartita dalla Casa Bianca di Trump, figura a cui il presidente brasiliano si è più volte ispirato nelle sue invettive contro la Cina.
LULA, DAL PROGETTO BRICS AL PROTEZIONISMO CONTRO LA CINA
Luiz Inácio Lula da Silva, ex sindacalista, ha governato il paese dal 2003 al 2010, all’epoca del boom trainato dall’esportazione di materie prime. L’ex presidente ha contribuito attivamente a istituzionalizzare nel 2009 il gruppo BRICS, formato da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Soprattutto, Lula ha il merito agli occhi cinesi di aver innalzato la relazione bilaterale con Pechino ad alleanza strategica, con la speranza che avrebbe potuto rappresentare “il paradigma della cooperazione Sud-Sud”.
- Nonostante ciò, il leader della sinistra brasiliana, che promuove un maggiore interventismo statale per stimolare la crescita, ha promesso politiche economiche protezionistiche in caso di una sua rielezione, le quali verosimilmente lederanno gli interessi degli investitori cinesi nel paese. Secondo Lula, la Cina sarebbe responsabile del grave ciclo di deindustrializzazione che sta colpendo il paese, anche a causa della sua reticenza ad importare prodotti a più alto valore aggiunto. Stando ai dati del ministero dell’Economia brasiliano, nel 2021 l’89,5% del totale delle esportazioni brasiliane in Cina è stato rappresentato da soia, carne bovina, cellulosa, minerale di ferro e petrolio.
GLI INTERESSI CINESI IN GIOCO
- Nel 2009, la Cina ha superato gli Stati Uniti come primo partner commerciale del Brasile, allora guidato da Lula. Tuttavia, è durante il primo mandato presidenziale di Bolsonaro che la dipendenza del paese da Pechino ha raggiunto i massimi storici.
- Nonostante la pandemia, gli scambi commerciali tra le due parti sono cresciuti significativamente, passando da circa 100 miliardi di dollari nel 2019 a 135 miliardi di dollari nel 2021. Nel 2020, il valore delle esportazioni brasiliane in Cina ha raggiunto il valore di 67.788 milioni di dollari, pari a quasi un terzo del totale delle esportazioni del paese, mentre solo il 10% è destinato alla vendita negli Stati Uniti. Nel 2021, il Brasile ha rappresentato la principale destinazione degli investimenti cinesi, che hanno raggiunto un valore pari a 5,9 miliardi di dollari.
- Pechino ha infatti guadagnato terreno diplomatico nel pieno della guerra commerciale con gli Stati Uniti attraverso la fornitura del vaccino CoronaVac, sviluppato dalla società farmaceutica cinese Sinovac e prodotto in collaborazione con l’istituto Butantan di San Paolo, in un momento in cui gli Stati Uniti e l’Unione Europea tardavano a intervenire. Nonostante una prima adesione, Bolsonaro ha infatti preso le distanze da uno dei suoi maggiori alleati, decidendo di non aderire all’iniziativa lanciata dal presidente Trump che vietava l’acquisto di componenti Huawei per la rete 5G del paese, anche per non rallentare l’arrivo dei vaccini cinesi.
- Il 7 settembre scorso, in occasione del 200° anniversario dell’indipendenza del Brasile, il presidente Xi Jinping ha inviato un messaggio al suo omologo brasiliano in cui si è congratulato per il percorso indipendente di sviluppo pacifico e l’importante ruolo svolto negli affari regionali e internazionali dal più grande Paese in via di sviluppo dell’emisfero occidentale. Xi ha inoltre sottolineato che grazie agli sforzi congiunti le due parti hanno saputo sviluppare costantemente una cooperazione pratica dai risultati fruttuosi e si è detto disponibile a una collaborazione con Bolsonaro per approfondire il partenariato strategico.
Di Michelle Cabula