Il mare dello Xinjiang

In by Simone

Portare l’acqua dal Mare di Bohai nello Xinjiang, la più arida delle province cinesi, quella che ospita il punto della superficie terrestre in assoluto più lontano dal mare.

È questo l’ultimo ambizioso progetto presentato dagli ingegneri del Paese della Grande Muraglia nell’ambito del ciclopico programma elaborato dal governo centrale per modificare in maniera permanente l’intero ecosistema della Cina. Un’opera pensata per convogliare le acque delle regioni meridionali e costiere, dove non sono infrequenti alluvioni e allagamenti, verso quelle nordorientali, asciutte e assetate per buona parte dell’anno. Alla Diga delle Tre Gole nella provincia del Hubei e all’enorme Progetto di diversione idrica Sud-Nord in corso di realizzazione si potrebbe così aggiungere un nuovo tassello, che vedrebbe sorgere nella parte settentrionale del Paese un complesso sistema di canali, tunnel e invasi in grado di collegare il Golfo di Bohai con l’estremo confine orientale. 

Nello specifico il progetto prevede di portare l’acqua del Mare di Bohai a un’altitudine di 1.200 metri grazie a un sistema di condotte e pompe idrauliche, facendola poi fluire verso la parte sudorientale della Mongolia Interna. Da qui, attraverso le catene montuose Yanshan e Yin, passando per il lago Juyan e il deserto del Gobi, l’acqua aggirererebbe le Montagne Mazongshan e arriverebbe nello Xinjiang. Sulla carta si tratta di tracciare una linea lunga quasi 5.000 chilometri.

Nel concreto, però, le cose sono molto più complicate. Le quattro montagne, il lago e le otto zone desertiche disseminate sul percorso di questo sistema idrico lo trasformano infatti in un rompicapo idraulico-ingegneristico di non facile soluzione, per risolvere il quale intere squadre di esperti sono state reclutate dal governo centrale e messe al lavoro 24 ore su 24.

«I principali problemi che stiamo affrontando sono due», ha spiegato ai giornalisti Yang Kailin, funzionario dell’Istituto cinese per la conservazione dell’acqua e l’energia idroelettrica. «Il primo riguarda il contenimento dei costi, il secondo il modo migliore per utilizzare le risorse idriche che avremo a disposizione». Portare a 1.200 metri d’altezza una grande quantità d’acqua marina e spingerla per una distanza di poco inferiore al raggio terrestre è un’operazione che richiede molta energia e che ha dunque costi elevati, che rischiano di rendere economicamente insostenibile il progetto.

Ma secondo Huo Younguang, professore alla Xi’an Jiaotong University e tra gli autori della proposta, la spesa iniziale necessaria per elevare l’acqua sarà compensata dalla favorevole conformazione del terreno, che dalla costa digrada progressivamente verso est, agevolando il flusso idrico e consentendo inoltre di sfruttare i numerosi salti di livello esistenti per la costruzione di centrali idroelettriche. In questo modo, una volta realizzate le infrastrutture necessarie, spedire una tonnellata di acqua dal Golfo di Bohai nello Xinjiang dovrebbe avere un costo di circa 8 yuan, ossia 1,2 dollari.

Naturalmente, però, il principale guadagno collegato al progetto sarà assicurato secondo i suoi sostenitori dai vantaggi ambientali. Attualmente oltre metà dello Xinjiang è occupato dal deserto (che copre una superficie di oltre 800mila chilometri quadrati), con precipitazioni annuali medie inferiori ai 50 millimetri e un tasso di umidità dell’aria tra i più bassi del pianeta a causa dell’enorme distanza dal mare. L’apporto di acqua salata dovrebbe modificare radicalmente non solo il clima della provincia ma anche quello dell’intero Nord-Est cinese, riducendone le superfici desertiche e diminuendo drasticamente le tempeste di sabbia che ogni anno colpiscono le aree limitrofe.

Il nuovo sistema idrico consentirebbe infatti lo sviluppo di laghi, stagni e corsi d’acqua salati, che attraverso la naturale evaporazione aumenterebbero l’umidità e le precipitazioni. L’intero ecosistema locale ne uscirebbe trasformato e la superficie verde si moltiplicherebbe, con consistenti vantaggi per l’agricoltura e l’allevamento. Inoltre sarebbe possibile introdurre degli impianti di desalinizzazione attraverso membrane semipermeabili, per produrre acqua potabile ed energia. 

Non tutti gli scienziati cinesi, tuttavia, si sono lasciati andare ai facili entusiasmi che hanno accompagnato il progetto al momento della sua presentazione. Sono molti quelli che restano scettici sull’effettiva possibilità di realizzare una simile opera tenendone sotto controllo i costi: secondo le prime stime la sola fase di avvio dei lavori dovrebbe richiedere oltre 68 miliardi di yuan, circa 10 miliardi di dollari. Numerosi esperti di clima ed ecologia hanno inoltre posto l’accento sull’enorme impatto ambientale che la costruzione delle infrastrutture necessarie causerebbe nelle regioni interessate.

Infine c’è chi contesta la stessa idea alla base della proposta. Shi Yulin, ricercatore dell’Accademia cinese delle scienze, sostiene che riversando acqua di mare nello Xinjiang si aumenterebbe la già elevata salinità delle sue terre, danneggiando irreparabilmente la flora e la fauna locali. Li Zechun, dell’Accademia cinese degli ingegneri, gli fa eco sottolineando che l’evaporazione dell’acqua salata non produrrebbe una quantità di umidità sufficiente per far aumentare le precipitazioni in una regione così arida. 

Come già avvenuto per la Diga delle Tre Gole e per il Progetto di diversione idrica Sud-Nord, la comunità degli scienziati e degli esperti è dunque divisa e molto probabilmente destinata a rimanere tale. Una situazione del resto inevitabile in un Paese che sta ancora cercando un equilibrio tra le proprie necessità di sviluppo e le esigenze di un ambiente che una parte crescente dell’opinione pubblica vede sempre di più come un bene da tutelare.   

*Paolo Tosatti -Laureato in Scienze politiche all’università “La Sapienza” di Roma, dove ha anche conseguito un master in Diritto internazionale, ha studiato giornalismo alla Fondazione internazionale Lelio Basso. Lavora come giornalista nel quotidiano Terra e per il settimanale Left-Avvenimenti.