Qualcosa di grande si muove nella zona nord-occidentale di Pechino compresa tra il terzo e il quarto anello di Pechino. Il consiglio di Stato cinese ha appena approvato il Zhongguancun national innovation demonstration zone, un piano di sviluppo del più famoso e importante polo tecnico-scientifico della Cina, conosciuto in tutto il mondo come la Silicon Valley cinese.
Il colossale progetto dovrebbe trasformare l’area di Zhongguancun nel più competitivo tecno-hub del mondo, decuplicando entro il 2020 i guadagni dei colossi cinesi dell’high-tech che hanno qui il loro quartier generale capace di attirare centinaia di miliardi di investimenti dall’estero, necessari per alimentare quella crescita costante che, seppure con qualche ripensamento, il Dragone non ha ancora cessato di inseguire.
Collocato nel distretto di Haidian, l’high-tech park di Zhongguancun è stato sviluppato a partire dai primi anni Ottanta e nel giro di poco tempo si è trasformato in uno dei principali motori della crescita cinese. Lenovo, Sohu, Beijing Huaqi Information Digital Technology, Ufida e molte altre compagnie del settore negli ultimi anni lo hanno scelto come base operativa, spingendo la concorrenza straniera a fare altrettanto: Microsoft, Intel e Google hanno posizionato in questa zona i loro uffici, spinti dalla possibilità di inserirsi in quella spirale virtuosa innescata da un sapiente mix di finanziamenti pubblici, agevolazioni fiscali e investimenti in ricerca e sviluppo.
Sono proprio questi gli ingredienti che le autorità vogliono continuare a impiegare per sviluppare il tecno-parco: la differenza rispetto al passato non sarebbe quindi nella ricetta, ma nelle dosi e nella qualità. «Zhongguancun è oggi entrato in una nuova fase di espansione», ha dichiarato Yang Jianhua, vice direttore del comitato amministrativo del distretto. «Nei prossimi vent’anni diventeremo i più competitivi del pianeta». L’obiettivo delle autorità è passare dai 1.500 miliardi di yuan di profitti realizzati l’anno scorso dalle società che operano nel distretto a 10mila miliardi (circa 1.000 miliardi di euro) entro il 2020.
Un risultato ambizioso anche per la competitiva Cina, che appare però verosimile se confrontato con la parabola ascendente seguita dall’high-tech area negli ultimi trent’anni, eccellente esempio di come l’economia di mercato sia stata innestata dalla dirigenza cinese nel sistema maoista quando il governo decise di focalizzare la sua attenzione sullo sviluppo economico. Il 23 ottobre del 1980, Chen Chunxian, a quel tempo ricercatore dell’Accademia delle scienze cinese, fondò a Zhongguancun un servizio di sviluppo tecnologico dipendente dalla Beijing Society of Plasma Physics. Fu la prima azienda privata di tipo scientifico e tecnologico a piantare le tende in quest’area. Poco più di un lustro dopo, erano già 100 le imprese non statali coinvolte nella produzione e nella vendita di prodotti elettronici che si erano stabilite nella zona, lungo i lati di una strada che fu più tardi ribattezzata la “Strada dell’elettronica di Zhongguancun”.
Il rapido sviluppo conosciuto negli anni Novanta dal settore dell’elettronica e gli stretti legami con il mondo accademico e universitario sono stati i fattori fondamentali per il successo del distretto, che nel giugno del 1999, in base alle direttive contenute nella “Strategia del governo per lo sviluppo della nazione attraverso la scienza e l’istruzione”, assunse il nome ufficiale di Polo scientifico e tecnologico di Zhongguancun. In seguito al polo principale ne furono affiancati altri cinque sussidiari, tra cui spicca per importanza quello di Haidian, responsabile per la ricerca e lo sviluppo di prodotti d’alta tecnologia, al cui interno sono ospitati la Shangdi information industry base (che copre un’area di 1,8 chilometri quadrati) e la Yongfeng experiment base (di 4 chilometri quadrati); gli altri quattro sono quelli di Fengtai, Changping, Yizhuang e il polo dell’elettronica, nella periferia nord-orientale.
Oggi, a trent’anni di distanza, i numeri di Zhongguancun sono impressionanti: oltre 20mila imprese, di cui 112 straniere quotate in borsa e 184 nazionali divenute pubbliche, più di mezzo milione di impiegati, tra ingegneri, tecnici e operai specializzati, decine di migliaia di nuove assunzioni l’anno, un tasso di crescita che nell’ultimo decennio ha sempre ruotato intorno al 40 per cento. Attualmente in polo è anche la sede di cinque dei maggiori mercati di componenti elettronici del Paese: Hailong, Guigi, Taipingyang, Dinghao e Kemao sono tecno-bazar attrezzati per la vendita diretta al pubblico, dove è possibile per chiunque dedicarsi a una trattativa al ribasso per strappare un buon prezzo come in qualunque mercatino cinese.
Recentemente l’amministrazione dell’area ha avviato programmi specificamente incentrati sul reclutamento di risorse umane, tentando di attrarre cervelli e talenti non solo da tutta la Cina ma anche dall’estero per aumentare ulteriormente la competitività. A questo scopo sono state stabilite una serie di agevolazioni che possono essere concesse a tecnici e specialisti impiegati nel polo: assistenza medica agevolata, tassazione ridotta, prestiti a basso costo, affitti a prezzi bloccati e la possibilità di ottenere un hukou per Pechino, il certificato di cittadinanza normalmente rilasciato solo alle persone originarie del luogo, che consente di usufruire di consistenti vantaggi sociali ed economici. Secondo quanto illustrato da Dai Wei, direttore della Commissione amministrativa della zona, il prossimo passo sarà quello di allargare ulteriormente il margine di sostegno finanziario alle imprese da parte dello Stato, una misura pensata per incoraggiare le società ad avviare nuovi progetti tecnico-scientifici su larga scala. «Incentiveremo le compagnie a elaborare strategie di innovazione tecnologica, rafforzare gli investimenti nella ricerca e sviluppo, creare nuovi e più competitivi standard tecnici e prodotti dotati di proprietà intellettuale autonoma.
I dipartimenti interessati allocheranno dei capitali congiunti speciali di sostegno ai settori del software e dei servizi di informazione, bioingegneria e nuovi farmaci, risorse energetiche e tutela ambientale, sostenendo le aziende nella costituzione di piattaforme hi-tech, nella ristrutturazione tecnica, nella ricerca, sviluppo e industrializzazione». La Cina, dunque, è ormai pronta per lanciare la sua sfida alla San Francisco Bay Area, trasformando il polo di Zhongguancun in quella che è destinata a passare alla storia come la Silicon Valley 2.0.