Il mecenate Ullens chiude e svende tutto, non per bancarotta

In by Simone

Il barone belga mecenate delle avanguardie cinesi ha deciso di chiudere la propria esperienza con UCCA, il centro artistico da lui fondato nell’Art District 798, e di vendere tutta la sua collezione. I veti di Pechino sembrano averlo spinto verso l’India.

Immaginate se Lorenzo De’ Medici, nel bel mezzo del Rinascimento, avesse deciso di disfarsi di tutti i suoi Botticelli e Michelangelo. Bene, questo è quello che – con le dovute proporzioni –  è successo ai giorni nostri con il barone Guy Ullens de Schooten, industriale belga e fondatore del centro di Arte contemporanea UCCA, il museo non governativo più grande di Pechino, operazione che gli è valsa appunto il titolo di “Mecenate”, “Il Collezionista” dell’avanguardia cinese.

Il 3 aprile infatti Sotheby’s Hong Kong ha tenuto l’asta “The Nascence of Avant-Garde China”, dove sono state vendute una prima parte delle opere collezionate da Ullens dal 1985 al 2000, tra le quali compaiono molti dei grandi nomi delle avanguardie cinesi come Zhang Xiaogang (张晓刚) e Huang Yongping (黄永砯).
Il barone però non si limita solo a vendere la sua collezione, che parlando di arte contemporanea cinese è la più consistente dell’emisfero: Ullens sembra aver deciso di lasciare anche l’UCCA, centro artistico nel distretto dell’arte 798, che sin dall’apertura nel novembre 2007 è diventato il faro degli eventi artistici di Pechino, contribuendo in larga misura alla riuscita del distretto stesso.

La faccenda appare però piuttosto incomprensibile. Ullens, grazie all’aiuto di sua moglie Myriam , dedica 30 anni della propria vita collezionando pezzi che originariamente non valgono che qualche centinaio di euro. Si impegna nella promozione dell’arte contemporanea cinese costruendo un centro enorme (8000 mq) completamente a sue spese e cozzando più volte contro le autorità cinesi.
Ma  ad un mese dalla notizia che la Cina sarebbe al secondo posto come volume di mercato artistico al mondo, il barone annuncia sia di voler abbandonare il centro UCCA, sia di liberarsi di tutta la sua collezione, sottolineando di non volerne avere più nulla a che fare.

Molti vociferano che Ullens si sia stufato dei metodi di gestione e dei labirinti burocratici cinesi, e che la decisione di mollare tutto sia dovuta anche alle pressioni ricevute dall’autorità per rimandare a data non ben definita la retrospettiva dedicata ad Ai Weiwei.

L’artista aveva contribuito alla costruzione del Nido, lo stadio olimpico di Pechino, ma dal 2008 in poi i rapporti con le autorità del Partito si sono fatti sempre più tesi tra pestaggi, arresti domiciliari e fermi di polizia ad intermittenza, un’escalation che solo ieri è sfociata nell’ennesima restrizione della libertà personale: Ai Weiwei, diretto ad Hong Kong, è stato fermato ieri mattina all’aeroporto di Pechino ed attualmente non si hanno più sue notizie.

Anche se con Ai Weiwei il governo ha dimostrato di poter usare le maniere forti, si tende ad escludere che possa essere altrettanto duro con uno straniero del calibro di Ullens. Quindi è realistico pensare che se non si è lasciato scoraggiare nel 2005 – quando non poté realizzare il suo progetto di aprire UCCA come centro no-profit – costringendolo di fatto a finanziare una struttura che escluse le entrate e l’affitto dello spazio non produce nessun ricavo – mollare tutto ora in fretta e furia non può essere imputabile all’aut aut sulla personale di Ai Weiwei.
Anche perché i ricavi dell’asta di Hong Kong sono tutt’altro che marginali: 38,6 milioni di euro, secondo Sotheby’s.

Il barone imprenditore di certo non è nuovo a mosse speculative.
La famiglia Ullens a metà degli anni Ottanta si è trovata a visitare ripetutamente la Cina della riforma ed apertura. In quel periodo il paese era completamente intriso di speranza nelle quattro modernizzazioni di Deng Xiaoping: i giovani artisti, forse più degli altri, avevano creduto in un totale cambiamento della società esprimendolo con un altrettanto innovativo linguaggio artistico, dando il via alle avanguardie.
Uomini nudi che si ammassano uno sopra l’altro per aggiungere un metro ad una montagna, maiali che copulano tutto il pomeriggio su cui sono state dipinte citazioni dell’enciclopedia occidentale e dei “Cinque Classici” cinesi, fino all’incredibile performance di Xiao Lu del 1989 che usa una pistola vera contro una sua opera, tra la folla di spettatori. Insomma, un fermento esplosivo difficile da non notare per i contemporanei.
Ullens, ricco occidentale a Pechino con la passione per l’arte, per un artista squattrinato costretto a vivere in villaggi improvvisati nella periferia della città – East Village o Yuan Mingyuan – non poteva che essere una manna dal cielo! Prima di Ullens mai nessuno aveva supportato o si era interessato ai giovani artisti, e per questo il mecenate belga fu in grado di comprare quadri di Cai Guoqiang (蔡国强) o Liu Xiaodong (刘小东) per cifre irrisorie.
Solo nel 2004, con l’arrivo delle case d’asta Sotheby’s e Christie’s, il mercato dell’arte cinese inizierà a dare i primi segnali di vita. Nel 2005 Ullens inizia le trattative per la costruzione dell’UCCA: avrà bisogno di quasi 2 anni per l’apertura del centro, ma da quel momento in poi agli artisti che ha collezionato negli anni verranno dedicate a turno diverse personali.
Nel contempo, il loro valore di mercato aumenterà vertiginosamente.

Il 12 febbraio Ullens rilascia un’intervista al The Art Newspaper, dichiarando che la sua missione in Cina – supportare l’arte contemporanea cinese e i giovani artisti – è giunta al termine. La gestione in prima persona di UCCA, diventato centro no-profit grazie all’entrata in vigore di leggi ad hoc, è diventata troppo impegnativa considerando i suoi 70 anni: Ullens annuncia di essere in cerca di un partner a lungo termine che si assuma totalmente l’incarico della gestione della sua creatura.

Alla fine rimane un po’ d’amaro in bocca. Gli sviluppi del ritiro di Ullens dalla Cina sembrano avere i connotati di una fuga col malloppo.
Dopo l’uscita di scena del più grande collezionista d’arte contemporanea cinese ci si chiede se sarà possibile che il mercato dell’arte possa continuare ad essere così galoppante. Il mercato dell’arte in Cina, attualmente il secondo al mondo, non ha assolutamente basi solide: manca di critici e conoscitori esperti, la maggior parte dei collezionisti d’arte sono industriali poco consapevoli di che cosa sia il valore artistico di un’opera, che usano il mercato solo come fonte di riciclaggio e di investimento. Venendo a mancare una colonna portante come Ullens, il mercato dell’arte cinese potrebbe tramutarsi nella bolla finanziaria che tutti temono.
Ma questo al nostro barone non interessa certamente: lui, come annunciato a mezzo stampa, va a replicare il miracolo in India.

[Nella foto: Myriam e Guy Ullens. Fonte: dailylife.com]