Due donne sono il volto della musica sufi nel mondo. Entrambe originarie del Pakistan ma di generazioni differenti, raccontano la propria cultura e tradizione, svelando parti delle loro identità. Himalayan Seeds, la rubrica sull’universo indiano a cura di Maria Casadei.
La vera essenza della musica sufi può difficilmente essere compresa dal mondo occidentale. Non mi riferisco solo alla lingua, ma soprattutto ai principi, alle regole e ai significati che racchiude. Questo genere musicale di tipo devozionale, incentrato sulla figura del maula, ‘signore, ‘Allah’, o ‘re’, rappresenta una forma di preghiera intima ed estremamente profonda. La musica ricopre un ruolo vitale nella pratica del sufismo, il ‘pensiero mistico islamico’ secondo il quale l’amore divino, l’ultima verità e conoscenza possono essere raggiunti tramite l’esperienza diretta con Dio. Per questo motivo la melodia sufi tende ad operare ad un livello superiore, a risvegliare una sensibilità sopraffina di cui la maggior parte di noi non ha nemmeno coscienza. La musica sufi è personale ma allo stesso tempo universale ed esprime una continua ed esasperata ricerca di contatto con il divino.
Abida Praveen è unica nel suo genere. Originaria del Sindh, è in assoluto la cantante sufi più famosa di tutto il Pakistan. Nel corso della sua vita, Abida ha utilizzato la musica per diffondere gli insegnamenti del sufismo, insieme alla cultura pakistana. E’ riconosciuta come la maggiore esponente contemporanea di ghazal (utilizzati anche in diversi film Bollywood) e musica kafi, stile classico del Punjab e del Sindh che musica i versi dei poeti kafi (dall’arabo, kafa ‘gruppo’). Abida inizia la sua carriera in radio, finché negli anni ’80 diventa popolare in seguito al debutto in televisione con la canzone Gharooli, un kafi punjabi. Dal 2008, la cantante partecipa al Coke Studio, il celebre programma televisivo pakistano che ospita le esibizioni di artisti nazionali esordienti. Nonostante Abida Praveen abbia ricevuto numerosi premi e abbia viaggiato in tutto il mondo, esibendosi non solo negli Stati Uniti e Inghilterra ma anche in paesi europei come la Francia, il suo nome risulta quasi del tutto sconosciuto al di fuori del sud Asia.
L’anno scorso, la cantante Arooj Aftab si è aggiudicata il 64esimo Annual Grammy Awards, diventando la prima artista pakistana a ricevere tale riconoscimento. La sua musica è stata descritta come un mélange di poesia devozionale sufi, jazz, folk, permeata di arrangiamenti orchestrali minimalisti e new age. A molti Arooj Aftab, in quanto donna e cantante sufi, ha ricordato Abida Praveen. Anche se diversi elementi potrebbero (forse) giustificare questo paragone, tuttavia, tra le due artiste ci sono importanti differenze. Mentre con Abida si respira pienamente la tradizione sufi, alla quale la cantante è molto legata e perciò ‘fedele’ nella forma e nell’esecuzione, in alcune tracce di Aroof ci si perde nella fusione e nella contaminazione dei generi musicali. Questa differenza rispecchia la diversa identità assunta dalle due artiste, una fortemente sindhi e/o pakistana, l’altra in principio araba, un po’ pakistana, ma anche americana. Nata in Arabia Saudita da genitori pakistani, Arooj ha speso la sua gioventù a Lahore, in Pakistan, per poi spostarsi a Boston per studiare musica alla Berklee School of Music. Il singolo premiato ai Grammy, Mohabbat ‘amore’, è piaciuto moltissimo anche ad Obama, che ha confessato di averlo aggiunto alla playlist dell’estate 2021.
Il primo album di Aroof, intitolato Bird Under Water, rende omaggio a importanti poeti e cantanti della storia indiana, come Amir Khusrau, Sudarshan Fakir, Anwar Farrukhabadi, Ustad Bade Ghulam Ali Khan e Begum Akhtar. Vulture Prince è il suo secondo e ultimo album, scritto in memoria del fratello deceduto, Mather, e di un’amica, Annie Ali Khan, morta nello stesso anno. Uscito nel 2021, Vulture Prince parla di persone, amicizie e relazioni che finiscono in maniera inaspettata. Sette tracce, di cui sei in urdu e una in inglese (Last Night, che è traduzione di un poema di Rumi, poeta persiano del 13esimo secolo) sembrano accompagnare la cantante nella dolorosa elaborazione del lutto. A parte Mohabbat, Saans Lo (‘Respira’ in Urdu) merita una menzione particolare. Durante un’intervista, Aroof Aftab ha spiegato di aver composto questa canzone utilizzando una poesia che Annie, qualche mese prima di morire, le aveva inviato per mail.
Sempre in Vulture Prince, nel singolo Diya Hai (‘E’ dato’), la cantante ha dato voce ad alcuni versi del ghazal di Mirza Ghalib (poeta Urdu del 18esimo secolo), dal titolo Diyā hai dil agar usko (‘io/egli gli ha dato il suo cuore’).
diyā hai dil agar usko bashar hai kyā kahiye
huā raqīb to ho nāma-bar hai kyā kahiye
Se gli ho dato il mio cuore, è umano, che posso dire?
Se c’è un rivale (raqi’b) al mio amore, lascia che sia, egli è un messaggero (del mio amore), che posso dire?zahe karishma ki yuuñ de rakkhā hai ham ko fareb
ki bin kahe hī unheñ sab ḳhabar hai kyā kahiye
Oh, in che modo meraviglioso mi hai ingannato
che senza che io dicessi una sola parola, tu sai già tutto, che posso dire?
Playlist su spotify :
https://open.spotify.com/album/6HrBTi1F76h7mJuQDHEijH?autoplay=true
Di Maria Casadei
Laureata Magistrale in Lingue e Culture Orientali con specializzazione hindi e urdu. Attualmente è dottoranda in sociolinguistica a Cracovia, in Polonia. Appassionata di Asia, lingue, cinema e letteratura, scrive per myindia e VeNews, per il quale si occupa delle recensioni di film indiani/dell’Asia meridionale in concorso alla Biennale di Venezia.