Il materialismo storico di Li Songsong

In by Simone

Al bolognesissimo MAMbo è possibile passeggiare per una mostra decisamente poco emiliana. Si tratta della prima personale in Italia di Li Songsong: Historical Materialism. Fino al 30 agosto, ventisette opere essenziali per comprendere le contraddizioni, i dubbi e i desideri della Cina contemporanea.
Il quarantatreenne Li Songsong è considerato uno dei capofila della scena artistica cinese attuale: nel suo studio di Pechino accumula alluminio, olio e pigmenti, strumenti fondamentali per il suo lavoro. Basandosi sugli eventi che hanno segnato la Repubblica Popolare Cinese dalla nascita ad oggi, Li riprende fotografie e narrazioni dell’epoca, le scompone e le ricrea in una sapiente miscela di astrazione e figurazione che ricorda un certo tipo di Impressionismo. L’artista cinese però va oltre, creando dei giganteschi mosaici di metallo, degli incastri di lastre che prendono vita a seconda dell’angolo da cui li si guarda: Unnamed Lake (2013) e soprattutto Taoyuan Airport (2008), un grande intreccio di persone, aerei e biciclette. Lo stesso discorso vale per Big Girls (2013), titolo perfetto per le due giunoniche figure che ci si avvicinano, e Qingling’s Children (2005): Qingling, un’anziana matrona che raccoglie attorno a sé molti più bambini di quanti la politica del figlio unico vigente in quegli anni avrebbe effettivamente permesso.
Si tratta di opere monumentali, che vanno viste da lontano per essere comprese nella loro interezza – così come la storia del paese a cui si rifanno.

In effetti in Li Songsong i riferimenti politici non mancano – tanto che per molte delle sue opere ha usato come base  fotografie e ritagli di giornale. Basti pensare alla triade di ritratti di Lenin, Marx e Che Guevara del 2010, o a Hug, dello stesso anno, titolo emblematico per rappresentare le guanxi, quelle relazioni politiche e sociali fondamentali nella Terra di Mezzo ed intraducibili in italiano se non con un inadeguato "raccomandazioni", o ancora a Long Live the Revolution (2009), tante ombre con il pugno alzato a sinistra che fronteggiano altrettante controparti a destra, forse con il volto coperto da un casco. Una rivoluzione cara anche ai protagonisti di The Couple (2008), un generale e la sua compagna impegnati a salutare la folla durante una qualche parata, e ai partecipanti a Cold Banquet (2004), un ritratto in bianco e nero di una riunione di partito: una sfilata di volti anonimi e intercambiabili. Che dire poi di The East is Red (2008), dove l’artista ha rappresentato le prime note dell’inno nazionale, come a significare l’importanza delle origini della Repubblica Popolare?

Tuttavia, Li Songsong non è solo questo. Sarebbe infatti riduttivo ricondurre la sua attività unicamente a una fotografia del passato. C’è un altro Hug, sempre del 2010, dove però l’abbraccio è intimo, leggermente sfumato, e racchiude due figure dai toni tenui e senza volto, e proprio per questo estremamente personali. Un soggetto che richiama Flowers on the Sea, di due anni prima, dove un uomo e una donna si guardano, con alle spalle quello che sembra un oceano. Figure anonime e paesaggi ritornano in Huangshan (2012), Shangri-La (2012) e Flying (2005), come a dire che l’arte contemporanea cinese può interessarsi non solo alla sfera sociale, ma anche esplorare un mondo più personale e soggettivo.

Proprio questo è lo spirito dell’ultima opera della mostra, che le dà anche il titolo: Historical Materialism, del 2014. In fatto di stile c’è un lampante cambio di rotta rispetto alle opere precedenti: Li abbandona i mosaici di alluminio e i colori ad olio per far posto ad una tela uniforme, con colori più tenui e più pastosi, quasi tridimensionali. Mentre l’interpretazione più ovvia vede in questo quadro un riferimento al massacro di Tienanmen, sembra che l’artista si sia invece ispirato ad un film di Stanley Kubrick, probabilmente Barry Lyndon, e che quei corpi ammassati non siano altro che le comparse, con tanto di cartelli a contrassegnarle. Questo rimarca, ancora una volta, che per Li Songsong l’arte non è soltanto denuncia politica, ma anche cammino attraverso i sentieri tortuosi della propria soggettività; sentieri che spesso proprio la riflessione storica aiuta a percorrere al meglio. Ecco quindi che il materialismo storico diventa una possibilità non solo sociale, ma soprattutto personale; un modo per capire il passato e quindi se stesso.

*Francesca Berneri è nata a Cremona il 23/03/1990 e ha conseguito la laurea magistrale in Studi dell’Africa e dell’Asia all’Università degli Studi di Pavia il 21/07/2014 con l’esito di 110 e lode. Nel mese di agosto 2013 ha svolto attività di ricerca presso la Beijing Language and Culture University. Il 23/02/2015 ha conseguito il diploma di licenza presso lo IUSS di Pavia.