Hong Kong: Il Pcc non replica a Trump. I media cinesi sì

In Cina, Relazioni Internazionali by Simone Pieranni

Il giorno dopo il discorso di Trump di fronte alla Casa bianca, nel quale ha anche annunciato l’uscita degli Usa dall’Oms, da Pechino non è arrivata nessuna reazione e perfino i media statali, che nelle settimane scorse avevano attaccato senza tregua Washington dopo le accuse definite «infamanti» sulle origini del virus, hanno dedicato poco spazio alle ultime esternazioni del presidente americano.

L’eco del discorso del premier Li Keqiang alla conclusione delle «due sessioni» legislative deve aver convinto un po’ tutti sulla necessità di abbassare i toni. A questo appello informale non ha risposto solo il Global Times, quotidiano del Pcc in lingua inglese ed espressione delle voci più nazionaliste che ruotano intorno al Partito comunista.

Il quotidiano, attraverso un editoriale, ha utilizzato i consueti toni epici nella descrizione dello scontro tra le due potenze, sostenendo che gli Usa starebbe combattendo inutilmente contro «le maree della storia» ed elencando le tante conseguenze negative anche per gli Stati uniti a seguito di eventuali misure economiche contro l’ex colonia britannica.

E proprio da Hong Kong sono arrivate invece le reazioni di funzionari governativi della città, dunque tutte persone apertamente «filo-cinesi».

Parlando alla stampa, il ministro della Sicurezza, John Lee, ha dichiarato che il governo di Hong Kong non può essere minacciato e andrà avanti con le nuove leggi.

Il riferimento – come riportato da Agenzia Nova – è alla legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino, benché non ancora ufficialmente approvata, perché dopo il passaggio «parlamentare» sono necessari altri voti (scontati) . «Non credo che riusciranno a minacciare il governo di Hong Kong, perché pensiamo che quello che stiamo facendo sia giusto», ha dichiarato Lee.

La ministra della giustizia, Teresa Cheng, ha aggiunto che per quanto le concerne, i presupporti che hanno portato alla decisione di Trump sono «completamente falsi e sbagliati», definendo legale e necessario il bisogno di leggi sulla sicurezza nazionale.

[Pubblicato su il manifesto]