I commenti sono proibiti

In by Simone

Mercoledì mattina, in una zona neanche troppo periferica della capitale cinese (terzo anello sud), centinaia (qualcuno dice migliaia) di lavoratori migranti sono scesi in strada e hanno manifestato. Lo sappiamo grazie a internet. Ma il dipartimento di propaganda si è affrettato a censurare. Sui social media cinesi continuano a rimbalzare le immagini della manifestazione e della polizia schierata in assetto antisommossa. La protesta è scoppiata a seguito della morte di una giovane lavoratrice migrante: Yuan Liya, 22 anni, originaria della regione meridionale dell’Anhui e impiegata a Pechino nei grandi magazzini Jingwen è morta alle 5 di mattina del 3 maggio, precipitando dal tetto dello stabile dove lavorava e dove era rientrata la sera prima.

La polizia di Pechino ha dichiarato ufficialmente che non ha trovato niente di sospetto sulla scena del crimine, né a seguito dell’autopsia sul corpo della giovane, e ha specificato comunque che avrebbe fatto ulteriori analisi. Ma i genitori della ragazza sono convinti che sia stata prima violentata e poi uccisa, e che questo crimine voglia essere coperto dalla polizia.

Sui pochi striscioni che si vedono tra le foto e i video che ritraggono i manifestanti si legge quello dei compaesani di Yuan Liya che “non credono si tratti di un suicidio” e alcuni fogli a4 con stampato a caratteri cubitali “Proprietario del Jingwen, il sangue si paga con il sangue”. Queste le voci che girano sul web, questa la miccia scatenante di una delle rarissime manifestazioni documentate sul territorio della città di Pechino.

Una negoziante del posto ha raccontato all’inviata del Guardian che la polizia è arrivata attorno alle 10 di mattina, seguita da circa 200 persone che marciavano e gridavano. Poi il numero dei manifestanti e quello dei poliziotti sarebbe salito con il risultato che avrebbero chiuso la strada. Online sono ancora disponibili foto e filmati.

È chiara la presenza di una folla di centinaia di persone, ma non si riescono a distinguere i manifestanti dai curiosi. Si sentono grida, slogan e incitamenti ad andare avanti. Qualcuno ha anche dichiarato ai giornalisti che ci sono stati scontri tra polizia e manifestanti e che la polizia ne avrebbe picchiato diversi manifestanti per poi trascinarli nelle camionette. Nelle fotografie che abbiamo avuto modo di vedere di tutto è questo è documentato solo un manifestante che viene spinto da due poliziotti con la faccia contro il cofano di una macchina.

Secondo quanto riporta il Financial Times l’intero traffico di Pechino sud è rimasto bloccato per ore a causa degli scontri tra polizia e manifestanti, sicuramento un elicottero delle forze dell’ordine monitorava la situazione dall’alto. Sempre sul quotidiano britannico si legge che i manifestanti erano un centinaio secondo l’ufficio locale della polizia e circa diecimila secondo un partecipante che avrebbe inoltre aggiunto che diversi manifestanti sarebber stati feriti e arrestati nel pomeriggio.

Nel frattempo anche la macchina della censura era entrata in azione. Su Sina Weibo, il twitter cinese, vengono immediatamente bloccate le ricerche sul nome del centro commerciale dove lavorava la ragazza (Jingwen), sul suo nome (Yuan Liya), sull’ufficio di polizia presso il quale la famiglia della ragazza aveva fatto denuncia (Dahongmen) e gli indirizzi del mercato e della via in cui era stata bloccata la manifestazione (Nansanhuan e Muxiyuan). Ma l’hashtag #ragazzaAnhui era tra i dieci termini più ricercati del giorno.

L’ottimo China Digital Times ha messo online anche le direttive dell’Ufficio di propaganda sull’argomento. Vi si legge:

Avviso. Chiediamo a tutti i siti di trattare le informazioni sull’incidente della ragazza al Jingwen di Pechino come segue:
1- Le notizie dovranno essere spostate più in basso dei primi due titoli della pagina e la sezione dei commenti dovrà essere chiusa. Le informazioni contenute dovranno aderire perfettamente a quelle rilasciate dall’account weibo ufficiale della Polizia di Pechino
2- Solo i post dell’account weibo ufficiale della Polizia di Pechino (http://e.weibo.com/1288915263/zvJNQdsDA) potranno essere condivisi. I commenti sono proibiti.
3- Tutti gli altri contenuti di testo o immagini relativi a quest’incidente dovranno essere cancellati. Ai siti internet è cortesemente richiesto di soddisfare questi requisiti di lavoro.

Secondo alcuni testimoni molti dei manifestanti erano dell’Anhui, la regione della ragazza. Si sarebbe trattato quindi di una manifestazione di lavoratori migranti, lo scalino sociale più basso dei cittadini, quelli che a prescindere dagli anni che hanno vissuto in una città sono esclusi da diritti base come sanità e istruzione (se ne possono avvalere nei loro luoghi di origine, dove però spesso non c’è altro lavoro che prendersi cura dell’orto e di qualche animale da cortile).

Questa storia è importante perché se da una parte marca con forza la spaccatura sociale ed economica che divide i cittadini di una metropoli come Pechino e i lavoratori migranti che vengono da fuori – i waidiren come li chiamano con disprezzo – dall’altra mette anche in risalto la loro capacità di organizzazione. Saranno pure gli ultimi della scala sociale ma, se si escludono le proteste antigiapponesi in qualche modo supportate dal governo, erano anni che a Pechino non si vedevano manifestazioni.

[Scritto per Lettera43]