Il fenomeno Pikotaro e l’orientalismo del web «normale»

In by Gabriele Battaglia

Pikotaro è il più importante export di pop culture giapponese degli ultimi tempi. Merito di Internet che ha trasformato un comico di seconda fascia in una celebrità planetaria. Nel 2002, lo studioso giapponese Koichi Iwabuchi scriveva che nell’era della globalizzazione i flussi culturali si stavano «ricentrando»: fenomeni culturali come i manga, gli anime giapponesi, o ancora la musica pop sudcoreana, erano quanto di meno anglo-americano ci fosse, eppure negli ultimi tre decenni sono riusciti a conquistare il mondo.

Oggi tocca a Pikotaro, al secolo Kazuhito Kosaka, comico e dj, e alla sua Pen-Pinapple-Apple-Pen, canzone da 1 minuto dedicata al rapporto tra frutta e articoli di cartoleria. Il video, in cui Kosaka indossa una parrucca senza frangia, occhiali da sole, sciarpa e completo leopardato, improvvisando una danza con una mela, una penna e un’ananas immaginaria, è stato visto su Youtube da oltre 80 milioni di utenti da quando è stato lanciato ad agosto di quest’anno.

La scorsa settimana, un café a tema ha aperto nella Sky Tree, uno degli spot turistici più celebri di Tokyo. Sempre nei giorni scorsi, Kosaka, 43 anni, sempre nei panni del suo alter-ego cantautore ha tenuto una conferenza stampa al Club dei corrispondenti stranieri di Tokyo proponendo una versione live del suo successo.

In una recente intervista per il canale internazionale della Nhk, la tv pubblica giapponese, Pikotaro ha ammesso di aver prodotto la sua canzone con gli strumenti, pochi a disposizione — «ho un computer di seconda mano: da quando sono nato ho sempre avuto debiti» — con il desiderio di divertirsi e divertire. Tutto è iniziato quando il suo video è stato postato sul sito 9GAG e definito dalla pop-star canadese Justin Bieber «il mio video preferito su Internet». Da lì la svolta: passaggi radio, download e streaming e l’ingresso della canzone nella top 100 di Billboard, con tanto di assegnazione del Guinness dei primati per la canzone più corta mai entrata nella stessa classifica musicale americana. Al Japan Times, il comico e dj ha poi dichiarato di avere avuto solo molta «fortuna» che il suo video diventasse un fenomeno globale.

In molti — e chi scrive non fa eccezione — si sono interrogati sulle ragioni del successo della canzone. Da una parte c’è forse una spiegazione di sistema: Kosaka — e quindi anche il suo alter ego — è sotto contratto con la Avex, prima casa discografica giapponese che controlla il 14 per cento del mercato della musica del paese del Sol Levante, dove dominano ancora i cd. Anche se in ritardo rispetto ad altri paesi, le case discografiche giapponesi stanno cercando di abbracciare il digitale e lo streaming. E Pikotaro potrebbe essere un esperimento nel passaggio al modello digitale.

A livello più di contenuto invece, c’è chi punta alla semplicità della melodia e delle parole — quindi la sua altissima replicabilità — ai vestiti e ai passi di danza ridicoli. Tutto vero. Ma la spiegazione più articolata e convincente l’ha data l’antropologa Crystal Abidin sul portale The Society Page del dipartimento di sociologia dell’Università del Minnesota. La viralità di PPAP segue un «ciclo vitale» ricorrente, che passa dalle cover e dai remix, passando per sfide, compilation di imitazioni, video di reazione, discussioni sui forum, endorsement di celebrità fino al merchandising non autorizzato. Mentre «prolifera», il contenuto attira «giudizi di valore» da parte dei media. Nel caso di PPAP, l’attenzione di media come i britannici Bbc e Telegraph, e l’americano Time hanno amplificato la portata del fenomeno ad un ambito globale.

Ma come già per Gangnam Style nel 2012, ad attirare visualizzazioni in Europa e America è anche l’«esotismo», e la sensazione di mistero, stranezza, e perfino ridicolo — basti pensare all’inglese nipponizzato della stessa PPAP — che aleggia in qualsiasi prodotto etichettato come «asiatico» o «orientale». Ogni contenuto virale che arriva da paesi «non egemonici» — Giappone, Corea del Sud, o Russia per esempio — spiega Abidin, è «l’Altro, il reietto, il ‘magico’ orientale che riesce a penetrare con successo nell’internet ‘normale’». E, per questo da «occidentali», non riusciamo a smettere di guardarlo. 

[Scritto per Eastonline]