I recenti scontri a Canton, portati avanti dalla comunità africana, a seguito della morte di una persona nigeriana, dopo un arresto, pongono all’ordine del giorno in Cina il problema della gestione dei flussi migratori e la convivenza sociale del paese “Un certo grado di sentimento anti- straniero è radicato negli eventi storici cinesi, come ha dimostrato la rivolta dei Boxer alla fine del diciannovesimo secolo, così come il sospetto nei confronti degli stranieri (anche tra cittadini cinesi) ha contribuito a creare talvolta un rapporto complicato tra espatriati e cinesi”. (Global Times, 21 giugno)
Da un mese a questa parte è cominciata la Campagna dei Cento Giorni contro le tre presunte illegalità commesse dagli stranieri in Cina: ingresso, residenza, lavoro, tanto che un progetto di legge riguardo la gestione dei flussi migratori sarebbe in fase di discussione da parte del Comitato Permanente del Congresso Nazionale del Popolo e la versione finale dovrebbe essere rilasciata a fine giugno.
La bozza di legge affermerebbe inoltre che coloro che hanno illegalmente fornito documenti o lettere di invito agli stranieri riceveranno una multa che va dai 2mila (314,70 dollari) a 10mila yuan, ed i loro introiti illegali saranno confiscati. Le aziende che saranno considerate illegali, dovranno anche coprire le spese per rimandare gli stranieri nel loro paese d’origine. In mezzo a questo bel clima è successo l’evento di Canton.
Il fatto di cronaca non è purtroppo nuovo in Cina: una persona, in questo caso Celestine Elebechi, nigeriano, dopo un alterco con un tassista locale, viene preso in custodia dalla polizia. E durante l’arresto, muore. Succede, è già successo a molti cinesi, questa volta tocca a un africano.
La città è Canton e due riferimenti sono immediati: nel 2009 un centinaio di immigrati prese d’assalto un posto di polizia locale dopo la morte di un africano. Il ragazzo si era buttato giù dagli edifici delle forze dell’ordine locali, durante un “controllo” del passaporto.
Il secondo dato riguarda l’internazionalizzazione di Canton: secondo recenti statistiche gli africani in città sarebbero ufficialmente 20mila. In molti ritengono però siano molti di più (oltre 100 mila). La Cina che diventa luogo di lavoro per molti immigrati, si trova così di fronte ad una nuova grana, ovvero la gestione della questione razziale, stando a quanto scrive oggi il nazionalista Global Times.
Non si può definire la Cina un paese razzista tout court, ma sicuramente neanche eccessivamente accogliente con l’immigrazione africana. Le parole dell’ambasciata nigeriana, tese a confermare che la vittima era regolare e lavorava come trader, chiedendo inoltre un’autopsia indipendente, consentono di capire l’aria che tira.
Nel 2010 a Canton ci fu una feroce campagna contro gli immigrati africani, stimati allora in oltre 100 mila, tanto che la Nigeria auspicò l’apertura di un consolato a Canton per consentire una difesa e un monitoraggio più efficace di quanto stava accadendo.
Ora questo ennesimo caso, nel mezzo di una campagna che ha reso per molti stranieri la vita più complicata in Cina. Anche i flussi migratori e la loro gestione dimostrano la maturità di un paese e il grado di tolleranza sociale che si è in grado di mettere in campo. Più che le sfide di astronavi spaziali e sommergibili, questo potrebbe essere un ambito nel quale la Cina potrebbe dare un segno di discontinuità rispetto alle altre potenze mondiali.
Non sembra facile, né in linea con un corso che sembra sempre raccogliere il peggio della cultura locale e quella occidentale, ma è lecito sperarlo.