La legge sulla sicurezza nazionale approvata da Pechino nei giorni scorsi sta già cambiando Hong Kong. Gli articoli del provvedimento, nato con l’intento cinese di sradicare per sempre l’innesco delle proteste che per un anno hanno caratterizzato la vita dell’ex colonia , sono sufficientemente vaghi per mettere a repentaglio più o meno tutti.
GLI ATTIVISTI stanno cancellando le proprie tracce dal web, benché la legge non sia retroattiva, ma si temono «vendette», mentre si è scoperto che la legge potrebbe operare anche nei confronti di chi critica la Cina all’estero: nel momento in cui l’eventuale responsabile dovesse trovarsi a Hong Kong potrebbe essere incriminato.
Ugualmente, chi dovesse essere accusato dei reati previsti dal provvedimento, potrebbe addirittura essere condannato all’ergastolo e finire in una prigione cinese. Questo ha comportato le prime fughe: Nathan Law, uno dei più noti attivisti di Hong Kong, il 2 luglio ha annunciato di aver lasciato la città dopo l’entrata in vigore della nuova legge.
LAW HA AFFERMATO che intende proseguire all’estero il proprio attivismo contro «l’espansione autoritaria» del governo cinese. L’annuncio giunge all’indomani di una testimonianza resa in videoconferenza dallo stesso Law al Congresso federale degli Stati Uniti, in merito alle implicazioni del provvedimento entrato in vigore ad Hong Kong il primo luglio scorso. Il problema si pone anche per la stampa.
Come riportato dal Guardian molti dei freelance che utilizzano l’ex colonia come postazione privilegiata per scrivere di Cina (lo fece molto tempo anche il noto sinologo Simon Leys, che da Hong Kong seguì le vicende della Repubblica popolare alle prese con l’inizio della Rivoluzione culturale) stanno pensando di abbandonare la città, perché la legge finirà con il limitare – considerata la sua vaghezza – anche la libertà di critica nei confronti di Pechino.
E NON SONO MESSI MEGLIO gli editori di media locali: una delle cose più apprezzate di Hong Kong, anche per chi ha avuto l’occasione di soggiornarci arrivando dalla Cina continentale, è sempre stata la vivacità della stampa e dell’editoria, con la possibilità di trovare libri o quotidiani con informazioni inaccessibili in Cina.
Al Guardian i responsabili di alcune testate hanno specificato di essere in procinto di capire quali misure dovranno essere prese per non incorrere nella censura, ragionando anche sulla possibilità di trasferire server e dati all’esteri. Il clima di generale timore nei confronti della nuova legge è inoltre suffragato dalla scelta che Pechino ha fatto per il responsabile che dovrà organizzare la vita dell’agenzia di sicurezza preposta all’attuazione della legge.
Xi Jinping ha scelto Zheng Yanxiong, ex segretario generale del Partito del Guangdong. Zheng parla cantonese e quindi dovrebbe essere in grado di ambientarsi molto velocemente a Hong Kong e ha un curriculum di uomo d’ordine, come dimostrato nel 2011 durante le proteste degli abitanti del villaggio di Wukan contro le requisizioni forzate di terre.
ALL’EPOCA GLI ABITANTI cacciarono i funzionari e la polizia e instaurarono una sorta di comune all’interno del villaggio con tanto di media center per i giornalisti stranieri. Il leader delle proteste, infine, venne eletto alle votazioni locali, salvo essere arrestato per corruzione cinque anni dopo. Se allora Wang Yang –astro nascente, nel 2011, del partito nel Guangdong – fu il funzionario che cercò la mediazione, Zheng si distinse per le critiche agli abitanti accusati di «complicità» con le potenze straniere contro la Cina.
Una posizione che nell’attuale fase di dominio di Xi Jinping non poteva che essere premiata. La sua nomina ha anche un altro risvolto, politico: Zheng è un funzionario che ha sempre avuto mansioni nella propaganda. La scelta di Xi, che ha estromesso servizi e apparato di sicurezza dal ruolo apicale, dimostra la volontà di tenere sotto un rigido controllo politico e ideologico l’attività della nuova agenzia di sicurezza a Hong Kong.
[Pubblicato su il manifesto]Fondatore di China Files, dopo una decade passata in Cina ora lavora a Il Manifesto. Ha pubblicato “Il nuovo sogno cinese” (manifestolibri, 2013), “Cina globale” (manifestolibri 2017) e Red Mirror: Il nostro futuro si scrive in Cina (Laterza, 2020). Con Giada Messetti è co-autore di Risciò, un podcast sulla Cina contemporanea. Vive a Roma.