Siamo ufficialmente abitanti del villaggio di Bollophur, periferia di Santiniketan, periferia di Bolpur, a tre ore da Calcutta, Bengala Occidentale. Questi sono i nostri diari.
Siamo tornati in India da pochi giorni e, attualmente, siamo in camera di decompressione a Delhi. Dall’Italia a Santiniketan in un sol colpo sarebbe stato proibitivo, troppo il divario tra gli aperitivi da Renato a San Lorenzo e i venditori di stracci che alle 7 di mattina passano in bicicletta davanti casa nostra urlando "rumaaaaaaaaal".
L’altra sera siamo stati con amici in un centro commerciale, lo Skywalk, a Delhi sud. Un’ammasso di negozi così luccicante e lussuoso, in una città come Delhi, assomiglia ad una vineria nel centro di Riad. Arrivati nel parcheggio sotterraneo in auto, due guardie controllano cofano e portabagagli per vedere se abbiamo delle bombe nascoste. Controllano solo fuori, potevamo avere il cruscotto carico di tritolo, ma evidentemente le direttive sono di dare un’immagine di sicurezza senza però infastidire troppo il cliente.
Nel centro commerciale è pieno dei soliti negozi da centro commerciale: le catene d’abbigliamento, i gioielli, le boutique, supermercati che vendono prodotti d’importazione. Le persone intorno a noi sono molto molto ricche, abituate ad uno stile di vita decisamente agiato, vestite alla occidentale e abituate a comunicare esclusivamente in inglese.
Il diritto alla ricchezza è sacrosanto, come lo è quello di fare colazione col caviale spalmato sulle fette biscottate e inzuppato nel latte di cocco, se a uno piace. Non sono sconvolto dala ricchezza, dall’opulenza o dal contrasto ricco-povero in India. Se vi aspettavate una tirata sull’iniquità del sistema, lasciate perdere.
Osservando le persone camminare tra i banchi di Zara, principalmente giovani donne, provarsi i vestiti attillati, toccare le pashmine vendute a prezzi assolutamente esilaranti, mi sono chiesto: "Ma quanto deve essere triste una ragazza ricca in India?"
Spendere un sacco di soldi per comprarsi vestiti alla moda, anche provocanti, che si possono indossare solo in feste private, locali à la page, ghetti per ricchi. Ti agghindi per la serata, sali in macchina col driver, ti fai scaricare alla festa – il driver aspetta fuori – risali in macchina dopo alcune ore, torni a casa e ti strucchi.
Hai paura ad uscire di casa da sola, non hai mai preso l’autobus o la metro, mangi solo in certi ristoranti o, al massimo, il cibo che la servitù prepara – sempre uguale, a rotazione – da quando sei nata.
A vedere le ragazze da centro commerciale indiano un po’ mi sono rattristato. O forse ero solo teso, che in tutto il centro commerciale non si poteva fumare – nemmeno all’aperto.