Con oltre 14mila chilometri di coste affacciate su un oceano e un bacino di potenziali utenti composto da milioni di giovani la Cina sta conoscendo un boom del surf. L’isola di Hainan ne sta diventando l’epicentro economico e di immagine. E da oggi ospita i mondiali. La storia e le interviste di China Files.
Il temine usato per indicare un tubo, in Cina, è lang guan. L’idraulica però non c’entra niente: ad usare questa espressione sono esclusivamente i praticanti del chong lang, che letteralmente significa immergersi nell’onda, e che nel resto del mondo è noto come surf. Un lang guan si forma quando la cresta di un’onda si piega fino a toccare la sua base, consentendo a un surfista di scivolare sulla sua tavola nella sezione cilindrica che si crea rimanendo coperto da un labbro d’acqua, per poi uscirne appena prima che il maroso collassi. Descritto così può sembrare roba da compito in classe di fisica. Ma, giurano gli appassionati, provarci, e ancora di più riuscirci, è un’esperienza che ha qualcosa di unico. Qualcosa che da un po’ di tempo a questa parte ha cominciato ad attrarre anche folle entusiaste di ragazzi cinesi.
Con oltre 14mila chilometri di coste affacciate su un oceano e un bacino di potenziali utenti composto da milioni di giovani pronti a lasciarsi coinvolgere da una moda che viene da lontano, negli ultimi anni il Paese della Grande Muraglia ha conosciuto un boom del surf. Da Nord a Sud sono migliaia i neo praticanti che hanno iniziato a cavalcare le onde, come si dice in gergo, e decine le associazioni sorte per la promozione di questa disciplina, le cui origini si perdono nei secoli e che le ricerche storiche suggeriscono sia nata nelle isole Hawaii.
Dati ufficiali non esistono ma i numeri citati dai giornali come il Global Times o il China Daily hanno almeno quattro zeri, che diventano cinque quando si parla dei curiosi che, anche come semplici spettatori, seguono i principali eventi e le più importanti gare che si svolgono nell’ex Impero di Mezzo. Cifre che per il colosso asiatico potrebbero non sembrare così significative, che acquistano però un valore diverso se si tiene conto che fino a qualche anno fa, con la sola eccezione di Taiwan, la parola surf era praticamente sconosciuta alla popolazione cinese, mentre adesso molti degli addetti ai lavori sono pronti a scommettere che la Cina potrebbe diventare in poco tempo la Mecca asiatica dei surfisti di tutto il mondo.
Onda su onda, gli interessi di Pechino
Che non si tratti di un semplice sport di nicchia, d’altro canto, lo testimonia anche il crescente interesse che le autorità stanno dimostrando, sia a livello centrale che locale. Il giro d’affari, infatti, è potenzialmente enorme, e i quadri del partito comunista cinese non hanno esitato a fare proprio, riadattandolo allo spirito imprenditoriale che anima ormai il Dragone, un vecchio motto che circola tra i surfisti più navigati: “Le onde percorrono migliaia di chilometri… non lasciarle morire inutilmente”.
Così, a partire dal 2008, il governo ha cominciato a supportare attivamente l’associazione Surfing China, sorta quello stesso anno per diffondere nel Paese la cultura e il lifestyle del surf, e immediatamente riconosciuta ufficialmente dall’Amministrazione generale dello sport e del Centro amministrativo per gli sport acquatici. Secondo il tipico approccio delle autorità cinesi, il primo passo è stato quello di studiare il fenomeno e analizzarne le potenzialità di sviluppo. A questo scopo nel gennaio del 2009 una delegazione della municipalità di Hangzhou, uno dei principali luoghi in cui si pratica il surf, ha viaggiato negli Stati Uniti e in Brasile, incontrando esperti e rappresentanti dell’industria collegata alle tavole da onda. Risultato della trasferta: il maggio successivo la capitale dello Zhejiang ha ospitato il primo International surfing China summit, che ha visto la partecipazione di migliaia di persone e di due della maggiori case produttrici di surf al mondo, la Quiksilver e la Billabong.
Grazie alla sua crescente popolarità il surf si è anche ritagliato un posto d’onore nell’ambito del famoso Qiantang river tidal bore festival, che ogni anno, in concomitanza con l’onda di marea che dalla baia risale il fiume Qiantang, attira a Hangzhou folle di turisti da tutto il Paese e da ogni angolo del mondo. Ormai sono centinaia i surfisti che si danno appuntamento in città per sfidare quello che gli abitanti locali chiamano il Dragone d’argento, un’immensa e imprevedibile onda che il grande poeta Su Shi della dinastia Song definì nei suoi versi “invincibile”, e che i più bravi hanno invece imparato a domare, usando come sella la loro tavola di legno affusolata.
Una grande spinta alla diffusione del surf è arrivata nel 2010, quando Pechino ha deciso di investire nelle attività ricreative acquatiche per incrementare il flusso del turismo interno verso l’isola di Hainan, considerata dagli appassionati la risposta cinese a Honolulu, l’isola hawaiana universalmente ritenuta il paradiso terrestre dei surfisti.
Da cinque anni nella provincia insulare si svolge l’Hainan open, una gara amatoriale di surf organizzata da Brendan Sheridan, un americano che si è stabilito nella cittadina di Sanya e che ha aperto il primo surf shop sull’isola e la prima agenzia viaggi di settore. È stata proprio questa piccola competizione tra amici che ha dato l’idea alla municipalità di Wanning di iniziare a organizzare eventi ufficiali di surf sull’isola. Nel novembre del 2010 lo Sport bureau di Hainan ha finanziato il primo Wanning Surf Festival, una sontuosa gara con ospiti stranieri e locali, ampiamente coperta dai media nazionali.
L’anno scorso, dopo svariate trattative con le autorità locali, l’evento è passato sotto l’ala dell’Asp, l’Association of surfing professionals, che rappresenta l’equivalente dell’Nba per il surf e che lo ha inserito nel circuito mondiale di gare, assegnandogli la finale mondiale femminile della categoria longboard. Lo sponsor è stata la Swatch e la gara è stata definita da molti esperti del settore come la più sfarzosa nella storia del longboarding: cospicuo montepremi in denaro, hotel a 5 stelle per tutti, fuochi artificiali e cene di gala alla presenza delle istituzioni. Media partner della manifestazione è stata la Womei media, gigante della comunicazione sportiva di Pechino.
Ma il programma degli eventi di surf in Cina raggiungerà il suo apice tra poche settimane. “Al campionato mondiale della categoria longboard femminile, che anche quest’anno si terrà sull’isola dal 21 al 25 di novembre, si aggiungerà anche la finale del campionato mondiale maschile, in calendario dal 28 novembre al primo dicembre”, spiega a China Files Nik Zanella, appassionato di surf, fondatore della rivista specializzata Surf News e speaker ufficiale dell’evento. “Senza alcun dubbio la rapida diffusione che il chong lang, per usare il gergo locale, conosce in Cina sta dando una grossa mano al campionato mondiale di longboard, tradizionalmente trascurato dagli sponsor nonostante l’alto valore sportivo”.
Un giudizio condiviso anche da Fernando Aquerre, presidente dell’Isa, International surfing association, la federazione internazionale dello sport, che a febbraio scorso ha dichiarato ai microfoni dei giornalisti: “Possiamo affermare che ormai anche la Cina è entrata a pieno titolo a far parte della grande famiglia del surf”. A questo proposito, volendo utilizzare il surf come metafora del modo in cui il Dragone si approccia alla crescita, se si guarda ai tentativi che le autorità cinesi hanno iniziato a fare per individuare un modello di sviluppo più sostenibile di quello seguito fino a questo momento, si potrebbe dire che dopo il grande balzo in avanti il colosso asiatico sembra stia appunto imparando a scivolare sulle onde, un’attività che richiede maggiore plasticità e leggerezza rispetto al salto a piedi pari che ha portato Pechino ai vertici dell’economia mondiale.
Surf cinese e made in Italy
Nato in Italia e trasferitosi in Cina Nik Zanella ha fondato insieme a Francesco De Luca, un altro ragazzo italiano con la passione per le onde che vive nell’Hainan, la prima rivista cinese interamente dedicata al surf, China surf report. Disponibile online sia in cinese che in inglese, Csr è un progetto nato per mettere a disposizione dei praticanti e di coloro che si avvicinano allo sport informazioni aggiornate sulle condizioni meteo e marittime, sugli eventi e le competizioni, ma anche sul lifestyle e la filosofia che ruotano intorno a questo mondo.
“Il nostro motto è wei chong lang fu, al servizio del surf”, spiega De Luca. “Da quando sono qui ho visto con i miei occhi il numero dei surfisti crescere esponenzialmente. Sono tantissimi i ragazzi e le ragazze che si avvicinano con l’entusiasmo alle onde, arrivando addirittura a mettere da parte la tradizionale avversione per l’abbronzatura, da sempre considerata in Cina segno di zoticaggine. Eppure non esisteva nessun giornale specializzato. Così ci abbiamo pensato noi”. La rivista è andata online l’8 agosto scorso e in meno di tre mesi ha iniziato a registrare centinaia di click al giorno. È partner ufficiale dell’Asp e sarà media partner delle competizioni mondiali che si terranno ad Hainan a novembre. “Pensiamo di avere ottimi margini di espansione per la raccolta pubblicitaria. Siamo già stati contattati da molti giornali internazionali che sono interessati alla nostra idea, e ora all’online vorremmo affiancare un’edizione cartacea”.
Oltre a dedicarsi a Csr, De Luca ha iniziato a produrre una sua linea di tavole, che vengono realizzate in Cina e vendute sia ai locali che in Italia. “Il costo è molto più contenuto di quello delle grandi marche e quindi il prodotto vende” spiega a China Files. “Quello che prevediamo è che nei prossimi anni accadrà qui qualcosa di molto simile a quello che è accaduto in Europa negli anni Novanta, quando il surf ha cominciato a diventare popolare. Con la grande differenza dei numeri, che sono infinitamente maggiori. Se anche solo l’1 per cento della popolazione cinese deciderà di dedicarsi al surf, si aprirà un mercato da 13 milioni di utenti”.
In attesa che ciò accada alle autorità cinesi non resta che esercitare l’antica arte della pazienza. Ma non quella predicata da Confucio: in questo caso la filosofia da applicare è quella di Big Kahuna, al secolo Duke Paoa Kahinu Mokoe Hulikohola Kahanamoku, hawaiano considerato il padre fondatore del surf moderno. Che davanti alle grandi domande della vita ha sempre risposto: “Prenditi il tuo tempo. L’onda verrà”.
[Foto credits: surfersvillage.com]* Paolo Tosatti è laureato in Scienze politiche all’università “La Sapienza” di Roma, dove ha anche conseguito un master in Diritto internazionale, ha studiato giornalismo alla Fondazione internazionale Lelio Basso. Lavora come giornalista nel quotidiano Terra.