Incivile e pericoloso per la salute. Il consumo di carne di cane non si adatta a una “capitale moderna”. Il sindaco di Hanoi Nguyen Van Suu ha invitato la popolazione a cambiare le proprie abitudini alimentari, citando non solo il rischio della propagazione di malattie come rabbia e leptospirosi, ma anche l’impressione negativa trasmessa ai turisti stranieri. Considerata un alimento nutriente, prelibato e afrodisiaco, la carne di cane e gatto è acquistabile in un migliaio di negozi della capitale vietnamita. Nella città si contano circa 493mila esemplari, di cui il 10% allevati proprio per finalità commerciali, compresa la macellazione.
L’avvertimento, rivolto anche al consumo di carne di gatto, è giustificato dall’impatto negativo esercitato sull’immagine di una capitale civilizzata e moderna, si legge sul sito del Comitato del Popolo di Hanoi, organo esecutivo della municipalità. Ma va anche letto alla luce degli sforzi messi in atto dal governo per debellare la rabbia entro il 2021. Anno in cui, stando a un piano varato nel 2017, il numero di province ad alto rischio contagio e di persone decedute per la malattia saranno ridotte del 60% rispetto alla media del periodo 2011-2015, quando sono state riportate circa90 vittime l’anno.
Mentre parte dell’opinione pubblica ha salutato l’iniziativa delle autorità, non sono mancate le critiche di chi considera il consumo di carne di cane parte della tradizione locale. Per Dang Ngoc Quang, ad esempio, sarebbe più opportuno correggere l’abitudine introducendo una dispendiosa tassa sull’acquisto della carne o limitando la vendita solo ad alcune aree. Il divieto è una violazione della libertà personale, spiega su Facebook. Senza contare che le preoccupazioni del governo potrebbero essere eccessive. Non ci sono rischi per la salute se i cani selezionati sono sani e la carne viene cucinata correttamente, chiarisce ai microfoni di Associated Press Nguyen Thi Minh, proprietaria di un ristorante che offre carne di cane da più di 20 anni e vanta tra i suoi clienti cittadini sudcoreani, americani e di altri paesi.
Ogni anno, si stima vengano macellati oltre 15 milioni di cani in tutto il mondo, di cui buona parte in Asia. In cima alla classifica svettano Cina e Vietnam, che – stando all’Asia Canine Protection Alliance – ne serve in tavola 5 milioni l’anno. La maggioranza finisce nelle zone urbane del Nord del paese. L’ascesa economica della nuova “Tigre asiatica” sembra aver rilanciato l’usanza un tempo limitata principalmente ai festeggiamenti per il Capodanno lunare. Tanto che, nel 2009, AP riportava un vero e proprio boom di ristoranti specializzati ad Hanoi.
Un cane di 20 chili costa quanto il salario medio di un lavoratore vietnamita (più di 100 dollari) ed esiste un vero e proprio contrabbando nelle zone rurali e lungo la frontiera con il resto del Sudest asiatico. Complice l’inadeguatezza di un quadro normativo che oggi solo raramente punisce i trafficanti o chi compra cani rubati. A ciò si aggiunge la relativa popolarità riscontrata dalla carne di cane a livello mainstream. Secondo un sondaggio apparso nel 2013 su VietNamNet, l’80% dei rispondenti si è detto favorevole al consumo, il 66% ne ha lodato l’alto contenuto nutrizionale, mentre circa il 13% ha affermato di tollerare la pratica, purché la macellazione venga rigorosamente controllata, evitando la circolazione di immagini imbarazzanti.
Non la pensa così la 29enne Vu Thi Thu Trang, che nel 2012 ha lanciato il progetto Hanoi Pet Rescue con la missione di trovare una casa ai randagi abbandonati dai loro padroni grazie ai suoi 150mila contatti di Facebook. Trang rientra in quella sparuta minoranza di aperti oppositori al consumo di carne di cane: “La gente ride di me, pensa sia pazza”, spiega.
[Pubblicato su Il Fatto quotidiano online]Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.