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I soldati nordcoreani in Russia preoccupano la Corea del Sud

In Relazioni Internazionali by Lorenzo Lamperti

In 1.500 già a Vladivostok a bordo di navi della marina di Mosca. Intanto Kim Jong-un cambia la Costituzione: Corea del Sud “paese straniero e ostile”. Aumentano le tensioni sulla penisola

L’Asia orientale entra in guerra. Per l’esattezza, nella guerra in Ucraina. Dopo mesi di voci, la Corea del sud ha dichiarato che la Corea del nord starebbe inviando delle truppe in Russia per combattere al fianco dell’esercito di Mosca. Dopo le dichiarazioni in tal senso del presidente ucraino Volodymyr Zelensky e le indiscrezioni lanciate dall’agenzia di stampa Yonhap, il presidente Yoon Suk-yeol ha convocato una riunione d’emergenza. Al termine, l’intelligence di Seul ha confermato che Pyongyang avrebbe deciso di inviare circa 12 mila soldati. Circa 1500 unità sarebbero già state trasportate a Vladivostok, Estremo oriente russo, dove nel settembre 2023 si sono incontrati Kim Jong-un e Vladimir Putin. Il trasferimento di fanteria e componenti delle forze speciali sarebbe avvenuto tra l’8 e il 13 ottobre, a bordo di navi da trasporto della marina russa. Sarebbero già in addestramento e potrebbero essere pronti a combattere a partire da novembre.

“In questo momento la nostra posizione ufficiale è che non possiamo confermare che la Corea del nord avrebbe soldati impegnati attivamente nello sforzo bellico russo”, ha commentato il segretario generale della Nato, Mark Rutte. Ma, se Seul ha ragione, si tratterebbe dell’inizio del coinvolgimento diretto della Corea del nord nel conflitto. Già a inizio ottobre, i media ucraini avevano sostenuto che sei nordcoreani erano tra le vittime di un attacco missilistico di Kiev nei pressi di Donetsk. E da diverso tempo, Pyongyang è accusata di rifornire la Russia di proiettili di artiglieria, missili e altre attrezzature. Secondo l’intelligence sudcoreana, i soldati nordcoreani avrebbero ricevuto uniformi russe e documenti contraffatti. In cambio, Seul sostiene che la Corea del nord avrebbe ottenuto sostegno al suo programma di lanci satellitari e assistenza tecnologica per il potenziamento del suo esercito. Sin qui Mosca ha sempre negato, ma ha riconosciuto che l’accordo di mutua difesa siglato a giugno tra Kim e Putin prevede cooperazione in materia di sicurezza, con possibile intervento in caso di aggressione di un paese terzo.

L’invio di militari nordcoreani sarebbe la prova che quell’intesa può avere conseguenze molto concrete. La Corea del sud ha definito i legami militari tra Pyongyang e Mosca come una “significativa minaccia alla sicurezza nazionale e internazionale”. D’altronde, la notizia arriva in un momento in cui le tensioni nella penisola coreana sono in aumento. La scorsa settimana, alcuni droni sudcoreani hanno oltrepassato la frontiera, spargendo volantini di propaganda anti regime. Kim ha risposto facendo esplodere due strade di collegamento intercoreano e schierando mezzi di artiglieria nei pressi del confine.

I media di regime hanno poi pubblicato foto di Kim che parla con le truppe di fronte a una mappa delle due Coree. “Se la nostra sovranità è minacciata, la forza fisica può essere usata senza esitazione”, ha detto il leader supremo. Il tutto mentre è stato di fatto ufficializzato l’emendamento alla costituzione che identifica la Corea del sud un “paese straniero e ostile”, rinnegando lo storico obiettivo della riunificazione. Il messaggio è rivolto anche agli Stati uniti, ritenuti da Kim i responsabili dell’escalation per il rafforzamento della loro presenza militare nella regione. Anche per questo ci si aspettano nuove mosse nelle prossime settimane. Possibile il lancio di un nuovo satellite spia, e l’intelligence sudcoreana non esclude il settimo test nucleare: sarebbe il primo dal 2017. Di recente, la propaganda del regime ha pubblicato per la prima volta le immagini del suo sito nucleare e alcune foto satellitari dimostrerebbero che i preparativi sono conclusi.

Intanto, a Seul c’è chi inizia a pensare che Yoon possa cedere al pressing di Usa e Nato e rompere uno storico tabù, riformando la legge che vieta l’aiuto militare a paesi coinvolti in guerra e inviando armi in Ucraina.

Di Lorenzo Lamperti

[Pubblicato su il Manifesto]