Cina e Hong Kong si incontreranno nel gruppo C asiatico per le qualificazioni ai mondiali di calcio del 2018, in Russia. L’ha stabilito il sorteggio di martedì 14 aprile. Hong Kong è una zona amministrativa speciale della Cina e quando si tratta di football esistono due nazionali, più o meno come per Scozia e Inghilterra.
I giornali hongkonghini si sono immediatamente sbizzarriti e il South China Morning Post ha prontamente ricordato il 1985 (con tanto di gallery fotografica) quando, in vista dei mondiali messicani dell’anno successivo, la rappresentativa dell’allora colonia britannica sbancò clamorosamente lo Stadio dei Lavoratori di Pechino per 2-1, provocando addirittura scontri di piazza nella “capitale del nord”. La Cina aveva da poco assistito per la prima volta ai mondiali in televisione – quelli dell’82, vinti dall’Italia – e la passione stava già diffondendosi; mal ripagata però dalle prestazioni in campo. Iniziava così una storia di speranze disattese che va avanti fino a oggi. Va detto che le due squadre si sono incontrate ancora per la qualificazione ai mondiali del 2006 e l’esito fu ben diverso: 1-0 e addirittura 7-0 per la Cina nei due match. Ma tra un David con il cervello sgombro e un Golia sempre sull’orlo dello psicodramma, si sa come può andare a finire.
L’allenatore di Hong Kong, che è il coreano Kim Pan-gon, getta ora benzina sul fuoco, dicendo che la sua squadra non ha nulla da perdere e quindi giocherà rilassata, puntando a un pareggio con i cinesi e al terzo posto nel girone. “Maniavantismo” sornione, il suo, e chissà che ci scappi il colpaccio. Tutto il contrario invece per i dirimpettai, costantemente alla ricerca della ribalta pallonara.
Il governo di Pechino ha infatti appena lanciato un programma a lungo termine per fare della Cina una superpotenza anche nel calcio, al pari di europei e sudamericani. La strategia annunciata è duplice: da un lato si vogliono decimare i ranghi amministrativi all’interno della China Football Association – ricettacolo di corruzione – e sottrarla al baraccone dell’Amministrazione Generale dello Sport, che corrisponde a criteri politici e non di efficienza; dall’altro, le scuole elementari e medie tenute a inserire il calcio nei propri programmi educativi passeranno dalle 5mila di oggi alle 20mila del 2020 e quindi alle 50mila del 2025. A finanziare tutto il sistema, la lotteria nazionale, che dovrebbe anche permettere la creazione di due “Coverciano” cinesi.
Se i suoi precursori amavano il ping-pong, Xi Jinping sarebbe un grande amante del calcio, ma la nazionale è solo 83esima nel ranking mondiale. Gli investimenti che i grandi conglomerati cinesi fanno nel football straniero – vedi le voci di un possibile acquisto del Milan – sono così del tutto in linea con il trasferimento di tecnologia che Pechino cerca anche in altri campi: investire nelle eccellenze straniere per attivare uno scambio benefico per la madrepatria. In miliardario Wang Jianlin, tycoon di Dalian Wanda, si è comprato per esempio il 20 per cento dell’Atletico Madrid e sponsorizza da tempo Valencia e Villareal affinché ospitino nelle loro giovanili le promesse del calcio cinese: scuola calcio su grande scala.
Così, nel disegno generale, si dice che Pechino abbia rinunciato alla candidatura per i prossimi mondiali russi proprio per evitare figuracce e prendere la rincorsa in vista della coppa del mondo 2026, che la Cina vorrebbe ospitare. Sulla strada di questo mastodontico piano decennale, ecco la piccola, dispettosa, snob, Hong Kong.
Il capitano hongkonghino – Chan Wai-ho – stuzzica la controparte dicendo che la familiarità dei suoi compagni di squadra con il calcio continentale (in realtà solo tre di loro giocano nel campionato cinese) potrebbe essere la chiave per la vittoria. “Se saremo in grado di ottenere un buon risultato contro la Cina – dato che li conosciamo bene – potremmo lottare per il secondo posto nel gruppo”, ha detto Chan al South China Morning Post, puntando così all’altro posto utile per la qualificazione. Le altre squadre del girone sono infatti Bhutan, Maldive (abbordabilissime) e Qatar (un po’ meno). E poi c’è un calendario interessante: le partite tra le due nazionali saranno infatti giocate il prossimo 3 settembre (in Cina) e il 17 novembre (a Hong Kong), in un arco di tempo che coincide con il primo anniversario del movimento Occupy dell’autunno scorso. Tra le varie anime che in quei giorni scendevano in piazza, c’era anche chi rivendicava un’identità separata dalla Cina. Football e questioni identitarie, si sa, vanno a braccetto da sempre. La “tana” di Hong kong è il “Mong Kok Stadium”: guarda un po’, proprio nel quartiere dove ci fu uno dei principali blocchi stradali di Occupy. La partita del 17 novembre potrebbe quindi trasformarsi in una manifestazione di dissenso, imbarazzante per Pechino. Se poi i cinesi-non cinesi dell’ex colonia britannica vincessero pure, apriti cielo.