Con i dubbi che si moltiplicano sul reale andamento dell’economia cinese, e voci di crisi smentite da più parti, l’imminente capodanno lunare, appare come un banco di prova importante del benessere nazionale. In questo momento dell’anno, brand cinesi e marchi stranieri presenti oltre muraglia, danno tradizionalmente avvio a una parata di campagne marketing multichannel che puntano ai milioni di cinesi in patria e fuori. Nel 2018 il totale delle vendite retail durante i 6 giorni centrali delle festività, sono state di 146 miliardi di dollari in regali a famigliari ed amici, doni per oliare le proprie guanxi, hongbao e spese varie.
Ma non sono solo le vendite a contare, il capodanno cinese è anche un momento in cui, attraverso le campagne di comunicazione e marketing, i brand cinesi raccontano la Cina, così come vuole essere percepita all’esterno e quelli stranieri propongono la propria visione del paese e della sua cultura. Un banco di prova importante e a volte insidioso.
Un paio di esempi illuminanti. La campagna di Burberry lanciata per il capodanno cinese, ritrae una famiglia che si vorrebbe tipicamente cinese, ma che risulta estranea, nella sua compostezza e freddezza, al contesto culturale e all’idea che gli stessi cinesi hanno della festa più importante dell’anno. Più simili alla Famiglia Addams, ma senza l’ironia, né il corrispettivo cinese cui riferirsi, i personaggi ritratti risultano talmente distanti da provocare le proteste della rete che ha criticato la campagna con toni spesso accesi.
Sul fronte opposto, la narrazione nazionale, che fa leva sul protagonista del capodanno 2019, l’ultimo segno dei 12 che compongono zodiaco cinese, il maiale, proponendo una propria efficace storia. Il caso è quello del promo per il lancio del cartone “Peppa Pig celebrates Chinese new year” (nelle sale il prossimo 5 febbraio), prodotto da Alibaba Pictures. Il video (qui nella versione con sottotitoli inglese)., racconta di un nonno che abita in una campagna ormai deserta, e che cerca il regalo ideale per il nipotino di città, che non fa che parlare di un certo Peipei Zhu (Peppa Pig). Che cosa sarà mai? Tutto il villaggio è coinvolto nella ricerca e a venirgli in aiuto alla fine una vicina che aveva lavorato come Ayi in città. Il resto lo fa l’ingegno e l’ironia cinese. In questi pochi minuti si condensano tutti i temi centrali nella Cina di oggi: famiglia, pietà filiale, distanza, divario città campagne e gap generazionale, tradizione contro modernità ed antichi saperi contro nuove tecnologie, dando modo allo spettatore di riconoscersi, insomma.
Tornando al racconto proposto dai brand stranieri, che dopo i disastri di D&G ci vanno con i piedi di piombo e tra claim, immagini e prodotti in edizione limitata ed ad hoc per il mercato cinese, cercano di incontrare il gusto del pubblico, senza urtarne la sensibilità.
Anche qui qualche esempio, preso dal mondo del lusso e non solo. Gucci decide di andare sul sicuro e rispolvera la storia dei tre porcellini della favola, nella rivisitazione di Disney. Li si trova riprodotti su portafogli, borse, scarpe e un omaggio al maiale è prodotto dall’artista inglese Frank Lebon, nel suo “The Gucci Pig Family” raccolta di foto a tema suino.
Moët Hennessy veicola il proprio messaggio attraverso l’arte. Collaborando con un giovane artista shanghaiese Huang – Hu Zhang che ha realizzato una serie di illustrazioni, in un misto di tecniche tradizionali e digitali media, dal titolo ‘A joyous reunion”. Gli aeroporti sono stati scelti per proporre le immagini che accompagnano un quesito sulla fortuna del nuovo anno, possibilmente sorseggiando un cocktail appositamente inventato, il ‘Firecracker’.
Bulgari, si è spinta a giocare con la lingua cinese, presentando la collezione pensata per il capodanno lunare, propone un gioco di parole con la parola 猪 (zhū) maiale e il corrispettivo fonetico Jew, che sta per Jewels, utilizzato alla fine delle parole in sostituzione di zhū. Una scelta coraggiosa quella di giocare con la lingua cinese, che ha attirato qualche critica sull’accostamento tra zhū e Jew. La campagna è sparita dagli account weibo e wechat, probabilmente per evitare possibili attacchi.
Esperta di sostenibilità sociale e ambientale. Si è formata nel mondo della ricerca accademica (prima alla Fondazione Eni e in seguito all’Università Bocconi) ed é arrivata in Cina nel 2007. Negli anni cinesi ha lavorato come consulente e collaborato con diverse testate italiane online quali AgiChina e China Files per le quali ha tenuto il blog La linea rossa e la rubrica Sustanalytics oltre a curare il volume “Cina e sviluppo sostenibile, le sfide sociali e ambientali del XXI secolo, L’Asino d’oro (2015). Dopo una parentesi nel settore privato come Communications & Corporate Affairs Manager in Svizzera, é rientrata in Italia e ora vive a Milano.