Lo scorso primo febbraio il quotidiano Telegraph di Kolkata – non nuovo a presunti scoop intorno al caso marò – è uscito con una nuova presunta bomba nel caso dei due fucilieri di Marina: il faccendiere Christian Michel, coinvolto nelle indagini sulle mazzette a latere degli affari di Finmeccanica qui in India, sostiene di aver saputo di un meeting segreto tra Narendra Modi e Matteo Renzi in cui il primo avrebbe offerto la libertà dei marò in cambio di «informazioni» che legassero lo stesso Michel alla presidentessa dell’Indian National Congress Sonia Gandhi. Amo non da poco per la stampa italiana che, c’era da scommetterci, si è tuffata sulla vicenda in modo scomposto.Proviamo a fare un paio di passi indietro e partiamo da un punto centrale. Chi è Christian Michel?
Michel è un consulente – un «faccendiere», come si dice – cittadino inglese (non un «agente segreto inglese», come è capitato di leggere in questi giorni, sic!), coinvolto nelle indagini circa il giro di mazzette tra uomini di Finmeccanica ed esponenti degli ambienti militari e politici indiani all’interno dell’affare Agusta Westland: un contratto di fornitura di elicotteri di lusso da 560 milioni di euro fatto saltare a cose fatte dal governo indiano per presunte mazzette distribuite (per un valore di 51 milioni di dollari) per «oliare» la transazione finale.
Caso quasi chiuso in Italia: «alcuni fatti» non sussistono
Il caso ha avuto ripercussioni anche in Italia, con le dimissioni dell’ex amministratore delegato di Finmeccanica Giuseppe Orsi e l’apertura di un processo a Busto Arsizio che avrebbe dovuto individuare le responsabilità di Orsi, Spagnolini – ad di Finmeccanica – e di Guido Haschke – il consulente di Finmeccanica che ha gestito il contratto con l’Indian Airforce, in un secondo tempo affiancato da Michel – nel giro di mazzette. Il procedimento si è concluso in Italia con un’archiviazione un po’ così così per Finmeccanica, che ha slegato la responsabilità penale dell’azienda da quella di Orsi e Haschke, entrambi scaricati dalla partecipata statale italiana.
Haschke avrebbe poi patteggiato a un anno e sei mesi di reclusione. Orsi sarebbe stato poi assolto perché «il fatto non sussiste», ma solo per l’accusa di «corruzione internazionale»: rimane infatti aperto, per entrambi più l’ad Spagnolini, un procedimento relativo ad alcune fatture gonfiate da società di Haschke.
Michel, ritenuto persona informata dei fatti in virtù del suo rapporto con Haschke – che agli inquirenti lo ha indicato come colui che teneva i rapporti con la politica indiana e indicava a chi pagare quanto; tesi non supportata da prove documentali, secondo i giudici di Busto – avrebbe dovuto presentarsi in aula in Italia a testimoniare. Cosa che non ha mai fatto. (Per ulteriori dettagli sul caso Agusta Westland lato italiano, consiglio due articoli di Alessandro Da Rold, pubblicati da Linkiesta).
Spunta il nome di Sonia Gandhi
Nelle carte ritrovate dagli inquirenti italiani – precisamente in un foglio dove, secondo l’accusa, Haschke avrebbe segnato, sotto dettatura di Michel, le iniziali di coloro a cui si sarebbe dovuta pagare una tangente perché il contratto con Indian Airforce andasse a buon fine – è spuntata la sigla Ap: secondo un’interpretazione, si tratterebbe di Ahmed Patel, segretario della presidentessa dell’Indian National Congress Sonia Gandhi. Stando a questa lettura, Michel – tra i tanti contatti di alto livello con personaggi influenti indiani che gli si attribuiscono, nonostante lui abbia più volte smentito – avrebbe avuto accesso diretto allo stretto entourage di Sonia-ji.
La proposta indecente raccontata da Michel
Ora, torniamo all’attualità. Michel, lo scorso dicembre, avrebbe inviato due lettere al Tribunale del mare di Amburgo (che coi marò non c’entra più niente, ndr) e alla Corte permanente di arbitrato dell’Aja – che si sta occupando della diatriba sulla giurisdizione del caso dei marò – chiedendo di poter portare all’attenzione del collegio arbitrale un fatto avvenuto, secondo Michel, nel settembre del 2015. Mentre il primo ministro indiano Narendra Modi e il premier italiano Matteo Renzi si trovavano contemporaneamente al Palazzo di Vetro a New York, si sarebbe tenuto un «colloquio informale» in cui Modi avrebbe promesso a Renzi la libertà dei fucilieri Girone e Latorre in cambio di informazioni circa i legami tra Michel e Sonia Gandhi.
Illazioni che il portavoce degli esteri indiano Vikas Swarup ha descritto come «troppo ridicole per meritare una risposta»; silenzio da Palazzo Chigi.
Michel, che qui in India è ricercato dal Central bureau of investigation (Cbi, l’Fbi indiana) con mandato d’arresto «non bailable» (senza possibiltà di libertà su cauzione) per deporre al processo sulle mazzette di Agusta Westland ancora aperto nel subcontinente, in un’intervista a Reuters nel 2014 aveva negato ogni coinvolgimento nelle presunte attività illegali di Haschke, nonostante la tesi degli inquirenti (mutuata dalle dichiarazioni di Haschke) indichi un accordo di divisione 50 e 50 tra Michel e Haschke di 58 milioni di euro.
Va bene tutto ma: perché?
E arriviamo alla domanda: cosa c’entra tutto questo casino coi due marò e l’arbitrato internazionale? In punta di diritto, molto difficile da valutare. La Corte arbitrale, ricordiamo, dovrà decidere chi tra India e Italia abbia il diritto di giudicare Girone e Latorre per l’accusa di omicidio dei pescatori Ajesh Binki e Valentine Jelastine al largo delle coste del Kerala. E lo farà valutando le leggi in materia di navigazione internazionale. Difficile che le informazioni di Michel possano influenzare la Corte rispetto all’interpretazione del codice marittimo internazionale.
Altra ipotesi: se i giudici della Corte arbitrale decideranno di sentire Michel – è nelle loro facoltà, secondo le regole procedurali della Corte – e la storia del «colloquio segreto» fosse provata come vera (Michel dice di averla sentita da tre fonti di Finmeccanica, che indicherà ai giudici internazionali in maniera «confidenziale»), la richiesta di rimpatrio di Girone da parte delle autorità italiane potrebbe uscirne rafforzata, configurando il rischio di uno «scambio di favori» quantomeno non ortodosso.
Sul perché Michel, da Dubai, abbia deciso di intervenire di persona in questo casino giuridico-burocratico, al momento ci vorrebbe la sfera di cristallo. Che, purtroppo, qui non abbiamo.
[Scritto per East online; foto credit: quint.com]