Se si vuole approfondire la nascita e l’approdo dei film di spionaggio in India, è necessario ricordare che questo Paese è stato una colonia britannica dal 1858 al 1947. Pesanti tracce dell’indissolubile e storico legame tra Inghilterra ed India sono visibili ancora oggi. Questo non toglie che poi il cinema indiano abbia preso una sua direzione, sviluppando un genere di successo modellato sui propri usi e costumi
E’ stato un lungo e interminabile anno per gli appassionati di James Bond. Chi, come me, non si fa mancare un’occasione per rispolverare tutti i film dell’affascinante agente segreto, No Time To Die (2021), uscito ad Ottobre 2021 con un anno di ritardo a causa della pandemia, è stato un pugno allo stomaco. Sicuramente grande azione ed effetti speciali, ma un Daniel Craig visibilmente stanco, personaggi femminili poco credibili, tutto questo per poi subire passivamente la morte del protagonista. Ora bisognerà essere pazienti e aspettare qualche anno prima di capire se il personaggio di Ian Fleming (1908-1964) ha fatto il suo tempo, o se rinascerà con nuova veste, come alcune voci lasciano intendere.
Con un metodo di lavoro assai rigoroso, lo scrittore I. Fleming ha scritto un romanzo all’anno per 12 lunghi anni, dal 1952 al 1964. I film tratti dai suoi capolavori sono pietre miliari nella storia del cinema ed hanno contribuito in maniera significativa allo sviluppo degli Spy Movies a livello mondiale. Romanzi che senza alcun dubbio hanno costruito un’icona difficile da scalfire (anche se come spesso accade e forse anche giustamente) tende a sbiadirsi con le nuove generazioni. Casino Royale (2006), Vivi e lascia morire (1973), Moonraker (1979), From Russia with Love (1963), Goldenfinger (1964), La spia che mi amava (1977), insieme ai più famosi interpreti come Sean Connery, Roger Moore, Timoty Dalton, Pierce Brosnan e Daniel Craig, hanno dato vita ad un fenomeno mondiale, un ponte tra generazioni, potente ed indissolubile.
A parte la trasposizione cinematografica dei lavori di Fleming caratterizzata soprattutto dal fascino traviante di tutti i personaggi sia maschili che femminili che hanno recitato nei film, i romanzi sono un’interessantissima opera storica che parla molto del suo tempo. Anche se gli obiettivi delle missioni di Bond nei libri differiscono spesso da quelli riportati nei film, la spia inglese ha combattuto contro diversi “cattivi, spesso russi o alleati dell’Unione sovietica. Il principale nemico di 007 è lo SMERS (successivamente divenuto SPECTRE), una sezione dei servizi segreti sovietici incaricati di eliminare le spie occidentali ed i nemici del comunismo.
Dopo sei anni di studi sull’Asia meridionale e qualche tentativo di immersione nel mondo del cinema indiano, mi sono chiesta se anche in India esistessero film riconducibili a questo genere, o meglio Spy Movies. Benché la conoscenza del cinema indiano in Italia (e non solo) sia davvero scarsa e inaccurata, la produzione cinematografica del subcontinente è assai varia e va ben oltre la tanto popolare produzione bollywood. Il subcontinente può vantare infatti di un cinema d’autore molto prezioso e curato, che cerca di farsi spazio nel mondo e che sta piano piano crescendo nonostante le difficoltà e le scarse risorse a disposizione.
Se si vuole approfondire la nascita e l’approdo dei film di spionaggio in India, è necessario ricordare che questo Paese è stato una colonia britannica dal 1858 al 1947. Pesanti tracce dell’indissolubile e storico legame tra Inghilterra ed India sono visibili ancora oggi in svariati ambiti e, quasi sicuramente, potremmo dire che il gusto e la spinta verso la produzione cinematografica sia, almeno all’inizio, stata stimolata dagli stessi inglesi. Questo non toglie che poi il cinema indiano abbia preso una sua direzione, sviluppando un genere di successo modellato sui propri usi e costumi, che è senza dubbio diventato da un lato motivo di orgoglio per il paese a livello internazionale e, dall’altro, un’ingente fonte di guadagno.
L’uscita di Dr. No (Terence Young, 1962), From Russia with Love (Terence Young, 1963) e Goldfinger (Gut Hamilton, 1964) e il largo successo avuto in India nei primi anni ’60 ha fatto sì che venisse realizzato il primo film indiano di spionaggio, Farz (Ravikant Nagaich, 1967). Questa pellicola era in realtà un remake di un altro film telugu, Goodachari 116 (Mallikharjuna Rao M., 1967), a sua volta remake di Banco a Bangkok (Anre Hunebelle, 1964), una produzione italo-francese. Farz (1962) rappresenta il primo esperimento di questo genere, nel quale Gopal Kishen Pandey veste i panni dell’agente 116, la cui missione è investigare la morte di un’altra spia uccisa per mano di Supremo (uomo dalle sembianze mongole). Realizzato nel contesto della guerra indo-cinese nel 1962, Farz contiene molti riferimenti al periodo storico che l’India stava vivendo. Supremo incarna infatti la figura dell’”invasore nemico” che desidera paralizzare il sistema indiano attaccando le infrastrutture ed i mezzi di sostentamento.
Il patriottismo è un elemento comune in tutte le produzioni di questo genere. Questo sentimento è spesso in contrasto con l’amore e la sfera sentimentale, alquanto sfuggevole quando si cerca di analizzare il rapporto di Bond con le donne. Nel contesto indiano, già in Farz, l’Agente 116 si innamora di Sunita, che si scopre essere poi la figlia del cattivo, Damodar. La lealtà ed il proprio dovere nei confronti della nazione sono una priorità per 007, mentre l’amore è sempre messo al secondo posto. Questo si ritrova anche in The Train (Ravikant Nagaich, 1970), nel quale un poliziotto sceglie di arrestare il padre della sua compagna, rimanendo fedele alla propria nazione, ma sacrificando così la propria relazione sentimentale. La vacuità delle cosiddette Bond girls (salvo alcune eccezioni come l’acuta e abile agente Anya Amasova in La spia che mi amava) è stata sostituita nei film indiani da donne astute e vendicative che si servono della loro bellezza per sedurre, ingannare e uccidere le spie. Alcune donne si sono distinte per la loro intelligenza come il personaggio di Lily in The Train, la mente responsabile della morte di diversi uomini d’affari. Questo fino al 1968, quando il regista Homi Wadia ha creato il personaggio di Agent Madame X1 per il film Khilari (1968), proponendo per la prima volta al pubblico indiano una spia donna, una James Bond tutta al femminile.
Per quanto riguarda i personaggi negativi, nemici della spia governativa, variano da un film all’altro, a volte sono capi militari, scienziati pazzi, o ricchi uomini d’affari. Questo è il caso di Supremo (in Farz), Jambola (in Wardaat) o Dr. Shiva (in Surakksha). Altre sono invece le figure che potremmo definire più “storiche” come Shākhal (Shaan, Ramesh Sippy, 1980), Mogambo (Mr. India, Shekhar Kapoor, 1987) e Dr. Dang (Karma, Subhash Ghai, 1986), invasori stranieri che rappresentano una seria minaccia per la sicurezza del Paese.
Nel caso dei film di spionaggio, gli effetti speciali soprattutto nelle scene di combattimento sono ormai l’elemento che aiuta a discernere un buon film d’azione rispetto ad un altro. Nel caso dell’India, la violenza comincia ad apparire in scena solo alla fine degli anni ’70 – inizi anni ’80 con i film Surakksha (1979), Wardaat (1981) e Raksha (Ravikant Nagaich, 1982), nei quali è stata data molto attenzione alle sequenze “coreografiche” di lotta tra l’agente segreto e il bruto (spesso lo scagnozzo del cattivo). In Raksha, l’agente 116 si lancia in uno scontro mortale con Gorilla, scena sicuramente inspirata dal celebre corpo a corpo tra Bond e lo squalo (interpretato da Richard Kiel in La spia che mi amava). Nonostante il successo di questo genere, in India i film di spionaggio sono scomparsi alla fine degli anni ’80 e ’90, probabilmente a causa degli avvenimenti politici ed i cambiamenti sociali che hanno travolto il Paese.
Tuttavia, negli ultimi anni è stato prodotto qualche Spy Movie, riscuotendo anche un parziale successo anche se forse non abbastanza perché il genere potesse ricostituirsi, rinnovarsi, adattandosi ai tempi moderni. Nel 2012 è uscito Agent Vinodh (Sriram Raghavan), un remake dal cast stellare dell’omonima pellicola del 1977. Acclamato come “miglior spy movie di Bollywood”, il film ha sollevato numerose critiche, soprattutto per quanto riguarda la sceneggiatura. L’agente Vinodh è proprio colui che si potrebbe definire la versione indiana di James Bond. Nel film è quasi del tutto assente la trasposizione della vicenda nel contesto di produzione, la storia del Paese è ignorata, imitando ad ogni costo i lavori inglesi in tanti aspetti e sotto molti punti di vista. A questo proposito, Raazi (2018) è invece un film tagliente e coraggioso, che è riuscito ad adattarsi ai tempi moderni non scostandosi dalla realtà, ma anzi, tessendo una storia articolata e coinvolgente. Qui, la celebre attrice Alia Bhatt interpreta Sehmat Syed, una spia inviata in Pakistan per conto del RAW (Research and Analysis Wing), l’agenzia di Intelligence indiana. Su richiesta del padre, la donna viene fatta sposare ad un ufficiale militare pakistano per raccogliere e riferire informazioni riservate ai Servizi segreti indiani. La vicenda è ambientata nel periodo della guerra indo-pakistana del 1971, il film è un adattamento del libro di Harinder Sikkha, Calling Sehmat (2008), che si basa su una storia vera. Il lavoro ha riscosso ampio successo, ha ricevuto molte nomination e premi ed ha avuto anche il prezioso merito di fare finalmente spazio alle eroine femminili, fino ad allora non sperimentate soprattutto in questo genere, dimostrando che il pubblico indiano può apprezzare non solo eroi muscolosi e intrepidi ma anche donne sensibili, intelligenti e acute. Raazi è sicuramente un film emozionante e davvero avvincente, testimone di come si possano creare grandi forze se solo l’India e le sue innumerevoli peculiarità venissero valorizzate e riprodotte coraggiosamente sul grande schermo. Soprattutto, come avevano il potere di fare le prime grande perle di James Bond, anche Raazi può far vivere sulla pelle quella tensione gelata e a volte paralizzante tipica della guerra fredda, anche se in questo caso non si tratta di Stati Uniti e URSS, ma di India e Pakistan. Un conflitto radicato, complicato, pericoloso, ma così affascinante. Un sentimento che questo film riassume egregiamente.
Di Maria Casadei*
*Laureata Magistrale in Lingue e Culture Orientali con specializzazione hindi e urdu. Attualmente è dottoranda in sociolinguistica a Cracovia, in Polonia. Appassionata di Asia, lingue, cinema e letteratura, scrive per myindia e VeNews, per il quale si occupa delle recensioni di film indiani/dell’Asia meridionale in concorso alla Biennale di Venezia.