Il drone della discordia che divide Cina e Usa

In by Gabriele Battaglia

UPDATE: «Dopo amichevoli consultazioni tra le due parti, la consegna del drone sottomarino americano è stata completata senza intoppi in acque rilevanti nel Mar cinese meridionale, a mezzogiorno del 20 dicembre», ha annunciato stamane il ministero della Difesa cinese.
Procedono «senza ostacoli» i colloqui tra Cina e Stati Uniti per la riconsegna del drone sottomarino sguinzagliato da Washington nel Mar cinese meridionale «per rilevamenti scientifici» e sequestrato da una nave militare che ne temeva un impiego in operazioni di spionaggio. Il dispositivo, di proprietà dell’esercito americano, è stato prelevato giovedì a 50 miglia nautiche da Subic Bay, in acque internazionali a largo delle coste filippine. Un’iniziativa che gli Stati Uniti hanno definito «illegale».Il ministero della Difesa cinese ha fatto sapere che la sonda verrà restituita «attraverso mezzi appropriati», condannando la decisione inopportuna di Washington di «pubblicizzare unilateralmente» l’accaduto, mentre stampa governativa ed esperti hanno sottolineato l’evidente natura militare del drone. L’episodio arriva in concomitanza alla pubblicazione di rilevamenti satellitari che attestano la militarizzazione di tutte e sette le isole artificiali costruite da Pechino nell’agitato Mar cinese meridionale, e mentre le due superpotenze sono ai ferri corti sulla questione taiwanese a causa dei recenti commenti del presidente eletto Donald Trump.

Proprio il tycoon americano è tornato sull’amato Twitter, già sfruttato in numerose occasioni per criticare la Cina, definendo il «furto» cinese un evento «senza precedenti». Chiamata a rilasciare un commento sulle accuse di The Donald, lunedì la portavoce del ministero degli Esteri cinese ha risposto che la ricostruzione è «completamente sbagliata»: «il punto è che la marina cinese ha mantenuto un atteggiamento responsabile e professionale nell’identificare l’oggetto. Se per strada ti imbatti o raccogli qualcosa di sospetto è tuo dovere esaminarlo e se qualcuno ti chiede gli venga restituito è necessario accertarsi che gli appartenga veramente prima di restituirlo».

Pechino è estremante sospettoso nei confronti delle attività condotte da Washington – ufficialmente neutrale – nel tratto di mare conteso tra Cina e vicini asiatici, dove passa il 40 per cento del commercio globale. Stando al Pentagono, il dispositivo «operava legittimamente per raccogliere dati sulla salinità, la temperatura e la limpidezza dell’acqua». Una tesi che non convince la stampa governativa cinese. «Cercare di minimizzare le attività non può bastare a nascondere le reali intenzioni sullo sfondo» ha scritto il quotidiano di partito People’s Daily. «Questo drone, che galleggiava in superficie nel Mar Cinese Meridionale è la punta dell’iceberg della strategia militare degli Stati Uniti, anche contro la Cina».

I rilevamenti potrebbero servire sopratutto a tracciare sottomarini nucleari, ritenuti dagli esperti i futuri protagonisti delle schermaglie nel Mar cinese meridionale. Ad accrescere i timori cinesi si aggiunge l’identità del proprietario del drone, ovvero la famigerata USNS Bowditch, nave da ricognizione già protagonista di due incidenti avvenuti nel 2001 e nel 2002 nel Mar Giallo, nonché frequentatrice dell’insidioso Stretto di Taiwan.

La localizzazione dell’incidente – all’interno della zona economica esclusiva filippina (ZEE) – preoccupa anche Manila, fino a pochi mesi fa uno dei principali antagonisti di Pechino nel Mar cinese meridionale, ma diventata più accomodante con la nomina di Rodrigo Duterte a presidente, e al contempo più ostile nei confronti del vecchio alleato statunitense. «Non soltanto tutto ciò aumenta la probabilità di errori di calcolo con il rischio di un confronto aperto molto vicino alle coste filippine, ma la conduzione di attività diverse dal semplice passaggio inoffensivo, che incidono sul diritto delle Filippine sulle risorse all’interno della propria ZEE, sono violazioni dei diritti delle Filippine sulla ZEE», ha dichiarato il ministro della Difesa Delfin Lorenzana.

Proprio il luogo del furto, secondo Julian Ku, docente di diritto internazionale presso la Hofstra University School of Law, rappresenta un fattore di allarme per quanto riguarda il modus operandi cinese sullo scacchiere globale. L’appropriazione della sonda è avvenuta a 200 miglia nautiche dallo Scarborough Shoal, controllato da Pechino e rivendicato da Manila, ma che il tribunale internazionale dell’Aja a luglio ha definito «scoglio», smentendo le pretese cinesi sulla base della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS).

Ma anche volendo dare per buone le rivendicazioni territoriali di Pechino, il sequestro all’interno della ZEE di un dispositivo che non ha palesi funzioni militare non è giustificabile, scrive Ku su Lawfare. Inoltre, secondo l’articolo 32 dell’UNCLOS, «navi da guerra e altre navi statali in servizio per scopi non commerciali mantengono la loro immunità ai sensi del diritto internazionale consuetudinario. Questa immunità sovrana assoluta dal sequestro sarebbe applicabile anche all’interno delle acque territoriali della Cina. E certamente vale entro la teorica ZEE dello Scarborough Shoal, così come abbozzata dalla Cina, anche se il dispositivo stava conducendo operazioni di sorveglianza militare». Il mancato rispetto delle leggi internazionali conferma la perseveranza cinese nell’ignorare un ordine globale fondato su regole condivise, conclude Ku. La crisi innescata dal drone si inserisce nell’escalation seguita alle recenti provocazioni verbali di Trump.

Dopo una campagna elettorale con spiccate note anticinesi, l’imprenditore (non ancora ufficialmente presidente fino al 20 gennaio) ha sfidato le fondamenta delle relazioni sino-americane mettendo in dubbio l’imprescindibilità del principio «una sola Cina», riconosciuto in maniera ambigua da Washington quando nel 1979 ha scaricato politicamente Taiwan per instaurare rapporti diplomatici con la Repubblica popolare.

È proprio contro il presidente eletto che si è scagliata la stampa di regime all’indomani dal tweet con cui il tycoon ha condannato il furto. Trump, un «inetto diplomaticamente», «non si comporta come un presidente in procinto di entrare alla Casa Bianca entro un mese. Non ha alcuna idea di come condurre una superpotenza», ha commentato il nazionalista Global Times, «se vedremo sonar o alianti dispiegati da navi straniere nel Mar cinese meridionale preferiremo catturarne migliaia erroneamente piuttosto che lasciarne sfuggire anche soltanto uno».