Futuro porto made in China per esportare merci e importare petrolio, Gwadar vorrebbe diventare la "nuova Shenzhen", ma si trova invece in una zona dove un’insurrezione a bassa intensità rende la vita difficile e dove non mancano problemi sociali e ambientali. La problematica costruzione della Via della Seta. «Stiamo per assumere 700-800 effettivi di polizia per creare un’unità specificamente dedicata alla sicurezza dei cinesi e in una fase successiva formeremo un’intera nuova divisione». Parola di Jafer Khan, funzionario di polizia a Gwadar, Pakistan. Dichiarazioni rilasciate all’agenzia Reuters.
Gwadar è una città del Belucistan pakistano, area povera e resa insicura da un conflitto sia etnico sia religioso. Eppure, le autorità sia locali sia nazionali sperano nel suo prossimo boom: commercio, fabbriche, il maggior aeroporto del Pakistan, hotel a cinque stelle sul lungomare; e, soprattutto, un grande porto navale made in China.
Dovrebbe partire infatti da qui il cosiddetto corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC), incentrato su una ferrovia e un oleodotto che collegheranno l’ex Celeste Impero al mar Arabico. È un pezzo di Via della Seta e Pechino sta investendoci 46 miliardi di dollari. Qualcuno parla già di una “nuova Shenzhen”, in riferimento alla località nel sud della Cina da cui è partito il boom cinese.
I 46 miliardi di dollari che arrivano dalla Cina – sia prestiti sia investimenti – serviranno a rendere più profonde le acque del porto, a costruire le infrastrutture che collegheranno Gwadar con i picchi himalayani 1800 chilometri più a nord-est e ad ampliare la città vera e propria, che passerà dagli 80mila abitanti di oggi a circa due milioni, con una nutrita comunità cinese che si calcola intorno alle 20mila persone.
Il flusso vitale di questo nuovo organismo saranno le merci cinesi che partono dallo Xinjiang e che grazie a Gwadar avranno più facile accesso al Golfo e quindi anche all’Europa; in direzione contraria andrà il petrolio.
Non tutto è rose e fiori e già da oggi. I pescatori locali, abituati a specchiarsi nelle acque del mare Arabico, sono stati per esempio già dislocati a 40 chilometri di distanza, riporta il Guardian.
C’è poi un problema di sostenibilità ambientale. In un’area già povera d’acqua, il passaggio da 80mila a due milioni di abitanti nel giro dei prossimi 20 anni lascia già intravedere una costante emergenza idrica, come già successo nel nord della Cina stessa. Sembra infatti di assistere al medesimo tipo di urbanizzazione spinta. Solo che adesso è in Pakistan.
Ma tant’è: i funzionari locali hanno deciso che il gioco vale la candela.
Così, dato che in Belucistan tira brutta aria, le forze armate pachistane si sono mobilitate per proteggere gli investimenti cinesi: negli ultimi anni gli attacchi dei separatisti Baloch sono diminuiti, ma l’esercito è costretto a disporre pattuglie sulle strade a poche decine di metri una dall’altra, mentre i posti di blocco disseminati dappertutto scontentano i residenti, che non si sentono più a casa loro e hanno difficoltà a muoversi. Una situazione del genere rischia nel lungo periodo di aumentare i problemi, invece di risolverli, anche perché le attuali e future vie di comunicazione restano facilmente sabotabili.
Non si sa quanti posti di lavoro creerà in Belucistan il corridoio economico Cina-Pakistan, sicuramente è aumentato il reclutamento nell’esercito e nelle polizie private, perché i cinesi, che cominciano a fare capolino da quelle parti, non si muovono se non in sicurezza. Sono tra i 400 e i 500 i soldati già assunti per tutelare gli ospiti d’Oriente e si calcola che saranno circa 13mila i militari disposti lungo tutto il corridoio.
Il Baluchistan Liberation Front (BLF) è una delle milizie separatiste che operano nell’area da quando questa regione – grande come la Francia, posizionata strategicamente e ricca di risorse naturali – fu annessa al Pakistan nel 1948. Per bocca del suo portavoce Miran Baluch, ha già denunciato tutta l’operazione Gwadar, perché determina la deportazione dei Baloch già residenti e impoveriti, e ha promesso di attaccare chiunque lavori al progetto.
Il ministero degli Esteri cinese dichiara per ora che i progressi lungo il corridoio procedono piuttosto agevolmente, ma questa insurrezione misconosciuta e a bassa intensità ha già ritardato per decenni lo sviluppo nella provincia. A gennaio, cinque soldati sono stati uccisi da una bomba posizionata sul ciglio di una strada a circa 50 km da Quetta, mentre due membri della guardia costiera sono morti per un’altra esplosione proprio nel distretto di Gwadar, anche se in entrambi i casi non è stato possibile risalire ai responsabili.
Forse una nuova area di conflitto globale si intravede all’orizzonte. Questa volta, in prima linea, ci sarebbe la Cina.