Giovani, ambientalisti e responsabili

In by Simone

Le proteste bloccano un progetto di fabbrica da 1,3 miliardi di euro nel cuore della Cina. Hanno il sostegno di intellettuali e opinione pubblica. Da oggi Shifang sarà sinonimo di ambientalismo e del risveglio politico della generazione degli anni ’90. Quelli nati dopo Tian’anmen, in pieno boom economico. 9 luglio – Update
Il Financial Times ha dedicato un lungo articolo alle proteste di Shifang, concentrandosi sul ruolo svolto dai più giovani, la generazione degli anni Novanta. La testata riporta anche l’opinione dell’autore e sex symbol Han Han, secondo il quale le proteste di Shifang “hanno cambiato il modo in cui la gente guarda alla generazione nata dopo il 1990”.

9 luglio – Update
Il Wall Street Journal ha evidenziato il curioso caso di un poliziotto (identificato online come Liu Bo) divenuto celebre fra gli utenti di internet. L’agente era stato fotografato durante le proteste di Shifang mentre si distingueva per la brutalità delle sue azioni. Le sue immagini, elaborate e ridicolizzate al computer, si sono diffuse a macchia d’olio facendone una sorta d’icona online.

8 luglio – Update
Secondo quanto riportato dal South China Morning Post, delle nuove proteste che avrebbero coinvolto alcune centinaia di persone. Il malcontento si sarebbe a causa di voci riguardanti la presunta morte di una ragazzina di 14 anni che sarebbe stata pestata dalla polizia negli socntri di alcuni giorni prima.

6 luglio – Update
A Pechino una discussione iniziata su Weibo, il twitter cinese, è finita a calci e pugni. Wu Danhong, trentatreenne professore presso la China University of Political Science and Law, aveva scritto che l’impianto di Shifang non comportava rischi per la salute dei residenti locali.

Dopo un acceso dibattito online, l’uomo aveva accettato di incontrare Zhou Yan, una reporter della Sichuan Television Station, per discutere dei loro opposti punti di vista. L’incontro si sarebbe però trasformato in una zuffa.

Erano presenti, oltre a Zhou, anche l’artista dissidente Ai Wewei (la prima spina nel fianco del governo) e l’attivista per la democrazia Yao Bo. Secondo la versione di Wu, i tre lo avrebbero assalito. Ai Weiwei ha negato di aver attaccato l’uomo.

La storia
Tra le varie nomee che la Cina si è guadagnata in questi ultimi trent’anni di “aperture e riforme”, una delle più potenti è quella di essere un paese dove le fabbriche potevano operare senza troppo curarsi di rispettare gli standard di sicurezza minimi in materia di ambiente e salute di lavoratori e cittadini.

Ma i tre giorni di violente proteste nella città di Shifang – quasi al centro della povera regione sudoccidentale del Sichuan tristemente nota per il terremoto che l’ha devastata nel 2008 – fanno sperare che quest’epoca sia finita.

La protesta ha vinto e la fabbrica di rame contestata non si farà. Una vittoria di quella che sembra essere a tutti gli effetti la più grande protesta degli ultimi anni di un movimento ambientalista che va sempre più infoltendo le sue fila.

Da quando l’estate scorsa, nella città nordorientale di Dalian, 12mila cittadini chiesero e ottennero di spostare un impianto petrolchimico, le proteste che chiedono la chiusura o – addirittura – la non apertura di fabbriche inquinanti si sono moltiplicate.

Il mese scorso mille persone sono riuscite a fermare un inceneritore a Songjiang, vicino Shanghai; a dicembre circa 30mila persone hanno marciato per bloccare la costruzione di una fabbrica a carbone a Haimen, vicino ad Hong Kong; mentre lo scorso settembre un’azienda del ramo dell’energia solare è stata chiusa a Jiaxing – sempre vicino Shanghai- dopo che alcuni dimostranti avevano protestato contro alcuni elementi chimici utilizzati durante il processo manifatturiero.

Tutto è cominciato da una petizione che denunciava un tasso di incidenza di tumori più alto che nelle aree circostanti e che quindi si opponeva alla costruzione di una fonderia di rame, la cui messa in attività avrebbe ulteriormente accresciuto i danni ambientali e messo a rischio la salute degli abitanti.

Questa è casa nostra, proteggerla fa parte delle nostre responsabilità. Proteggere l’ambiente fa parte delle responsabilità collettive” – recitano i volantini che chiamavano all’azione – “Chi di noi ha abbastanza soldi per trasferirsi in un’altra regione? Bisogna unirsi e concentrare i nostri sforzi affinché la fabbrica di rame molibdeno sia costruita il più lontano possibile da Shifang”.

Nell’arco di tre giorni, decine di migliaia di persone sono scese in piazza e la polizia ha reagito con bastoni e lacrimogeni lasciandosi alle spalle un numero non verificabile di feriti, di arresti e, forse, un morto (negato dalle autorità).

Eppure la protesta ha vinto. Il governo locale di Shifang ha annunciato in un comunicato ufficiale che il progetto da 1,3 miliardi di euro è stato cancellato, “almeno fino a quando non troverà il consenso della popolazione”.

I cittadini di quest’area hanno già dovuto affrontare le conseguenze ambientali di una gestione poco sicura degli impianti chimici, forse per questo non si sono fatti trovare impreparati.

A seguito del devastante terremoto del 2008 (ricordiamo i circa 90mila morti), a Shifang seimila persone erano state costrette ad evacuare l’area a seguito della distruzione di due fabbriche chimiche.

La protesta e le immagini della repressione sono presto circolate su internet. Piano piano si è appreso che la mobilitazione era cominciata da una scuola superiore e che si è sparsa prima nelle altre scuole e poi tra i cittadini.

Alla velocità del web 2.0: il 29 giugno il governo ha annunciato il progetto, il primo luglio gli studenti hanno scritto il volantino e il 2 luglio buona parte della cittadinanza era in piazza.

Un muro si è riempito delle rivendicazioni dei cittadini.

Degno di nota un manifesto in cinque punti, tutti indirizzati al segretario di Partito di Shifang, il compagno Li Chengjin:
1- Perché persistere in qualcosa a cui il popolo si oppone
2- Perché quando la gente esprime il proprio punto di vista, bisogna ricorre ai bastoni e ai gas lacrimogeni della polizia per sopprimerla
3- Perché l’opposizione popolare a una fabbrica di rame molibdeno seriamente inquinante dovrebbe essere un’azione antigovernativa?
4- Perché il tuo culo poggia sempre sulle poltrone aziendali e mai sugli sgabelli della gente ordinaria?
5- Se non sei un funzionario corrotto, i maiali possono arrampicarsi sugli alberi.

Su Weibo, il twitter cinese, sono cominciate a circolare le foto delle manifestazione e della violenta repressione ad opera della polizia.

Intellettuali e personaggi più o meno noti hanno supportato la protesta, e nessuno ha più provato a difendere l’operato delle autorità dopo che è cominciata a circolare la foto di un poliziotto con il dito medio alzato.

Il 4 luglio tutto ciò che riguardava Shifang è scomparso dalla rete. Sul muro delle rivendicazioni qualcuno aveva scritto: “Possiamo sacrificarci per la gente di Shifang, siamo la generazione degli anni Novanta”, quella nata dopo le manifestazione di piazza Tian’anmen.

Una frase divenuta subito slogan per dimostrare che i giovani cinesi hanno ripreso ad occuparsi di ambiente, politica e attivismo. È come se volessero dichiarare al mondo che il senso di responsabilità verso queste tematiche li spinge ad agire. Prestiamogli attenzione.

[Scritto per Il Fatto Quotidiano Online; Foto Credits: fmnnow.com]