La situazione di Colombo appare sempre più grave tra le difficoltà del nuovo governo a arginare la crisi nel medio termine e l’impoverimento sociale cui sembra condannata dalla fuga di classi medie istruite che rischia di porre il paese in condizioni ancora peggiori
La crisi di liquidità con gravi conseguenze sull’inflazione che lo Sri Lanka ha patito nel 2022 inizia a recapitare i suoi effetti di medio termine, fra essi un rapido incremento dell’emigrazione dall’isola del Subcontinente verso l’estero. Così, mentre la banca centrale del paese ha annunciato un taglio dei tassi di interesse per la prima volta in tre anni, sintomo di una confidenza nella stabilità del paese, suffragata per altro dalla crescente stabilizzazione del paese, l’emigrazione diviene un problema da non sottovalutare. Nella seconda metà del 2022 l’emigrazione dal paese era stata un fenomeno generalizzato, sull’onda dell’emozione causata dal dramma della crisi salita alla ribalta delle cronache per la rovinosa montata dell’inflazione (con l’indice dei prezzi al consumo giunto alle cifre paradossali di oltre il 60% su base annua nella seconda metà del 2022) e delle rivolte. Nel 2023 il trasferimento di persone si sta cronicizzando con caratteristiche preoccupanti. Chi lascia il paese non è più mosso in maggioranza da esigenze immediate legate all’indigenza e alla sopravvivenza ma da un più preoccupante decadimento della fiducia per il proprio futuro in Sri Lanka. Nei primi tre mesi del 2023 circa 73000 persone sono emigrate e fra esse aumenta il numero di lavoratori qualificati e professionisti, come dottori, ingegneri e informatici che non vedono più opportunità di futuro nel proprio paese.
L’impasse mostrata dal governo.
La crisi e le violente sommosse scatenatesi nel momento più duro hanno causato le rocambolesche dimissioni dell’esecutivo e l’avvento al potere dell’attuale Presidente Ranil Wickremesinghe nel luglio 2022. La repressione delle rivolte da parte del nuovo capo dell’esecutivo è stata molto efficace, ma non lo è stata altrettanto la capacità di riconquistare la fiducia della nazione dato che, come abbiamo visto, la fuga dal paese riguarda anche classi che sono considerate medie e agiate. Di certo non appaiono tempestive le riforme economiche che Colombo ha programmato solo nel mese di aprile 2023 e che non sono sembrate convincenti per gli eventuali investitori esteri mentre quelle fiscali sono apparse appena sufficienti per il Fondo Monetario Internazionale che ha concesso un prestito solo nel marzo di questo anno perché in attesa di riforme fiscali più. Non a caso, in relazione all’emigrazione peraltro la pressione fiscale sui professionisti, cresciuta esponenzialmente, ha avuto un ruolo fondamentale.
Una situazione difficile.
Mentre il flusso migratorio assume caratteristiche sempre più articolate e preoccupanti le reazioni dall’estero non si fanno attendere: al termine del mese di maggio la diplomatica britannica Sarah Hulton (inviata presso il governo di Colombo) ha chiesto l’intervento dello Sri Lanka per frenare l’immigrazione dal paese (in special modo quella illegale) verso il Regno Unito. Al contempo l’Australia, le cui politiche sull’immigrazione sono particolarmente restrittive, aveva già agito in senso restrittivo contro l’immigrazione dall’isola del Subcontinente. La situazione di Colombo appare quindi sempre più grave tra le difficoltà del nuovo governo a arginare la crisi nel medio termine e l’impoverimento sociale cui sembra condannata dalla fuga di classi medie istruite che rischia di porre il paese in condizioni ancora peggiori. Condizioni che andrebbe a condividere con altri paesi del Sud Asia come il Pakistan.
Di Francesco Valacchi