Nel 2008 in Cina lo scandalo del latte alla melanina provocò la morte di sei bambini e ne mandò in ospedale almeno 300mila. All’epoca la vicenda venne coperta dalle aziende responsabili e scoppiò solo quando il governo capì che la situazione stava sfuggendo di mano.
Arrivarono condanne a morte e nessuno dimenticò. Dal 2010 a oggi almeno altri tre scandali riguardo i vaccini hanno intaccato non poco la fiducia cinese nella sanità, su cui ha inciso anche il modo in cui in passato è stata gestita l’emergenza Sars.
E adesso una nuova vicenda rischia di fare tremare polsi a manager, dirigenti e, forse, anche a qualche funzionario di rilievo.
I fatti sono i seguenti: la società Changchun Changsheng bio-tech — Chansheng significa “lunga vita” e l’azienda è la seconda produttrice nazionale di vaccini — con sede a Jilin avrebbe venduto 256mila vaccini difettosi al Centro di prevenzione e controllo dello Shandong. Le indagini avrebbero dimostrato che l’azienda avrebbe falsificato i dati di produzione e di controllo del farmaco. Non sarebbe la prima volta, purtroppo, e potrebbe non essere una procedura solo della società in questione.
Il premier Li Keqiang ha subito chiesto una indagine rigorosa, perché i responsabili hanno messo a repentaglio la vita delle persone. I media cinesi hanno bollato il caso come un rischioper la sanità statale cinese, mentre il presidente Xi Jinping ha definito la vicenda «esecrabile»
Non si sa ancora quanti bambini siano stati vaccinati con i prodotti difettosi, né quali potrebbero essere le conseguenze. Al momento si parla di una multa di 500mila dollari circa, mentre il boss dell’azienda, Gao Junfang, e altri quattro dirigenti sono già stati fermati per interrogatori. Gli arrestati in totale sarebbero quindici. Per loro non si profila un futuro roseo: sia il leader Xi Jinping, sia il premier Li Keqiang hanno già chiesto pene esemplari.
La società incriminata, per altro, aveva già avuto problemi in passato ed era stata condannata nel 2017 a pagare una multa di 282 mila dollari e alla confisca i 859 mila yuan di beni, risultato delle vendite di un vaccino per difterite, pertosse e tetano che è stato definito “scadente e non in grado di soddisfare lo standard di immunità”.
Secondo le nuove accuse la società avrebbe messo in vendita vaccini antirabbia senza alcuna procedura di sicurezza per la salute. Il premier cinese Li Keqiang ha invitato le autorità competenti «ad indagare per scoprire la verità il prima possibile e a punire chiunque sia coinvolto», mentre il governo ha revocato il certificato di produzione e vendita alla Changsheng, le cui azioni sono crollate in borsa. L’azienda farà una brutta fine.
La novità di questo ennesimo scandalo è che sia stato reso noto proprio dalle autorità al termine di indagini sugli standard richiesti alle aziende che producono vaccini. Come in altre occasioni, lo sdegno popolare è stato clamoroso ed espresso, ormai e soprattutto, via internet ma le autorità cinesi sembrano aver denunciato fin da subito i problemi, colpendo immediatamente l’azienda responsabile.
Lo scandalo, però, rischia di avere conseguenze politiche. Innanzitutto è un duro colpo per chi controlla a livello nazionale la qualità dei farmaci. Il regolatore — dal canto suo — ha comunicato tramite una nota che controlli a carico di Changsheng Biotechnology Co. hanno riscontrato la falsificazione dei registri di produzione e di quelli di ispezione e controllo dei vaccini, oltre alla modifica arbitraria dei processi e della strumentazione per la produzione del farmaco: tutte violazioni definite “gravi” dal regolatore.
In un documento presentato nei giorni scorsi alla Borsa di Shanghai, l’azienda ha avvertito che sospendere la produzione del farmaco avrebbe un impatto significativo sulle proprie finanze e che alcune agenzie regionali cinesi per il controllo delle malattie hanno già interrotto la produzione di altri suoi vaccini.
Già nella giornata di venerdì, il titolo di Changsheng Biotechnology Co. aveva ceduto oltre il 10%. Un editoriale pubblicato dal quotidiano China Daily ha avvertito inoltre dei rischi che il caso può assumere, se non verrà gestito in maniera ragionevole e trasparente. “Il governo deve agire prima possibile e riferire al pubblico di aver gestito la questione e punito senza pietà tutti i responsabili”, ha scritto il quotidiano. “Chi osa violare la linea di fondo (etica) producendo vaccini scadenti, o addirittura finti vaccini, deve ricevere le più gravi sanzioni previste dalla legge”.
Nella serata di sabato, anche l’agenzia di stampa Xinhua ha pubblicato un editoriale di denuncia pubblica del caso, a dimostrazione della gravità dello scandalo percepita dall’opinione pubblica, mentre sul web l’hashtag #Changsheng, prima bloccato, è stato infine liberato, permettendo ai cinesi di sfogare tutta la propria frustrazione contro l’azienda. Oggi però la parola “vaccini” sembra essere di nuovo censurata sui social.
[Pubblicato su Eastwest]Fondatore di China Files, dopo una decade passata in Cina ora lavora a Il Manifesto. Ha pubblicato “Il nuovo sogno cinese” (manifestolibri, 2013), “Cina globale” (manifestolibri 2017) e Red Mirror: Il nostro futuro si scrive in Cina (Laterza, 2020). Con Giada Messetti è co-autore di Risciò, un podcast sulla Cina contemporanea. Vive a Roma.