Erotismo in India. Nonostante le Upanishad (raccolta di testi religiosi e filosofici) suggeriscano l’astinenza sessuale e il buddhismo condanni severamente il sesso come una delle cause dell’attaccamento del mondo (quindi da evitare), la tensione verso il piacere risulta comunque una pulsione fondamentale, una dimensione necessaria all’uomo al fine di unirsi con il divino.
Secondo l’ortodossia brahmanica, il piacere, kama, è il quarto scopo della vita umana, dopo moksha (liberazione), dharma (ordine socio-cosmico) ed artha (interesse materiale). Nell’India antica e, più in generale, nel mondo hindu, i riferimenti al sesso e all’attività sessuale sono sempre stati presenti sia nei testi sacri che nella vita quotidiana, sotto forma di immagini e opere artistiche. Un esempio è dato dalle migliaia statue erotiche che adornano il tempio di Khajuraho, amato dai turisti proprio per la naturalezza con la quale vengono rappresentati esplicitamente gli organi femminili e maschili mentre eseguono le più contorte posizioni sessuali. Il trattato del Kamasutra, conosciuto in tutto il mondo e diventato ormai simbolo della cultura indiana all’estero, non parla di sentimento, bensì di puro erotismo e amore fisico.
Nonostante le Upanishad (raccolta di testi religiosi e filosofici) suggeriscano l’astinenza sessuale e il buddhismo condanni severamente il sesso come una delle cause dell’attaccamento del mondo (quindi da evitare), la tensione verso il piacere risulta comunque una pulsione fondamentale, una dimensione necessaria all’uomo al fine di unirsi con il divino.
In periodi precisi della vita, l’astinenza sessuale è caldamente raccomandata (se non ci piace utilizzare il termine ‘imposta’). Prima del matrimonio lo studente brahmanico, ovvero un giovane di casta elevata, si astiene da ogni pratica sessuale osservando la castità. Alla base vi è infatti l’idea che l’attività sessuale e la ricerca religiosa siano inconciliabili e che si debba necessariamente optare per una delle due vie. Secondo la nozione antica, invece, l’ascesi si alimenterebbe proprio dell’energia sessuale che, una volta trasformata in forza, viene utilizzata dal praticante per raggiungere altri fini. Se l’asceta riesce dunque a domare questa pulsione, non sprecando ma conservandone la forza (in sanscrito virya, termine che significa anche sperma) sarà in grado di utilizzare l’energia spirituale per congiungersi con il divino.
L’unione sessuale tra due corpi, o la relazione erotico-amorosa tra l’elemento maschile e femminile (alla pari), sorpassa il mero piacere fisico. Si parla infatti di fusione di animi, dove l’intensità del piacere sessuale crea un’unione mistica. La completa fusione tra due principi fa scomparire la coscienza della dualità, sfociando nell’unità assoluta in cui l’essere umano può conoscere la gioia suprema. E’ importante notare che l’unione del maschile e del femminile avviene all’interno dello stesso corpo dell’uomo (o della donna), nel quale entrambe le polarità sono presenti andando a rappresentare così la doppia natura dell’essere umano. Questa visione è fondamentale per comprendere a pieno il pensiero hindu secondo il quale l’uomo è un microcosmo, il che implica che al suo interno siano presenti tutte le categorie di manifestazione (maschile e femminile).
In India, tra il VI e il VII secolo, si sviluppò la corrente del tantrismo, movimento religioso segnato da un forte ritualismo e una certa, curiosa predilezione verso il piacere e le pratiche sessuali. Secondo il pensiero tantrico, l’asceta deve rimanere sessualmente attivo, poiché altrimenti difficilmente si potrebbe spiegare il suo tapas (calore, ardore). Attraverso precise tecniche fisiche e mentali, l’asceta cerca di elevare la kundalini, centro inferiore del ‘corpo sottile’ (posto vicino agli organi genitali), lungo la colonna vertebrale, facendolo risalire fino alla sommità del cranio (o al di sopra, dove si pensa si unisca al Dio Shiva). Generalmente la kundalini, questa energia serpenteggiante (aggettivo che ricordo il mio professore di Indologia a Venezia pronunciare in maniera molto divertita), sale senza partner sessuale, solamente attraverso la meditazione e il controllo della respirazione.
Di Maria Casadei*
*Laureata Magistrale in Lingue e Culture Orientali con specializzazione hindi e urdu. Attualmente è dottoranda in sociolinguistica a Cracovia, in Polonia. Appassionata di Asia, lingue, cinema e letteratura, scrive per myindia e VeNews, per il quale si occupa delle recensioni di film indiani/dell’Asia meridionale in concorso alla Biennale di Venezia.